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Qui di seguito il testo relativo all’audizione di ITALIA SOLARE presso la 9a Commissione del Senato della Repubblica in merito a quello che comunemente è chiamato “Disegno Legge Agricoltura”.

ITALIA SOLARE esprime sorpresa per il metodo adottato per legiferare sull’argomento del fotovoltaico e dell’agricoltura. Un decreto legge su un tema complesso e con molte sfaccettature avrebbe dovuto suggerire di procedere secondo la massima “conoscere per deliberare”. Si è invece preferito lo strumento del decreto legge giustificandolo con il presunto assalto del fotovoltaico ai terreni agricoli.

Con questo articolo 5 viene stabilito il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, con alcune eccezioni riferite ad aree compromesse, ricomprendendo tra queste le aree nella disponibilità del gruppo FS, adiacenti agli aeroporti e alle autostrade, prossime agli stabilimenti industriali. Altra eccezione è costituita dai progetti finalizzati alla costituzione di una Comunità energetica rinnovabile e da progetti attuativi delle altre misure di investimento del PNRR, nonché di non meglio precisati progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR.

Disegno Legge Agricoltura – Le considerazioni di ITALIA SOLARE sono divise in due parti:

  1. Nella prima parte evidenziamo perché è importante facilitare lo sviluppo rapido e ampio del fotovoltaico efficiente (intendendo per tale il fotovoltaico realizzato con il minor costo possibile e senza restrizioni irragionevoli) e perché non sussiste alcun conflitto tra fotovoltaico e agricoltura. Beninteso, non intendiamo affatto sottovalutare l’esistenza di alcuni problemi, che qui vogliamo segnalare e di cui invece il decreto legge non si occupa
  2. Nella seconda parte formuliamo proposte puntuali per migliorare la norma, salvaguardando le finalità senza compromettere lo sviluppo del fotovoltaico

1. Perché fotovoltaico a terra e agricoltura possono e devono coesistere

Un po’ di numeri per capire meglio il tema.

Per realizzare i circa 50 GW di potenza fotovoltaica aggiuntiva previsti dalla proposta di PNIEC per il 2030 occorrerebbero circa 80.000 ettari di terreni nell’ipotesi estrema e non verosimile che tutti vengano realizzati con moduli a terra. In realtà sappiamo bene che una parte consistente degli impianti sarà installata sui tetti e in modalità agrivoltaica.

Secondo Istat, nel 2020 la Superficie Agricola Utile (SAU) era 12.535.000 ettari e la Superficie Agricola Totale (SAT) era 16.474.000 ettari. Istat evidenzia che dal 1982 al 2020 la SAU è diminuita di 3.298.000 ettari e la SAT di 5.924.000 ettari. Ovviamente il fotovoltaico c’entra poco o nulla, poiché la sua diffusione è iniziata negli ultimi anni, con impianti a terra per circa 9,2 GW a fine 2023, che si stima occupino tra 15 e 20.000 ettari e tra l’altro non tutti su suolo agricolo.

Oltre ai terreni classificati agricoli in capo alle aziende agricole, vanno poi considerate le altre aree che, seppur classificate agricole, non sono usate per l’agricoltura, come ad esempio quelle facenti parte del demanio militare e molte altre aree del demanio pubblico.

Disegno Legge Agricoltura

Fatta questa premessa per meglio delineare la dimensione del fenomeno, forniamo qualche spunto per segnalare per quale motivo riteniamo importanti gli impianti fotovoltaici a terra. Si tratta senza dubbio alcuno della tipologia impiantistica più economica, capace di generare elettricità a prezzi anche molto inferiori ai prezzi dell’elettricità da gas. Dunque, disporre di elettricità da fotovoltaico è utilissimo per assicurare a famiglie e imprese elettricità a costi contenuti, stabili e prodotta da una fonte primaria nazionale, il sole. Non mettiamo in dubbio l’obiettivo della sovranità alimentare tramite l’agricoltura, che non viene assolutamente intaccata dalla diffusione del fotovoltaico, ma ricordiamo anche l’obiettivo primario della sicurezza energetica, addirittura inserita nella denominazione di uno dei ministeri.

Deve essere chiaro che la soluzione di realizzare il fotovoltaico sulle coperture, pur necessaria e meritevole, non è sufficiente: la nostra esperienza ci dice che gli spazi sui tetti non sono sufficienti per inadeguatezza strutturale e di posizionamento, oltre che per assai frequenti problemi connessi a gravami di varia natura (pignoramenti, ipoteche, vincoli imposti dalle società di leasing, limiti imposti dalle proprietà…).

Inoltre, aspetto pure molto importante, in generale gli impianti sui tetti hanno costi di produzione dell’energia la maggior parte delle volte superiori per mancanza di economie di scala e per producibilità minori (sui tetti non si possono installare gli inseguitori e non sempre l’esposizione è ottimale).

L’agrivoltaico, ovvero il fotovoltaico unto all’agricoltura è sicuramente una soluzione interessante, ma è opportuno tener presente che più le strutture sono alte e maggiori sono i costi, l’impatto paesaggistico, i rischi di danneggiamento da eventi atmosferici estremi, che non sono più eccezionali, e le difficoltà realizzative, specie sui terreni pendenti.

Riteniamo che l’agrivoltaico interfilare sia fattibile per l’agricoltura, per molte colture e l’altezza delle strutture debba dipendere dai piani colturali.

È quindi nostro convincimento che la diffusione del fotovoltaico debba seguire uno sviluppo in parallelo di più filoni:

  • Gli impianti su edificio, con l’energia usata prevalentemente in modalità autoconsumo, che fornisce vantaggi anche economici in grado di compensare significativamente i maggiori costi
  • Gli impianti agrivoltaici, in grado di integrare il reddito agricolo da agricoltura
  • Gli impianti a terra, efficienti ed economici, per offrire energia a costo contenuto alla generalità dei consumatori

I numeri che abbiamo esposto rendono evidente che non sarebbe difficile individuare aree sufficienti a diffondere impianti fotovoltaici a terra in quantità tali da assicurare agli italiani un grande contributo per disporre di energia a costi contenuti e stabili.

Non chiediamo affatto che si possano costruire impianti a terra ovunque e comunque: bastava attuare la legge che prevede che il Governo, di intesa con le regioni, individui le aree idonee (privilegiando quelle meno pregiate), e anche le aree non idonee. Non ci si è riusciti e si è preferita questa scorciatoia, peraltro in contrasto con la nuova direttiva europea 2023/2413 del 23 ottobre 2023 sulle fonti rinnovabili, che chiede agli Stati membri di evitare divieti generalizzati e invece di individuare le aree necessarie per gli obiettivi 2030 e, tra esse, le aree di accelerazione, vale a dire aree sulle quali consentire procedure autorizzative particolarmente semplificate e accelerate. La CE ha ribadito questi concetti nella recentissima Raccomandazione UE 2024/1343, in cui si legge che gli Stati membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile (zone di esclusione).

Per ironia, il recepimento di questa direttiva è incluso nel disegno di legge di delegazione europea approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 24 maggio.

È mancato uno sviluppo lineare e ordinato del settore, a causa proprio di ritardi e di troppo frequenti e mal congegnati provvedimenti. Il risultato è non solo di far perdere a famiglie e imprese italiane l’opportunità di pagare l’energia meno e di evitare rischi di nuove crisi di prezzi, ma anche un innalzamento dei prezzi dei terreni e degli stessi progetti, che rimarranno elevati quante più difficoltà si continueranno a creare.

Per completezza e benché estraneo al DL agricoltura, non si può fare a meno di interrogarsi sul perché alcuni esponenti delle istituzioni, della politica e del mondo agricolo parlino di assalto del fotovoltaico agli agricoltori. Ci sembra che un problema reale sia che i dati più frequentemente diffusi e utilizzati nella comunicazione e nel dibattito pubblico riguardano le richieste di connessione alla rete elettrica di nuovi impianti. Queste richieste, riferite a tutte e fonti rinnovabili, ammontano a circa 400 GW (di cui si stima che circa la metà siano impianti fotovoltaici). Sono numeri non solo elevati, ma esagerati e irrealistici, che possono generare problemi reali sul mercato dei terreni e sulla programmazione della diffusione degli impianti rinnovabili e delle opere connesse. Pensiamo che sia un problema da affrontare con urgenza, auspicabilmente nell’ambito del recepimento della direttiva 2023/2413, unitamente alla individuazione delle aree necessarie e di accelerazione.

2. Disegno Legge Agricoltura – Proposte relative all’articolo 5

Riteniamo di aver dimostrato, dati alla mano, che assolutamente non sussiste incompatibilità tra la salvaguardia delle produzioni agricole e lo sviluppo del fotovoltaico.

In prima battuta, dunque, riteniamo che l’articolo 5 sia da sopprimere.

In seconda battuta, proponiamo un percorso più articolato, partendo dal gravissimo ritardo accumulato ai fini della individuazione delle aree idonee, ritardo che rischia ora di essere non recuperabile per le scadenze previste dalla direttiva 2023/2413 che, come si diceva, stabilisce che gli Stati membri individuino le aree necessarie per gli obiettivi 2030 e, tra esse, le aree di accelerazione. Rimarchiamo che l’individuazione delle aree di accelerazione fa parte di una delle riforme previste dalla missione 7 del PNRR, con data indicativa di attuazione entro la fine di questo anno.

Il percorso che proponiamo prevede che, in attesa dell’attuazione della direttiva, si estendano ragionevolmente, rispetto a quanto previsto dall’articolo 5, le aree agricole su cui è possibile installare impianti fotovoltaici con moduli a terra, secondo il seguente schema logico:

  1. Le aree su cui si installano impianti configurati per l’autoconsumo
  2. Il recupero di alcune delle aree già classificate idonee dal comma 8 dell’articolo 20 del decreto legislativo 199/2021. Più precisamente, la possibilità di realizzare impianti a terra andrebbe estesa alle aree dei siti oggetto di bonifica (citato comma 8, lettera b)) e le aree classificate agricole entro 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale (comma 8, lettera c-ter), n. 1). Si tratta, con tutta evidenza, di aree di scarso pregio agricolo, che ben si prestano alla realizzazione di impianti, peraltro destinabili anche alla alimentazione delle utenze collocate nelle stesse zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale
  3. La classificazione o conferma di classificazione di tutte queste aree come già idonee, con idoneità sempre preservata anche dalle regioni; e anzi, le regioni dovrebbero evitare di imporre vincoli o restrizioni, come ad esempio l’obbligo di disporre di una superficie N volte più grande di quella necessaria per il fotovoltaico; si tratta di vincoli che compromettono sostanzialmente l’obiettivo di produzione di energia a costi contenuti

I passaggi sopra indicati potrebbero essere introdotti a modifica dell’articolo 5 del decreto legge, con il quale sarebbe opportuno anche chiarire che, alla luce della nuova classificazione e nelle more dell’attuazione della citata direttiva europea, non si procede al percorso sulle aree idonee previsto dal decreto legislativo 199/2021 (decreto interministeriale d’intesa con la Conferenza unificata e successive leggi regionali). È infatti evidente che questo percorso andrebbe a interferire, temporalmente e come contenuti, con quanto necessario per attuare la direttiva 2023/2413. Per questo ultimo fine, è comunque opportuno e auspicabile che Stato e regioni cooperino da subito per individuare le aree necessarie e le aree di accelerazione, nel cui ambito sarà comunque da ribadire la ripartizione tra le regioni degli obiettivi nazionali.

Raccomandiamo poi di precisare che nelle aree agricole sia sempre consentita la possibilità di installare impianti di tipo agrivoltaico anche non elevati da terra, purché sia salvaguardato l’obiettivo di continuità dell’attività agricola. Ciò in quanto la configurazione agrivoltaica più opportuna va selezionata di volta in volta, sulla base del contesto e del piano agronomico.

Infine, pensiamo sia opportuno chiarire il concetto di impianto con moduli a terra: il riferimento all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 28/2011 sembra infatti generico e suscettibile di interpretazioni non univoche.

Quanto al tema della gestione delle pratiche di connessione alla rete elettrica, di cui si è fatto cenno nel paragrafo precedente come tema non pertinente al decreto legge in esame, siamo disponibili a fornire idee e proposte appena Governo e Parlamento riterranno di affrontare il problema.

 

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