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Con atto di citazione (nel 2009), X conveniva Y dinanzi al Tribunale di Napoli per sentir dichiarare ex art. 2932 c.c. il trasferimento di proprietà di un terreno pervenuto alla promittente alienante (la convenuta Y) con donazione a rogito del notaio Z. Tanto richiedeva, condizionando detto trasferimento al pagamento della somma di Euro 27.500,00. Invocava, altresì, l’immediata liberazione dell’immobile e la conseguente propria immissione nel possesso, con ordine al Conservatore dei Registri immobiliari di effettuare le trascrizioni di rito. La spiegata domanda si fondava sull’assunto inadempimento contrattuale di parte convenuta in ragione dell’omessa sottoscrizione del contratto definitivo di compravendita alla data fissata nel “compromesso di vendita”.

La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto dell’avversa domanda, spiegando domanda riconvenzionale volta all’accertamento del proprio diritto a ritenere la somma di Euro 10.000,00 già versata da X a titolo di caparra confirmatoria ed alla condanna al risarcimento degli ulteriori danni, previo disconoscimento del compromesso depositato dalla parte attrice e consequenziale querela di falso.

Alla prima udienza di comparizione, il Tribunale, in composizione monocratica, rinviava all’udienza successiva per l’acquisizione dei documenti oggetto di querela formalizzata dalle parti in aula. All’udienza successiva, alla presenza del P.M., si discuteva in ordine alle contrapposte querele di falso alla presenza del P.M. Conclusa la fase istruttoria, il Tribunale, in composizione collegiale, accoglieva la domanda di X e la querela dalla stessa proposta, dichiarava la falsità della prima pagina del documento e rigettava la querela proposta da Y. Accoglieva, inoltre, la domanda proposta da X e, per l’effetto, condannava Y a trasferire coattivamente il terreno. Rigettava, poi, la domanda riconvenzionale.

Y proponeva appello avanti alla Corte d’appello di Napoli (nel 2013) chiedendo la riforma della sentenza. All’udienza del 23.1.2020, la Corte disponeva l’avvio del procedimento di mediazione, conclusosi, poi, con esito negativo.

In fase decisionale, la Corte, preliminarmente, rigettava le due eccezioni proposte dalla difesa di parte appellata volte ad ottenere una pronuncia in rito sull’impugnazione per violazione dell’art. 342 c.p.c. oltre che dell’art. 348-bis c.p.c. La Corte esaminava successivamente l’eccezione di improcedibilità dell’appello derivante da vizi attinenti alla procedura di mediazione.

L’appellante Y aveva notificato, tramite l’Organismo di mediazione adito, l’istanza dell’avvio del procedimento di mediazione presso il procuratore dell’appellata X in violazione della ratio della predetta normativa dalla quale discende l’onere della notificazione personale alle parti al fine di favorire la composizione bonaria della lite tra le stesse. L’invito per l’incontro di mediazione era stato trasmesso a mezzo p.e.c. ai procuratori delle parti costituite nel giudizio di appello. Il citato avvocato si era costituito in sede di appello producendo una memoria difensiva alla quale veniva allegata una procura alle liti contenente il conferimento al procuratore, fra gli altri, del potere di rappresentare e difendere la parte “anche in eventuali fasi di transazione, conciliazione o mediazione”, con contestuale elezione di domicilio presso lo studio “con indirizzo pec (…)”.

Sul tema, la Corte dà continuità al proprio orientamento già manifestato nella sentenza n. 2547 del 2022. Ai sensi della disciplina vigente ratione temporis (prima dell’entrata in vigore della riforma di cui all’art. 7, D.lgs. 149/2022) la domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante (art. 8, comma 1, D.lgs. 28/2010). Onerato di tale comunicazione è l’Organismo, restando soltanto in facoltà dell’istante di attivarsi per la trasmissione della medesima comunicazione. L’eventuale attività dell’istante, invero, non esclude e non sostituisce in alcun modo l’obbligo gravante ex lege sull’organismo per gli effetti previsti dall’art. 5, comma 6, D.lgs. 28/2010 (interruzione dei termini di prescrizione e impedimento dei termini di decadenza). Il legislatore della riforma ha chiarito che tale obbligo resta fermo anche nel caso in cui si sia attivato l’istante (art. 5, comma 2, D.-lgs. 28/2010 nella versione post-riforma). Non può onerarsi la parte istante di attività che il legislatore ha affidato ad un organismo che professionalmente amministra il servizio di mediazione. Nemmeno potrebbe ragionevolmente gravarsi l’istante della fase di invito della parte chiamata in mediazione qualora l’organismo avesse errato nell’indirizzamento della relativa comunicazione rispetto ai dati forniti con l’istanza di mediazione.

Sul punto la Corte osserva che il chiaro intento dell’art. 8 è quello di consentire che la parte sia tempestivamente informata per poter partecipare all’incontro di mediazione. Tale norma deve ritenersi funzionale all’attuazione del principio della necessaria comparizione personale delle parti davanti al mediatore, assistite dal difensore (Cass. civ., Sez. III, Sent., 27/03/2019, n. 8473) e per questo motivo la comunicazione (soprattutto se la mediazione precede il processo) deve essere indirizzata alla parte personalmente (principio cardine, fatto proprio dalla riforma nel nuovo art. 8, comma 4, D.lgs. 28/2010). La norma, tuttavia, non prevede una disciplina ad hoc per la mediazione demandata dal giudice e, comunque, per quelle procedure di mediazione avviate quando risulti pendente un giudizio in cui vi è la costituzione dei rispettivi avvocati presso i quali le parti hanno eletto domicilio (situazione rimasta immutata anche dopo la riforma con riguardo al nuovo art. 5-quater, D.lgs. 28/2010).

Considerato, quindi, che la funzione è quella di informare la parte personalmente per favorirne la partecipazione all’incontro di mediazione (assistita dall’avvocato) è preferibile, anche in pendenza di un giudizio, provvedere alla comunicazione alla parte stessa personalmente. Ma ciò, ad avviso del Collegio, non può escludere che la comunicazione sia inviata (anche) o esclusivamente al suo procuratore costituito presso il quale vi è elezione di domicilio. Attraverso la comunicazione al procuratore costituito nel processo si può raggiungere la medesima finalità, legislativamente prevista, di informare la parteUna diversa lettura della norma apparirebbe eccessivamente formalistica e frustrante (anche) del ruolo dell’avvocato, chiamato a rappresentare la parte nel processo nel quale è disposta la mediazione soprattutto in considerazione degli stringenti obblighi legali e deontologici gravanti sul medesimo.

Le garanzie di conoscibilità da parte del destinatario devono essere ispirate al principio generale di effettività e, pertanto, la comunicazione al legale è sufficiente a consentire la conoscibilità della mediazione per la parte rappresentata (che poi potrà anche valutare se farsi assistere in mediazione da un diverso avvocato – esperto in negoziazione – rispetto a quello che la rappresenta in sede conteziosa).°

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