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Le ormai sempre più frequenti ondate di sviluppo tecnologico, fino ad arrivare a quella dell’intelligenza artificiale, dimostrano che per essere protagonisti dell’innovazione tecnologica bisogna saper innovare l’organizzazione del lavoro, vincendo le resistenze delle legacy organizzative e tecnologiche interne ed esterne alle aziende.

Ogni ondata tecnologica è infatti una scossa al mercato e agli equilibri politici, operativi e professionali dentro e fuori dalle organizzazioni. Se queste non vengono disegnate e gestite correttamente, e per tempo, diventano un vincolo al cambiamento invece che un acceleratore.

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Intelligenza artificiale in azienda, i freni dell’organizzazione

I dati delle ricerche di G-P e Upwork indicano per esempio che solo il 2% degli executive ritiene di avere all’interno della propria organizzazione le competenze per gestire l’intelligenza artificiale e che il 77% dei lavoratori soffrono un aumento del workload in conseguenza dell’introduzione dell’IA.

Se infatti, per non arrivare in ritardo su questa frontiera tecnologica, le Big tech investono miliardi su IA, e anche gli executive di aziende meno “tech driven” sono impegnati ad introdurre intelligenza artificiale nelle loro organizzazioni, sembra che le persone, sia al vertice che alla base dell’organizzazione, soffrano, all’interno degli attuali modelli organizzativi, nell’adattare le proprie competenze e pratiche all’innovazione e al cambiamento tecnologico.

Che cosa frena il cambiamento in azienda

Questo succede perché l’organizzazione nel tempo le ha fissate in ruoli e attività fornendo spesso incentivi e strumenti insufficienti o contrari all’aggiornamento professionale e all’innovazione.

  • Per esempio nel tempo le politiche di recruiting hanno richiesto profili sempre dagli stessi settori in omaggio ad una forte ortodossia interna.
  • Spesso i collaboratori più intraprendenti non hanno trovato spazio per realizzare le loro idee innovative e sono usciti dall’azienda, andando a realizzare le stesse idee altrove, generando formidabili competitors
  • La formazione interna è stata limitata, tardiva e non direzionata in modo pratico e la documentazione interna non ben tracciata e chiara.
  • Gli executive hanno trascurato di seguire l’evoluzione delle tecnologie non amando situazioni in cui esporre debolezze nelle loro competenze.

Il debito di innovazione, che cos’è e quali effetti ha

Tutto questo genera un debito di innovazione e uno stress organizzativo per cui al momento della verità mancano i tempi di “prova ed errore” necessari ad implementare una nuova tecnologia e nuovi processi. Ci si affida allora ad esternalizzazioni o acquisizioni tardive, subendo incumbent meno condizionati da vincoli strutturali.

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Il problema non è allora solo la mancanza di competenze o di risorse economiche per innovare ma la capacità e gli incentivi per costruire, impiegare e cambiare la capacità di innovazione interna delle aziende nel tempo.

Se infatti non si gestisce l’inerzia dell’organizzazione e si programma l’azienda per sviluppare la capacità di cambiare costantemente, questa si troverà strutturalmente con un mismatch di competenze, resistenze operative e in ritardo sul mercato.

Progettare organizzazioni “legacy free”

Per non sopravvivere solo nelle nicchie ma puntare a crescere in mercati importanti il problema sopra descritto rischia di essere decisivo. Servono quindi i giusti rimedi organizzativi per progettare delle organizzazioni “legacy free”.

Penso a processi disegnati per:

  • Passare dal controllo della matrice tempo/spazio/ ruolo nell’organigramma a quella budget/ progetti/risultati in modo da poter misurare quello che fa l’organizzazione, valorizzare in modo chiaro la creazione di valore e virare rapidamente se necessario
  • Organizzare le aziende non in ragione di una piramide interna di competenze, ma tramite una gerarchizzazione mobile di progetti e responsabilità diffuse, utilizzando competenze as a service, laddove necessario, e sfruttando imprenditorialità e desiderio di crescita dei talenti così da essere indipendenti da singole tecnologie e competenze.
  • Evitare previsioni contrattuali, organizzative e di ruolo rigide sostituendole con accordi più flessibili influenzati da dati su performance e competenze che evidenzino e stimolino percorsi di carriera orizzontali in modo da evitare resistenze ed interessi di posizione e creare spazi per innovazione e cambiamento.
  • Passare da una proprietà dei ruoli e del know-how ad un utilizzo partecipato di informazioni, obiettivi, strumenti e competenze, all’interno di un ecosistema aperto, in modo da diffondere e raccogliere costantemente nuove informazioni e know-how e avvicinare talenti esterni all’organizzazione.

Verso un nuovo sistema operativo del lavoro

Sono solo alcuni elementi di un nuovo sistema operativo del lavoro, abilitato da IA e digitale, che lavori nel tempo in modo versatile e multidimensionale coinvolgendo una forza lavoro più autonoma e indipendente, come spesso prefigura il fondatore di Linkedin, Reid Hoffman.

Le organizzazioni sono infatti sistemi politici che obbediscono alla legge del consenso e degli interessi e non solo a quelle dell’efficienza e della programmazione. Perché non si mangino il futuro, a vantaggio del presente, serve programmarle per tempo.

Questo problema per il management del settore privato è un mal di testa notevole, ma nel settore pubblico e nei settori fortemente regolati e burocratici è una malattia mortale che rende spesso gli investimenti in formazione e tecnologia tardivi e scarsamente efficaci.

Tanto più sono infatti influenti regolazioni locali, aziendali, regionali o di settore nell’impedire cambiamenti e adattamenti in interi segmenti dell’economia, tanto più saranno infatti resistenti al cambiamento le legacy organizzative e tecnologiche.

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Se infatti non cambiano competenze, strutture organizzative delle aziende, responsabilità e modalità con cui si decide, l’effetto della tecnologia digitale sull’organizzazione sarà chiaramente limitato.

L’economista Robert Solow diceva che l’impatto della tecnologia digitale si vede dappertutto tranne che nei dati sulla produttività.

Forse la variabile più significativa da cercare per migliorare il dato aggregato della produttività e la traiettoria delle singole aziende non è una nuova tecnologia digitale da sola, ma invece utilizzata in combinazione con una nuova organizzazione del lavoro.



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