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È giunto alle battute finali il processo a carico del presidente della cooperativa caragliese “Valentina” P. L. G. e di due amministratrici R. R. e C. S. I tre sono accusati di truffa aggravata per aver fatturato all’Asl Cn 1 e al Consorzio socioassistenziale del cuneese più ore di quelle effettivamente erogate ai 12 ospiti della struttura negli anni compresi fra il 2017 e il 2020. Un saldo complessivo negativo di 107.000 euro di cui 72.000 in danno dell’Asl e 34.000 del Consorzio che al processo si sono costituiti parte civile, come atto dovuto in seguito all’indagine che era scaturita dalla querela presentata da un ex socio cooperatore e che riguarda l’altro capo d’imputazione per infedeltà patrimoniale a carico di P. L. G. e R. R. Con un atto non deliberato dall’assemblea e risalente al 2016, l’edificio in cui operava la cooperativa era diventato di proprietà di una società riconducibile al presidente stesso. Da quel momento a carico del bilancio della cooperativa vennero ascritti non solo i 2.700 euro di mutuo per i lavori di ristrutturazione dello stabile ma anche 4.000 euro di canone mensile di affitto, cui si aggiunsero ulteriori 1.000 euro di mutuo per la ristrutturazione di una mansarda dello stesso stabile. La prima deliberazione risale al 2016 ed è passata in prescrizione, ma non la seconda delibera votata nel 2018 in un’assemblea di cui l’ex socio non aveva avuto alcuna comunicazione e che lo indusse a presentare la querela. Una querela che la difesa contesta essere stata presentata fuori dai termini di legge ma che secondo il pubblico ministero Alberto Braghin è stata presentata, “come sostiene la giurisprudenza, nel momento in cui il querelante aveva tutti gli elementi necessari per comprendere la situazione”.
Per quanto riguarda il reato di truffa, il pubblico ministero ha sottolineato, come dato oggettivo del reato contestato, il lavoro di controllo incrociato svolto dalla Guardia di Finanza sui contratti degli operatori e il numero di ore di lavoro svolte. Nella cooperativa avrebbero dovuto lavorare quattro Oss, quattro educatori e un coordinatore, per un totale annuo di 1.548 ore di lavoro. Un monte ore che invece alla cooperativa era sempre inferiore rispetto a quanto pattuito in quanto tutti gli operatori erano in part time, con un numero di Oss sempre superiore a quello degli educatori il cui contratto era più gravoso; un dato che creava ulteriore confusione nel genere di mansioni che gli operatori dovevano svolgere. A questo si aggiungeva il fatto che dal 2017 gli enti gestori avevano deliberato un monte ore aggiuntivo per le esigenze di alcuni ospiti della struttura con gravi patologie. Ore aggiuntive da svolgere individualmente e che non sarebbero mai state erogate se non in misura minima, e insufficiente, a favore di uno solo tra gli ospiti che ne avevano diritto. A conclusione della sua discussione il dottor Braghin ha quindi chiesto la condanna a un anno e nove mesi e 1.800 euro di multa per P. L. G. e R. R. e la condanna a un anno e 900 euro di multa per C. S. Richiesta di condanna cui si sono associati il Consorzio socioassistenziale con l’avvocato Dotta e l’Asl con l’avvocato Cravero che hanno chiesto un risarcimento pari alle somme indebitamente percepite, con la richiesta di ulteriori 10.000 euro per il danno d’immagine avanzata dal Consorzio. Alla richiesta di condanna si è associato anche l’avvocato Bosio per l’ex socio cooperatore, il quale ha ribadito che se la cooperativa non poteva permettersi di assumere più personale per garantire i servizi stabiliti nel contratto con gli enti gestori, era perché il suo bilancio era gravato ogni mese dai 2.700 euro di mutuo e dai 4.000 euro di canone alla società del presidente. Fu proprio grazie alla querela sporta dal suo assistito in merito agli ulteriori 1.000 euro per il mutuo sui lavori della mansarda che emerse tutta la vicenda, con conseguente annullamento di questa ultima spesa. Il 18 dicembre la parola andrà alla difesa cui seguirà la sentenza.
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