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Benché sia chiara a tutti gli operatori del settore la distanza
esistente tra l’attuale normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001,
c.d. Testo Unico Edilizia) e lo stato di fatto del patrimonio
immobiliare (oltre che delle rinnovate esigenze socio-economiche),
il Legislatore ha sempre provato ad intervenire rattoppando un
vestito di cui non se ne intravede più la stoffa originale.
Le modifiche e le complessità del Testo Unico Edilizia
In questo susseguirsi di interventi di modifica, molto spesso la
tendenza è stata quella di inserire alcuni principi consolidati di
una giurisprudenza amministrativa che nel frattempo era intervenuta
chiarendo concetti rimasti oscuri per anni.
Altre volte è capitato, invece, che alcuni interventi di
modifica previsti per “semplificare” siano riusciti solo a
complicare il lavoro di chi a diverso titolo lavora nel settore
delle costruzioni. È quello che sta capitando dopo la
“semplificazione” arrivata con la Legge n.
105/2024 di conversione del D.L. n.
69/2024 (Decreto Salva Casa).
In questo caso, sono evidenti alcune complessità nella
formulazione di alcuni degli articoli del Testo Unico Edilizia
(TUE) modificati e/o integrati dal Salva Casa. Si pensi alla
rinnovata definizione di stato legittimo o le incertezze legate
all’attestazione della “data” di realizzazione di un intervento
prevista agli articoli 34-ter e 36-bis nel caso non sia possibile
attestare l’”epoca di realizzazione”.
Tra le complessità più rilevanti occorre certamente annoverare
la nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del TUE,
utilizzabile per regolarizzare le “parziali difformità” e le
variazioni essenziali. Argomento sul quale vale la pena analizzare
una recente e interessante sentenza del Consiglio di Stato (la
n. 8072 dell’8 ottobre 2024).
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