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di Luca Patrassi
Trent’anni di zero investimenti abitativi sul centro storico del capoluogo, l’evidenza di Comuni che interpretano diversamente il recente decreto Salvini di sanatoria edilizia con Civitanova che trasforma in appartamenti scantinati e locali simili, gli sfratti, l’andamento degli affitti a canone concordato a Macerata e a Civitanova. Gianni Ciccarelli, dopo 40 anni di Iacp e Erap, dal primo ottobre guida il Sunia Cgil.
Si parte dalle graduatorie delle case popolari: «solo il comune di Macerata ha un ufficio dedicato ed efficiente – dice Ciccarelli -, un’eccellenza creata da Franco Fulli. C’è anche un sito aggiornato ed intuitivo. Non è così a Civitanova dove chi se ne occupava è andato in pensione e le competenze sono distribuite in vari uffici. Le graduatorie degli aventi diritto andrebbero aggiornate dai Comuni ogni due anni ma non tutti lo fanno e c’è l’evidenza che i 3/4 degli aventi diritto non ricevono l’abitazione popolare semplicemente perché non ce ne sono. L’Erap, con i fondi assegnati, mette a nuovo circa cento alloggi l’anno in provincia».
C’è però un problema di fondo: «I finanziamenti per l’edilizia popolare sono straordinari mentre nei decenni passati ai Comuni arrivavano ogni anno fondi certi grazie al fatto che venivano operate direttamente le ritenute Gescal sulle buste paga dei dipendenti. C’era però una controindicazione: i dipendenti pubblici e privati pagavano la quota per l’edilizia popolare ma le assegnazioni andavano alle altre categorie che dichiaravano mediamente redditi inferiori».
La questione centro storico di Macerata: «Gli ultimi investimenti per l’edilizia popolare in centro storico a Macerata risalgono a trent’anni fa alla Cocolla – prosegue Ciccarelli -. Poi ci sono gli interventi di via padre Matteo Ricci e di vicolo Costa e basta. Manca la residenzialità stabile, non si sono utilizzati i fondi del Pnrr per questo aspetto. I Comuni dovrebbero sollecitare i privati con bandi mirati. Molti edifici privati nel centro storico di Macerata sono abbandonati e chiusi da anni. Il problema riguarda anche Tolentino e Civitanova Alta. Il vero motore di rilancio dei centri storici è la residenza stabile. L’esempio viene da Comuni più lungimiranti come Ascoli, Ancona e Pesaro che hanno molti più alloggi pubblici dei trenta di Macerata. L’intervento di via Valerio penso debba essere rivisto per l’impatto sulla viabilità».
Una volta c’era l’emergenza sfratti, è cambiato qualcosa? «Secondo i dati del 2023 gli sfratti sono 158 in provincia, novanta dei quali per morosità e la parte rimanente per finita locazione. A Macerata sono rispettivamente 32 e 5. I dati mostrano un andamento decrescente. A fronte di questo va aggiunto che non ci sono quasi più le case per sfrattati: Macerata aveva 27 alloggi in via Roma 395 e Civitanova ne aveva 15 in via Verga 40. Oggi in questi due edifici sono rimasti pochi alloggi destinati agli sfrattati».
Il problema dei bandi per gli alloggi popolari: «I Comuni si muovono in ordine sparso ed ognuno pubblica bandi diversi mettendo ulteriormente in difficoltà gli interessati, in particolare gli immigrati. In un recente incontro con il commissario alla ricostruzione Guido Castelli si è ventilata l’ipotesi di assegnare la redazione delle graduatorie, sempre divise per Comune, agli Ambiti territoriali. Il vantaggio sarebbe quello di avere un bando unico, una conduzione unica e scadenze certe. Ovviamente dando agli Ambiti il personale necessario».
A proposito di scadenze certe: «A Civitanova c’è una interpretazione bizzarra della legge: predispongono bandi e graduatorie quando gli alloggi sono in corso di ultimazione o pronti come nel caso delle palazzine di via Risorgimento. Le graduatorie vanno fatte a scadenza altrimenti gli alloggi liberi non sono mai assegnati». Avere o non avere un alloggio popolare produce degli effetti sul bilancio di una famiglia: «Un appartamento di 80 mq a Civitanova a canone concordato può costare tra gli 800 e i mille euro al mese, a Macerata dai 500 ai 700. Se arredato, i costi salgono». Infine il tanto annunciato e decantato decreto per le piccole sanatorie edilizie: «Si riscontrano profonde diversità di applicazione nei Comuni. A Civitanova, per esempio, si vedono pratiche per garage accorpati alle cantine che si trasformano in appartamenti da 30 metri quadrati e che, magari sul fronte mare, assumono ben altro valore».
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