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Al convegno patrocinato dalla Camera di Commercio IAA Irpinia Sannio sulla “Tracciabilità innovativa per valorizzare la produzione dell’olio extravergine d’oliva: Ricerca, modelli e buone pratiche” è stato ribadito, con esempi reali ed attuali, come grazie a pratiche produttive-commerciali oneste l’olio extravergine d’oliva riesce a dare grosse soddisfazioni economiche ai produttori. Infatti le nuove opportunità sulla tracciabilità – blockchain – danno la possibilità di raggiungere mercati economicamente remunerativi. Tant’è che, grazie al “blockchain”, l’olio extravergine d’oliva ed il territorio di provenienza arrivano insieme nei piatti del consumatore, cosa che sembra essere oltremodo gradita ai palati raffinati.
La Pro Olio San Lupo (nemo profeta in patria) si è sempre battuta per la difesa del territorio e contro la commercializzazione di un prodotto non autoctono. Purtroppo San Lupo ha chiesto di uscire dal Parco Nazionale del Matese (richiesta fortunatamente non condivisa dall’ISPRA, come da recente documento) per prestare il fianco alle speculazioni territoriali. Ha inoltre istituito una DeCo adatta a chi intende fare uso mendace dei valori aggiunti, inflazionandoli. Inoltre molti olivicoltori non hanno condiviso il codice etico di cui la Pro Olio San Lupo si è dotata. Giusto per chiarire il perché alcuni territori stentano a trovare la strada dello sviluppo, anzi, gli voltano le spalle.
Sostanzialmente, “ricerca, modelli e buone pratiche” per dare buoni risultati devono puntare a far apprezzare i valori aggiunti di un E.V.O. di qualità, cioè cultivar autoctone, territorio e terroir: un capitale inestimabile.
Dallo stesso tavolo dei relatori è stato sottolineato che i valori aggiunti dei nostri territori, per ovvietà non difficili da comprendere, sono all’opposto del marchio IGP Campania e del superintensivo.
In conclusione quello che manca è unire le forze nelle giuste strategie per dare valore al proprio capitale. Il potenziale ancora non è del tutto perso, pensiamoci!
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