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Il Piemonte è nella morsa dell’usura. Solo che i dati non lo dicono perché i dati, appunto, non ci sono. Sì perché nella nostra regione le persone vittime degli usurai che trovano la forza di denunciare, quasi non esistono. E’ quanto emerso nel corso del convegno “Il non confine tra gaming e gambling”, che si è tenuto ieri mattina alle Gallerie d’Italia, in piazza San Carlo, in occasione dei 30 anni della Fondazione San Matteo di Torino. «Abbiamo meno di dieci denunce all’anno. Un fenomeno, quello dell’usura, che è in gran parte “sommerso”. Per questo – ha spiegato il prefetto Donato Cafagna – dobbiamo lavorare per creare una cultura anti-usura». Meno di dieci denunce alle autorità, che però contrastano con le telefonate che i piemontesi fanno agli sportelli preposti. Come quello che c’è al grattacielo della Città Metropolitana in corso Inghilterra. «Al 30 settembre di quest’anno siamo arrivati a 290 richieste di aiuto, al punto che l’orario dello sportello contro il sovraindebitamento è stato prolungato», ha rivelato Rosanna Schillaci, consigliera delegata alle Politiche sociali di Città Metropolitana. A conti fatti, si parla quindi di più di una telefonata al giorno da parte di soggetti vittime degli usurai che domandano aiuto.
Tra l’altro, quasi la metà (il 45%) di chi si rivolge alla Fondazione San Matteo per problemi legati all’usura ha, direttamente o indirettamente, problemi di gioco patologico. Quindi una vittima su due è ludopatica. «Sono sempre più giovani e cercano nel gioco una volontà di riscatto», afferma Roberto Mollo, presidente della Fondazione San Matteo di Torino. Ogni anno, la Fondazione riceve in media 300 richieste d’aiuto: e appunto la metà circa è riconducibile alla ludopatia. «La chiave – spiega Mollo – sta nella prevenzione e nell’educazione dei più giovani». Giovani come i ragazzi del liceo Domenico Berti, ospiti al convegno alle Gallerie d’Italia e che per l’occasione hanno sviluppato un progetto sulla dipendenza dal gioco d’azzardo.
E giovani come Nicolò Fagioli, calciatore della Juve e della Nazionale, squalificato per sette mesi a causa delle scommesse di cui ieri è stato proiettato il trailer di “Fragile”, documentario che ripercorre il suo periodo buio a causa della ludopatia. «Riceviamo le più disparate telefonate. Come chi piange perché non sa più come pagare le rate di auto o altri beni – ha rivelato Roberto Mollo – ma il problema è culturale. Manca la “cultura del debito”, vale a dire che non ci si rende conto che fare debiti è pericoloso». Ad esempio, si può finire nelle mani degli usurai. Che nessuno, o quasi, denuncia.
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