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LAMEZIA TERME «Era uno dei Carabinieri in servizio a Briatico, svolgeva il suo lavoro metodicamente, dava fastidio. Con lui ho avuto un disguido nel senso che ho avuto un procedimento per un oltraggio nei suoi confronti». «Faceva servizio a Briatico ed era sua abitudine fare pesca subacquea. Non ricordo l’anno, ma c’era stato un piano per un “approccio” per ucciderlo».
Lo ha raccontato in aula bunker a Lamezia Terme il collaboratore di giustizia Antonio Accorinti, sentito nel corso del processo “Maestrale” davanti ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia. Si tratta di uno degli ultimi pentiti di ‘ndrangheta del Vibonese, classe 1980, figlio del presunto boss Antonino. L’inizio della sua collaborazione risale al giugno del 2023 e i suoi verbali erano già stati acquisiti nel processo “Imponimento” nato dall’inchiesta della Distrettuale antimafia di Catanzaro, il cui processo di primo grado si è concluso lo scorso giugno con l’assoluzione dei fratelli Stillitani e i trent’anni inflitti a Tommaso Anello.
Quando il pm della Dda Andrea Buzzelli chiede al pentito in che cosa consistesse questa intenzione, Accorinti spiega e punta il dito contro alcuni soggetti già noti nel panorama della criminalità organizzata vibonese: «Ne abbiamo parlato. Io facevo le escursioni lungo la costa con il gommone, eravamo con Gregorio Niglia, Simone Melluso e Antonino Tedesco e lo vedevo spesso». E ancora: «Lui era solito parcheggiare la macchina in una piazzola lungo una strada per andare a Marina di Briatico. Quindi si vedeva sempre questa macchina lì e si vedeva che era lui a fare pesca subacquea». Nel racconto in aula, Accorinti spiega: «L’ho incontrato nel tratto che facevo per andare a fare queste escursioni lungo la costa, facendo la mia navigazione costiera lo vedevo che faceva pesca subacquea». Quindi «c’è stato un approccio di Niglia con me, Melluso e Tedesco perché, vedendolo là in quel modo, era una occasione per poterlo fare fuori».
Secondo quanto riferito dal pentito in aula, era pronto anche una sorta di piano per uccidere il carabiniere di Briatico. «Gregorio Niglia aveva avuto questa idea» ha detto Accorinti. «E dice: “quando fa pesca subacquea tu lo incontri con il gommone”, e visto che anche Tedesco faceva pesca subacquea, dice “lo intercettiamo là in quel modo”». Anche perché, come raccontato ancora dal collaboratore di giustizia, il posto scelto era sufficientemente isolato, difficile da raggiungere per i bagnanti comuni, non un posto frequentato. L’ideale, dunque, per uccidere il militare. Il pentito Accorinti ha illustrato al pm Buzzelli anche la ripartizione dei compiti. «Doveva essere Tedesco ad ucciderlo mentre faceva l’immersione perché la faceva anche lui. Io, poi, passando con il gommone, avrei dovuto prendere il corpo e portarlo fuori dall’acqua». Poi però il piano non si è concretizzato perché «riflettendo, io con lui avevo già un procedimento in corso per una lite. Quindi mi sono opposto perché altrimenti sarebbe stato troppo facile risalire a me, sicuramente l’attenzione sarebbe ricaduta su di me». (g.curcio@corrierecal.it)
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