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Quanti contributi minimi devo versare per la pensione? #finsubito prestito immediato


Minimali di retribuzione per l’accredito dei contributi, integrazione al trattamento minimo: gli importi Inps 2024.

Per il 2024, l’Inps, con un’importante circolare [1], ha comunicato i valori dei minimali di retribuzione giornaliera, dell’integrazione al trattamento minimo, nonché dei limiti per l’accredito dei contributi: in sostanza, l’istituto ha illustrato i valori su cui basare la contribuzione previdenziale dovuta.

Per la generalità dei lavoratori, difatti, la contribuzione previdenziale e assistenziale non può essere calcolata su imponibili giornalieri inferiori a quelli stabiliti dalla legge. Più precisamente, la retribuzione sulla cui base calcolare i versamenti deve essere determinata nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale) e di minimale di retribuzione giornaliera stabilito dalla legge.

Questi valori sono rivalutati annualmente per effetto della perequazione delle pensioni, cioè dell’adeguamento al costo della vita dei trattamenti erogati dall’Inps. Facciamo allora il punto sulle principali novità in merito alla pensione: contributi minimi 2024, integrazione al trattamento minimo, che cosa cambia in merito alla retribuzione minima per l’accredito di un anno intero di contributi.

Quanti contributi minimi devo versare per la pensione? Su quali trattamenti operano gli adeguamenti? Gli incrementi operano sulle prestazioni economiche riconosciute dall’Inps, anche se in modo differente, in base alla tipologia di trattamento: gli aumenti, peraltro, hanno anche effetto sulle soglie di reddito da non oltrepassare per aver diritto a determinate prestazioni.

Per effetto della rivalutazione, poi, vengono incrementati i minimali di contribuzione e la retribuzione minima per l’accredito integrale ai fini della pensione. Sono anche stati rivalutati i massimali contributivi, la quota di retribuzione soggetta al contributo aggiuntivo dell’1%, il valore di alcuni fringe benefits, i limiti per l’accredito dei contributi obbligatori e figurativi e, in generale, tutti i valori utili al calcolo delle contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale. Ma procediamo con ordine.

Trattamento minimo 2024

In base alla perequazione, calcolata in via definitiva per il 2023 e in via provvisoria per il 2024, del 5,4% l’integrazione al trattamento minimo aumenta a 598,61 euro. Ricordiamo che l’integrazione al trattamento minimo è una prestazione economica che l’Inps riconosce a chi ha una pensione molto bassa, al di sotto del cosiddetto minimo vitale, pari appunto, per il 2024, a 598,61 euro.

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Minimali di retribuzione 2024

Esiste un valore minimo sul quale devono essere calcolati i contributi previdenziali, sotto il quale non si può scendere anche se la paga è molto bassa? La risposta è affermativa: questo valore minimo esiste, e si chiama minimale di retribuzione (chiamato anche minimale contributivo, o minimale retributivo).

In parole semplici, il minimale retributivo è la paga minima sulla quale vengono calcolati i contributi dovuti all’Inps, sotto la quale non si può scendere anche se il lavoratore ha una retribuzione esigua. Per quanto riguarda i dipendenti a tempo parziale, però, il minimale viene riproporzionato su base oraria.

In altre parole, il minimale retributivo consiste nella retribuzione minima sulla cui base devono essere calcolati i contributi che il datore di lavoro deve versare all’Inps, cioè i contributi di previdenza e assistenza dovuti per l’attività lavorativa svolta dal dipendente.

Normalmente, questo minimale è stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl), per la precisione dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative: gli accordi di secondo livello, territoriali e aziendali, e il contratto individuale, difatti, possono stabilire il minimale retributivo solo se l’importo è maggiore di quello indicato nel Ccnl.

La legge, in ogni caso, stabilisce un minimale giornaliero inderogabile, cioè sotto il quale nessun minimale previsto dalla contrattazione collettiva può scendere. Per la precisione, il reddito da assoggettare a contribuzione deve essere adeguato, se inferiore, al limite minimo di retribuzione giornaliera, che non può essere inferiore al 9,50% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld) in vigore al 1° gennaio di ciascun anno.

Considerando che l’importo del trattamento minimo presso il Fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld) per il 2024, ammonta a 598,61 euro mensili, il minimale giornaliero inderogabile è pari a 56,87 euro. In pratica, se il contratto collettivo riconosce una retribuzione giornaliera inferiore a questo valore, il datore di lavoro è comunque obbligato a pagare i contributi su un reddito minimo giornaliero di 56,87 euro.

Il minimale di retribuzione mensile, pari al minimale giornaliero moltiplicato per 26 (giornate convenzionali nel mese), è pari per il 2024 a 1.478,57 euro.

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L’obbligo di osservare il minimale di retribuzione ai fini contributivi non è previsto, se il datore di lavoro versa trattamenti integrativi di prestazioni mutualistiche d’importo inferiore al limite minimo. Il minimale deve essere rispettato anche per i lavoratori di società ed organismi cooperativi, e per i lavoratori soci delle cooperative sociali e di altre cooperative.

Minimali differenti sono previsti per categorie particolari (lavoratori della pesca, lavoratori assoggettati alle retribuzioni convenzionali…).

Minimali giornalieri 2024 per i lavoratori part time

Per i lavoratori part time non deve essere applicato il minimale giornaliero “intero”, ma, considerando che l’orario è ridotto, il minimale deve essere riproporzionato in base all’orario di lavoro normale e sulle giornate lavorative settimanali (di norma 6 giornate, 5 per la settimana corta).

Ipotizzando, ad esempio, un orario ordinario di 40 ore settimanali su 6 giorni, si deve calcolare il minimale orario in questo modo: 56,87 x 6 /40. Il risultato, pari a 8,53 euro, corrisponde al minimale orario che il datore deve rispettare per il calcolo dei contributi.

Ipotizzando, invece, un orario normale contrattuale di 36 ore settimanali su cinque giorni, il calcolo è: 56,87 x 5 /36, con un minimale orario, dunque, pari a 7,90 euro.

Retribuzione minima 2024 per l’accredito di un anno di contributi

Il minimale retributivo, o contributivo, non deve essere confuso con la retribuzione minima per l’accredito di un anno intero di contributi presso l’Inps. Questa retribuzione, difatti, corrisponde all’imponibile minimo da raggiungere perché tutte le 52 settimane dell’anno siano riconosciute ai fini del diritto alla pensione: il limite settimanale per l’accredito dei contributi è pari al 40% del trattamento minimo mensile.

Per il 2024, il valore della retribuzione minima per la rilevanza integrale dei contributi ai fini del diritto alla pensione è pari, dunque, a 239,44 euro a settimana (596,61 x 40%); in un anno, è necessario raggiungere uno stipendio, al lordo dei contributi, almeno pari a 12.451 euro.

Questo comporta che i contributi versati (considerando l’aliquota pari al 33%, valida per la generalità dei dipendenti) debbano corrispondere ad almeno 79,02 euro alla settimana ed a 4.108,86 euro all’anno: in caso contrario, l’anno lavorato non vale per intero ai fini del diritto alla pensione (come se il lavoratore non avesse svolto la propria attività per tutto l’anno).

Ma i contributi calcolati su questa retribuzione minima devono essere versati obbligatoriamente dal datore di lavoro? Purtroppo, il datore di lavoro è soltanto obbligato al calcolo dei contributi sul minimale giornaliero (o sul minimale orario per i lavoratori part time), ma non è obbligato anche a calcolarli sulla retribuzione minima per l’accredito di un anno di contribuzione.

Se il lavoratore svolge la propria attività a tempo pieno il problema non si pone, perché il rispetto del minimale contributivo giornaliero garantisce sempre l’accredito di una settimana di contribuzione sulla base della retribuzione minima.

Se il rapporto è part time, invece, considerando che il minimale contributivo è su base oraria, può accadere che non si raggiunga l’accredito di un’intera settimana di contributi. La contribuzione utile al diritto alla pensione, in questo caso, viene calcolata in proporzione a quanto versato, e il dipendente potrebbe vedersi riconosciute meno di 52 settimane nell’anno, pur avendo lavorato continuativamente per 12 mesi.

Dal 2021 (retroattivamente, per i lavoratori aventi la decorrenza della pensione successiva al 1° gennaio 2021), questa disposizione si applica anche ai lavoratori con part time misto e verticale, considerando utili ai fini della pensione anche le settimane non lavorate. I dipendenti che risultano avere delle settimane non lavorate non solo nell’ambito dell’articolazione dell’attività, ma anche per altre cause (ad esempio, per via di un’aspettativa non retribuita) devono però presentare all’Inps un’apposita domanda. Lo stesso vale per i rapporti di lavoro che risultano “esauriti”, cioè non più in corso o trasformati a tempo pieno [2].

Il lavoratore può comunque integrare la contribuzione versando i contributi volontari sulle settimane scoperte, o chiedendone il riscatto.

A chi non si applicano i minimali 2024

Il minimale contributivo e la retribuzione minima per l’accredito di un anno di contributi non si applicano, in ogni caso, nei confronti di:

  • lavoratori domestici;
  • operai agricoli;
  • apprendisti.

La discontinuità di questi lavori, difatti, precluderebbe l’accesso alla pensione alla generalità degli appartenenti a queste categorie. Si applicano poi minimali differenti per ulteriori categorie di lavoratori appartenenti a particolari gestioni amministrate dall’Inps, quali Fondo Volo, trasporti, etc.

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note

[1] Circ. Inps 21/2024.

[2] Circ. Inps 74/2021



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