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Svolgere attività durante la malattia: quando è ammesso e quando rischia di portare al licenziamento #finsubito prestito immediato


La possibilità di svolgere altre attività durante il periodo di malattia è da sempre un tema delicato nei rapporti di lavoro. La giurisprudenza della Corte di Cassazione offre indicazioni sul limite tra legittimità e violazione degli obblighi contrattuali, chiarendo quando queste attività possono comportare un rischio concreto di licenziamento.

L’Ordinanza 22793/2024: Assenza di Prova Medica e Licenziamento Illegittimo

Con l’ordinanza n. 22793 del 5 settembre 2024, la Cassazione ha chiarito che non è sufficiente il pedinamento del dipendente per dimostrare la simulazione della malattia o una violazione contrattuale. Nel caso in questione, un lavoratore era stato seguito da un investigatore privato durante le sue attività personali e ludiche, svolte in orari esterni alle fasce di reperibilità. Tuttavia, senza un accertamento medico-fiscale che confermasse la simulazione della malattia o il peggioramento della patologia, i giudici hanno ritenuto che le prove fornite dal datore di lavoro fossero insufficienti a giustificare il licenziamento.

Questo principio si fonda sull’orientamento consolidato della Corte, secondo cui il dipendente malato può dedicarsi ad attività di svago, purché compatibili con il suo stato di salute e che non interferiscano con il processo di guarigione. Già la Cassazione nel 2018, con la sentenza 6047, aveva ribadito che un dipendente in malattia non deve necessariamente astenersi da ogni altra attività, ma ha l’obbligo di adottare comportamenti che favoriscano la guarigione, come stabilito dagli obblighi di correttezza e buona fede.

L’Ordinanza 23852/2024: Partecipazione a Tornei Sportivi e Giusta Causa di Licenziamento

In un caso simile, ma distinto, la Cassazione con l’ordinanza n. 23852/2024 del 5 settembre 2024 ha invece ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che, in stato di malattia, partecipava a un torneo sportivo. La Corte ha considerato la partecipazione a un evento fisicamente impegnativo, organizzato in precedenza, come un’indicazione di premeditazione e malafede. In questo contesto, i giudici hanno interpretato il comportamento del lavoratore come una violazione degli obblighi di lealtà e correttezza verso il datore di lavoro, aggravato dall’intento di utilizzare il certificato medico per giustificare un’assenza non necessaria.

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Il licenziamento è stato quindi confermato sulla base della proporzionalità e della gravità della condotta, ritenuta idonea a minare irrimediabilmente la fiducia del datore di lavoro nel dipendente. In questi casi, lo svolgimento di attività sportive, soprattutto se premeditate, può essere considerato una causa sufficiente per il licenziamento.

Investigatori Privati e Accertamenti Sanitari: i Limiti dell’Articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori

A sostegno di queste valutazioni, la giurisprudenza ha anche chiarito la legittimità dell’uso di investigatori privati da parte del datore di lavoro. Sebbene l’articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori proibisca al datore di lavoro di condurre accertamenti diretti sulle condizioni di salute del dipendente, ciò non esclude la possibilità di affidare indagini a terzi per verificare l’effettiva sussistenza della malattia. Con l’ordinanza 21766 del 2 agosto 2024, la Cassazione ha ribadito che gli accertamenti privati possono essere utilizzati per ottenere elementi di fatto che provino la simulazione della patologia o l’inidoneità dello stato di malattia a giustificare l’assenza.

L’Onere della Prova sul Datore di Lavoro

Spetta comunque al datore di lavoro l’onere di dimostrare che l’attività svolta dal dipendente in malattia sia incompatibile con il processo di guarigione o indichi una simulazione della patologia. Secondo l’ordinanza 12152 del 6 maggio 2024, il lavoratore ha la facoltà di svolgere altre attività durante l’assenza per malattia, purché siano compatibili con il suo stato di salute e non ritardino il rientro in servizio.

Rilevanza delle Attività Extracurriculari

Ulteriori pronunce giurisprudenziali hanno esteso i criteri di legittimità del licenziamento anche a situazioni che, pur non simulando una patologia, possono danneggiare l’immagine aziendale. Il Tribunale di Roma, con la sentenza 3487 del 3 aprile 2023, ha confermato il licenziamento di un lavoratore in malattia che partecipava a interviste pubbliche e promozioni editoriali. Sebbene tali attività non fossero fisicamente impegnative, sono state ritenute incompatibili con l’assenza dal lavoro per motivi di salute, generando sospetti e tensioni tra i colleghi e nel contesto aziendale.

Conclusioni

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L’esercizio di altre attività durante la malattia non comporta sempre la lesione del vincolo fiduciario, purché tale attività sia compatibile con la guarigione del dipendente e non contrasti con gli obblighi di lealtà verso il datore. Tuttavia, in casi di simulazione o condotta premeditata, la giurisprudenza conferma la legittimità del licenziamento per giusta causa, soprattutto in presenza di elementi probatori chiari e concreti.

Le recenti ordinanze della Cassazione evidenziano l’importanza di accertamenti adeguati e proporzionali alla gravità della condotta, sottolineando al contempo la necessità di prove mediche e indagini affidabili per legittimare l’interruzione del rapporto di lavoro.



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