Area dei Pili, la difesa dello staff del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: «Nessuna promessa o atto illecito» #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –

Nessuna promessa di aumento delle cubature, nessun atto illecito, ma solo anni di lavoro per il bene della città. Per quattro mesi e tre giorni, dopo il blitz del 16 luglio, non avevano mai aperto bocca, nemmeno di fronte ai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, che li avevano convocati un paio di mesi fa. Ora però, dopo che lunedì sono uscite le motivazioni con cui il tribunale del riesame ha rigettato il loro ricorso contro il sequestro di cellulari e dispositivi vari, Morris Ceron e Derek Donadini hanno deciso di parlare per la prima volta e rigettare con forza (e anche «con sdegno») le accuse di concorso in corruzione con il sindaco Luigi Brugnaro per la tentata vendita dell’area dei Pili al magnate di Singapore Ching Chiat Kwong, promettendo un aumento di cubatura per poter alzare il prezzo di vendita a 150 milioni.  «Mai e poi mai ho promesso niente a nessuno – si difende Ceron, direttore generale e capo di gabinetto di Ca’ Farsetti – Qualcuno ha elaborato per proprio conto delle proposte in base ai presupposti normativi esistenti, o come lui li ha capiti, e alla fine non se ne è mai concretizzato nulla. Nulla di nulla di nulla! Difficile, pertanto, capire le accuse rivolte alla mia persona». «Non c’è nulla negli atti del Comune di Venezia o in qualsiasi mail, lettera o documento da me redatti o inviati che possa anche solo far lontanamente pensare che siano state promesse variazioni urbanistiche», ribadisce il suo vice Donadini.

La lettura dei giudici

Ai due, storici bracci destri di Brugnaro da ben prima che diventasse sindaco, non sono andate giù le frasi riportate nel provvedimento dei tre giudici: «Gli elementi raccolti inducono ragionevolmente a ritenere che vi fosse un accordo (illecito) tra le parti – si legge – avente ad oggetto l’adozione dei provvedimenti urbanistici e edilizi indispensabili per l’attuazione del progetto, cosi come predisposto e integrato dalle parti allo scopo di garantirsi ciascuna la massimizzazione dei profitti, sebbene contrastanti con la vigente regolamentazione e con l’interesse generale». Per il Riesame le parti – Brugnaro e i fedelissimi da un lato, dall’altro Ching con Luis Lotti e poi Claudio Vanin, che da professionista di riferimento è divenuto il grande accusatore – «hanno portato avanti l’operazione immobiliare in forza dell’impegno da parte dei vertici dell’amministrazione comunale sul cambio di destinazione (da verde a commerciale e residenziale)».

La posizione di Ceron

«Non ho mai negato gli incontri con chi si dichiarava interessato all’area dei Pili – evidenzia Ceron – ho solo messo a disposizione le mie competenze in ambito sportivo, perché ritenevo di assoluto interesse pubblico poter avere un palasport moderno di livello adeguato ad una grande città». Il dg affronta anche alcuni dettagli personali, compreso aver superato una malattia nel 2019. «Ho curato la riorganizzazione della macchina comunale con tanti dirigenti e collaboratori che voglio ringraziare – afferma – Sto lavorando notte e giorno, oltre 5 mila ore di straordinario (non pagato) solo nel primo mandato, ferie non fatte e altri sacrifici economici e personali». E se evidenzia come i suoi genitori gli abbiano insegnato «la cultura del lavoro e dell’onestà», ora «mi spiace prima di tutto per loro, che debbano leggere certe cose». 

La posizione di Donadini

Sulla stessa linea anche Donadini: «Non ho mai promesso né al signor Vanin né a chiunque altro modifiche non consentite delle destinazioni urbanistiche o della capacità edificatoria dei Pili – sottolinea – Non c’è mai stato alcun accordo illecito, lo rigetto con forza e sdegno». Se progetti ci sono stati («io ho visto la brochure di uno solo») «erano commissionati da Vanin, non certo da me o dall’amministrazione». E a fronte di due bozze di contratto con una clausola risolutiva in caso di mancata variante urbanistica, «la società Porta di Venezia le ha restituite al mittente!».
Entrambi se la prendono con Vanin, appunto: «Queste accuse sono odiose ed infondate, dimostrerò che sono solo menzogne», dice Donadini. «Non mi capacito – conclude Ceron – di come si possa considerare attendibile una persona che ha numerosi procedimenti a proprio carico e che ha fatto del ricatto e delle bugie, delle tentate estorsioni un metodo di vita».

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