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Uccisa all’ottavo mese di gravidanza, il femminicidio arriva in Cassazione: «Vanno studiati i disturbi del sonno» #finsubito prestito immediato


di
Chiara Currò Dossi

La difesa impugna la condanna all’ergastolo di Mustafa Zeeshan. L’avvocato Fava: «Tanti dubbi sull’origine delle ferite»

Arriva in Cassazione il processo per il femminicidio di Versciaco. E quindi per la morte di Fatima Zeeshan, 28 anni, incinta di otto mesi, avvenuta la notte tra il 29 e il 30 gennaio 2020, per la quale è stato condannato all’ergastolo (con sei mesi di isolamento diurno) il marito, Mustafa Zeeshan, pizzaiolo pakistano di 43 anni, accusato di averla presa a calci e soffocata. Tre i motivi d’appello presentati dalla difesa: il fatto che la perizia sulla capacità d’intendere sia basata su un verbale di spontanee dichiarazioni rese ai carabinieri immediatamente dopo i fatti e senza la presenza di un difensore, e pertanto inutilizzabile; l’«illogicità» delle motivazioni della sentenza nelle parti relative a imputabilità, cause di morte e disturbi del sonno; l’erroneo bilanciamento delle aggravanti e mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (con la «mancata emersione di un movente, che su un piano logico avrebbe potuto determinare un elemento di segno “positivo”, viene invece ritenuta “negativa”. Come se l’imputato, collaborativo fin dall’inizio, avesse avuto un onere di fornire un movente che in realtà non esiste e non esisteva»).

Le 61 pagine

Con 61 pagine, gli avvocati difensori (Federico Fava e Amanda Cheneri) chiedono ai giudici della Cassazione di riaprire il processo. E guardano con interesse all’11 dicembre, data in cui la Corte costituzionale è chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità della legge che, dal 2019, esclude la possibilità di accedere al rito abbreviato per tutti i casi con imputazioni da ergastolo. Se la questione, sollevata dalla Corte d’assise di Cassino, venisse accolta, la possibilità di accesso al rito speciale si aprirebbe per tutti i processi pendenti, compreso quello a carico di Zeeshan. Con la pena che, spiega Fava, «potrebbe scendere da 30 a 16 anni».




















































Zeeshan per il quale, a marzo, la Corte d’assise d’appello di Bolzano aveva confermato la condanna all’ergastolo inflitta in primo grado. Ma la difesa contesta i passaggi chiave delle motivazioni della sentenza, a partire dalla perizia nella quale lo psichiatra Eraldo Mancioppi aveva sostenuto l’imputabilità del quarantatreenne. Le dichiarazioni «poste a fondamento delle conclusioni», prelevate «con la tecnica del taglia incolla», laddove si parla del suo «atteggiamento obliquo o menzognero», non sarebbero utilizzabili, anche perché acquisite senza il consenso delle parti.
E poi vi sarebbe stato un erroneo inquadramento del contesto socio-familiare dei coniugi, un’erronea valutazione della morte e della dinamica di quanto avvenuto, e un travisamento degli esiti della perizia sui disturbi del sonno. 

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I disturbi del sonno

Diverse le criticità: l’ambiguità sulla natura delle ecchimosi sui piedi di Zeeshan (per la consulente del pm legate al fatto che sarebbe rimasto esposto al freddo in ciabatte, per il perito per aver preso a calci la moglie), il fatto che «non è stato possibile precisare il mezzo che ha prodotto» le ferite sul corpo di Fatima (la Corte non avrebbe motivato il perché abbia escluso l’ipotesi di una caduta dal letto, «a maggior ragione se si tiene in considerazione il fatto che non sono state rivenute lesioni da difesa di alcun tipo»), e il fatto che, esclusa l’ipotesi che Zeeshan sia affetto da patologie del sonno Rem, non sono stati indagati disturbi come quelli della fase non Rem (nonostante «la tesi avanzata dal consulente della difesa è stata fatta propria da tutti gli esperti del sonno» consultati, concordi sul fatto che, da letteratura scientifica, episodi violenti e omicidi sono, eventualmente, legati a questo tipo di disturbi).

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22 novembre 2024



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