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Campidoglio, 34 parchi messi in vetrina online per le imprese private: a disposizione di chi vorrà investire #finsubito prestito immediato


di
Andrea Arzilli

Si tratta dei Piu (parchi integrati urbani), gli ex Punti verde qualità che, nati nel ‘95, si sono segnalati soprattutto sui bilanci del Comune (110 milioni di «buco») e nelle inchieste delle Procure 

Dopo 30 anni di grane reali, ecco soluzioni (per ora) virtuali: 34 parchi in una vetrina online per attirare investimenti su aree Piu (Parchi integrati urbani), gli ex Punti verde qualità che, nati nel ‘95, si sono segnalati soprattutto sui bilanci del Comune (110 milioni di «buco») e nelle inchieste delle procure. Legittimo immaginare un parco a tema nell’ex Pvq di Cinecittà e, a Spinaceto, la Città del rugby che resuscita dopo anni di degrado. O magari il comitato che prende in gestione il parco sotto casa per far giocare i bimbi all’aperto.

I 34 parchi in esposizione sulla piattaforma Atlante 

È un segnale del processo di innovazione tecnologica con cui il Campidoglio vuole rendere la macchina amministrativa più «cool», al passo dei tempi, veloce a prova di click e, quindi, più accattivante agli occhi degli imprenditori, soprattutto quelli romani. E il primo passo è già una svolta: 34 parchi, spesso anche molto estesi, vengono esposti su Atlante, la piattaforma del Patrimonio, in cerca di sponsor. O meglio, di un progetto che garantisca al cittadino un servizio più vicino possibile a casa, seguendo la strategia della «Città dei 15 minuti», insomma. 




















































«Privati da stimolare, soldi pubblici da tutelare»

Adesso in traiettoria ci sono i bandi per assegnare concessioni di durata variabile, dipende dal progetto e dall’area in questione. E all’orizzonte, come codificato nella delibera di agosto 2023 che celebra la transizione da Pvq a Piu, si vedono formule pubblico-privato impostate su strategie di project financing che possano sia stimolare l’iniziativa privata sia tutelare le finanze pubbliche. Perché sulla via che ha portato i parchi in uno showroom digitale, che in un anno potrebbe tradursi in un parco attrezzato sotto casa dei romani, gli ostacoli non sono mancati e il prezzo da pagare è stato salato: in fumo quasi 110 milioni di euro pubblici.

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L’intuizione giusta (e il metodo sbagliato) della giunta Rutelli

Eppure tutto era nato nel 1995 secondo un’intuizione giusta da parte della giunta Rutelli: affidare a privati porzioni di verde pubblico affinché, in cambio della concessione, i parchi fossero curati e quindi in grado di accogliere i cittadini con aree ristoro o spazi per lo sport. Le aree identificate furono allora 78, tante perché il Piano regolatore di trent’anni prima aveva previsto un forte allargamento della città immaginando una crescita demografica importante, fino a cinque milioni di residenti. E siccome c’era una quota di spazio verde pro-capite da rispettare (18 metri quadri), le aree selezionate furono parecchie e, talvolta, molto ampie. Il problema fu nel metodo, ovvero la garanzia quasi totale (95%) del Comune presso le banche creditrici sui singoli interventi «privati». Seppure con soggetti di diversa natura, una sorta di bonus 110% ante litteram

Il flop della garanzia totale del Comune

Così le concessioni venivano assegnate e i privati effettuavano i lavori ottenendo i soldi grazie alle fidejussioni comunali salvo poi interromperli perché l’impresa si arenava oppure semplicemente perché avevano già guadagnato abbastanza ed era tempo di dileguarsi nel bosco fitto della burocrazia. Il risultato ai giorni nostri mette i brividi: delle 78 aree verdi destinate a Pvq, solo 11 sono vive e vegete, per le altre dopo anni di degrado è stato necessario rifare tutto daccapo. Evitando naturalmente di ripetere gli stessi errori e, in più, ripartendo dalla vetrina mondiale sul web.

Ora rischio d’impresa tutto a carico dei privati

Così, il primo punto affrontato dall’assessore al Patrimonio, Tobia Zevi, è stato quello del censimento per ridisegnare una mappa affidabile dopo il caos legato alla sedimentazione di trent’anni di atti. Per esempio l’anno scorso l’elenco dei Pvq è cambiato per gli accorpamenti: da 78 a 59 aree. Dopodiché su 14 terreni privati il Comune ha rinunciato all’esproprio, mentre 11 parchi ex Pvq erano (e sono) regolarmente in funzione. Si arriva quindi agli attuali 34 parchi potenziali da venerdì scorso visualizzabili su Atlante grazie all’opera di raccolta dati in una dataroom dedicata. Pronti per essere analizzati nel dettaglio dagli investitori che, se convinti, potranno studiare il progetto, col necessario piano di fattibilità economico-finanziaria, per poi farlo entrare in gara per la concessione. Stavolta, però, saranno i privati ad accollarsi per intero il rischio d’impresa.

La transazione con le banche: buco da 107 milioni

Perché, dopo 30 anni di grane e inchieste (soprattutto della Corte dei Conti), il Campidoglio non ammette rischio sui fondi pubblici. E punta semmai a rimpicciolire il buco pregresso transando con le banche creditrici — Banca di credito cooperativo di Roma (Bcc) e Istituto per il credito sportivo — le somme ricadute sul Comune dopo rinunce e «fughe» di chi ai tempi aveva vinto la concessione di un Pvq. Alla fine il Campidoglio è riuscito ad accordarsi con Bcc versando il 65% del debito di 126 milioni, cioè 82 milioni. E sta trattando con il Credito sportivo per dimenticare il passato previo saldo di metà del dovuto, circa 25 milioni. Un passivo di 107 milioni. Soldi veri, mica criptovalute.

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