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Perché con la nuova Irpef 2025 alcuni contribuenti pagheranno più tasse di prima, e chi sono #finsubito prestito immediato


Nella manovra del governo Meloni c’è una riforma dell’Irpef con cui, dal 2025, le aliquote sulla carta saranno tre. Questo, combinato con il ‘nuovo’ taglio del cuneo, aiuterà i lavoratori con redditi medio-bassi. Ma con i nuovi scaglioni chi prende tra i 32mila e i 40mila euro si troverà a pagare di fatto il 56% di Irpef, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio.

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Uno dei caposaldi della manovra per il 2025, su cui il governo Meloni ha puntato apertamente fin dall’inizio, è la conferma in modo strutturale dell’Irpef a tre aliquote e del taglio del cuneo fiscale. Queste due misure insieme costano 18 miliardi di euro all’anno, “uno degli interventi più onerosi mai realizzati nel sistema fiscale del nostro Paese” secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio. Ma, sempre stando all’analisi dell’Upb, il rischio è che per il modo in cui sono scritte le norme di fatto non ci saranno tre aliquote, ma sette. E una di queste, in particolare per i dipendenti che dichiarano tra i 32mila e i 40mila euro, schizzerà al 56% circa.

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Come dovrebbe funzionare la riforma dell’Irpef 2025

Innanzitutto, la riforma sulla carta: l’Irpef dovrebbe essere fissata al 23% per chi guadagna fino a 28mila euro, al 35% per chi prende da 28mila a 50mila euro, e al 43% oltre i 50mila euro. Sono in corso tentativi, soprattutto da parte di Forza Italia, di abbassare ulteriormente l’aliquota centrale (magari arrivando fino al 33%), ma dopo gli ultimi vertici di maggioranza sembra che sarà quasi impossibile riuscirci.

Come il taglio del cuneo fiscale potrebbe incidere sull’Irpef

Su questo sistema si sovrappone poi il nuovo taglio del cuneo. Fino a quest’anno, il taglio ha riguardato i contributi da versare in busta paga: questi venivano tagliati (di 7 punti fino a 25mila euro di redditi, e di 6 punti fino a 35mila euro) e lo Stato compensava la differenza in contributi in modo che la riduzione non avesse effetto sulle pensioni future. Il nuovo sistema invece prevede due meccanismi diversi: fino a 20mila euro di reddito c’è un bonus esentasse in busta paga, mentre da 20mila a 40mila euro c’è una detrazione fiscale.

Insomma, non si toccano più i contributi, ma si passa sul piano del fisco. Il bonus fino a 20mila euro è una percentuale del reddito, secondo l’Upb avrà circa 9 milioni di beneficiari e porterà in media 490 euro. In ogni caso la maggior parte dei contribuenti dovrebbero vedere poche differenze rispetto a quest’anno.

Sopra i 20mila euro la questione si complica. La platea è di altri 9 milioni circa di dipendenti. Fino a 32mila euro di reddito si garantisce una detrazione fissa da mille euro, che poi scende progressivamente. E proprio questa discesa fa sì che, rispetto allo scorso anno, una fascia di lavoratori si trovi con un’Irpef di fatto molto più alta.

Per chi potrebbero aumentare le tasse con il taglio del cuneo e le nuove aliquote Irpef

L’Upb lo dice chiaramente: “Nonostante la riduzione del numero di aliquote legali”, il numero delle aliquote “effettive aumenta, passando da 4 a 7, e il loro andamento risulta più irregolare”. Al punto che “raggiungono il 50% per i redditi compresi tra 32mila e 40mila euro”. Il grafico inserito nel rapporto dell’Ufficio mostra poi che il livello è di circa il 56%.

Immagine

Infatti, nel ‘taglio del cuneo’ quando la detrazione inizia a scendere lo fa rapidamente: deve passare da mille euro per chi guadagna 32mila euro, a zero per chi ne guadagna 40mila. E ogni calo è di fatto un aumento dell’Irpef da pagare. Così, in quella fascia secondo l’Upb si finisce per pagare in media un’aliquota ben più alta di quella che era in vigore lo scorso anno (senza tenere conto delle aliquote regionali e comunali, che funzionano con una logica ancora diversa).

Un problema nato dalla confusione tra interventi specifici, “non inquadrati in un’ottica di equilibrio generale del sistema”, che infatti “rischia di aumentare la complessità di calcolo dell’imposta rendendo il prelievo meno trasparente”, e “rende infatti oggettivamente difficile per il contribuente avere una chiara percezione dell’importo da ricevere o versare”. Nonostante nel complesso la riforma porti comunque “un significativo incremento della progressività”.

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