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Brancaccio (Ance): “Nuove politiche per rilanciare investimenti” #finsubito prestito immediato


Il comparto edilizio italiano sta attraversando una fase di transizione complessa, dove il traino delle opere pubbliche rappresenta un’importante fonte di sostegno ma che richiede anche nuove politiche per rilanciare gli investimenti privati e favorire la sostenibilità economica a lungo termine del settore. Occorre ricordare che le cause principali della crisi del settore sono legate non solo alla riduzione degli incentivi, ma anche al caro materiali, al costo dell’energia. Inoltre, l’avvicinarsi dell’entrata in vigore della direttiva europea ‘Case Green’ esige interventi di riqualificazione energetica degli edifici, aumentando ulteriormente la pressione su un settore già in difficoltà. Federica Brancaccio, presidente di Ance, Associazione nazionale costruttori edili, in questa intervista presenta la posizione associativa rispetto ai temi urgenti da affrontare e quali sono, in questo momento di incertezza, gli interventi per sostenere il settore.

Presidente, quali sono i temi che devono essere affrontati con urgenza dal Paese?
“I temi sono tanti e mi auguro che con la prossima manovra di Bilancio, il 2025 e nell’orizzonte temporale del Piano Strutturale di Bilancio, non si apra una stagione di tagli e rigore che andrebbe a penalizzare, come già accaduto in passato, proprio gli investimenti nelle infrastrutture e nella manutenzione del territorio, indispensabili per sanare le fragilità del Paese”.

Come si esce da questa situazione?
“Non esiste una ricetta unica: è necessaria una combinazione di misure e strategie. Una delle azioni più urgenti è la proroga delle misure contro il caro-materiali, attualmente in scadenza a fine anno. Senza questa proroga molti cantieri rischierebbero di fermarsi all’inizio di gennaio 2025, compromettendo non solo i progetti del Pnrr, ma anche gli obiettivi di crescita economica previsti dal Piano Strutturale di Bilancio di medio termine. L’aumento dei costi dei materiali è dovuto in parte alla persistenza di prezzi elevati, nonostante la riduzione dell’inflazione e la fine del Superbonus, che aveva temporaneamente aumentato la domanda nel settore edilizio. Questa misura straordinaria ha avuto un impatto economico significativo, con un costo stimato intorno ai 2 miliardi di euro, che include anche eventuali residui dagli stanziamenti degli anni precedenti. L’introduzione di un ventaglio di strumenti, tra cui agevolazioni fiscali mirate e il contenimento dei costi energetici, risulta quindi fondamentale. Queste misure permetterebbero di mantenere la continuità dei lavori e di sostenere le imprese coinvolte, favorendo la realizzazione degli investimenti cruciali per la crescita e la sostenibilità economica del Paese”.

E dopo il 2027 con la fine del Pnrr quali scenari sono possibili?
“Il Piano Strutturale di Bilancio riconosce l’importanza macroeconomica del Pnrr e il suo impatto sul PIL, che secondo le stime vedrà una crescita complessiva di 6 punti percentuali entro il 2031 grazie all’effetto combinato di investimenti e riforme. Questo dato rafforza la nostra visione sul ruolo strategico degli investimenti infrastrutturali per sostenere e accelerare la crescita economica. Guardando al periodo post-Pnrr è fondamentale adottare una visione di lungo termine che consenta una transizione strutturale e sostenibile, piuttosto che puntare su misure temporanee e d’emergenza. Questa prospettiva di lungo respiro prevede l’implementazione di soluzioni flessibili e dinamiche, mirate ad adattarsi ai cambiamenti rapidi e spesso imprevedibili della società. In tale contesto, l’alleanza tra settore pubblico e privato emerge come un elemento essenziale: anziché essere in competizione, pubblico e privato devono collaborare come alleati per perseguire obiettivi condivisi e per massimizzare l’impatto degli investimenti nel lungo termine”.

Per quale motivo è sempre difficile coinvolgere i privati nonostante la scarsa disponibilità di risorse pubbliche?
“Per coinvolgere capitali privati servono tempi certi e un quadro di regole moderno ed efficiente, che metta in sicurezza gli investimenti. Occorre fare partenariato, una collaborazione leale e chiara tra soggetti pubblici e privati finalizzata ad arricchire l’ambiente in cui tutti viviamo e lavoriamo. Fiducia e collaborazione che per la prima volta sono state inserite come principi guida del nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore un anno fa”.

Ma è anche un problema di governance?
“Da anni Ance va affermando che la governance deve passare necessariamente da una regia nazionale, una governance in grado di dare unitarietà alle strategie e alle politiche urbane anche attraverso la disponibilità di risorse adeguate e stabili nel tempo per evitare l’eccessiva frammentazione di finanziamenti e azioni che ha sempre caratterizzato questo ambito di intervento”.

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Quindi per la rigenerazione urbana serve una legge?
“È più che mai urgente una legge con una chiara governance e un Fondo unico con stanziamenti adeguati e stabili nel tempo. Le città possono svolgere un ruolo fondamentale nelle politiche di investimento con un modello di sviluppo centrato sul riuso e la razionalizzazione delle aree urbanizzate, sulla sostituzione del patrimonio edilizio esistente e sul contenimento del consumo di suolo, sull’adattamento degli edifici ai rischi legati al cambiamento climatico e sull’attenzione ai temi energetici”.

E cosa serve per l’efficientamento energetico degli edifici, aspetto particolarmente impegnativo?
“È vero per il nostro paese la sfida può apparire particolarmente impegnativa, perché abbiamo uno dei patrimoni maggiormente vetusti ed energivori ma dobbiamo saperla cogliere senza timori e anche se l’obiettivo è ambizioso ed è necessario portarlo a termine. Un impegno che abbiamo preso con le generazioni future”.

Quali sono gli interventi in tal senso?
“Con la prossima scadenza del 31 dicembre l’intero sistema di incentivi si ridurrà al solo 36% per la riqualificazione delle singole abitazioni, senza alcun riferimento alla qualità degli edifici. Noi stiamo già lavorando a un pacchetto di proposte sostenibili, perché siamo convinti che non esista una ricetta unica e per raggiungere gli obiettivi occorre un ventaglio di strumenti e soluzioni. Sul fronte delle risorse, che è quello che maggiormente ha suscitato preoccupazione e dibattito, l’Europa e lo Stato italiano devono fare la propria parte per sostenere la spesa delle famiglie e soprattutto di chi non ha i mezzi per farvi fronte. Allo stesso tempo banche e operatori dovranno immaginare strumenti finanziari innovativi. Dopo tante polemiche sui bonus edilizi bisogna pensare una misura strutturale che accompagni le famiglie nella riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare”.

E in tema di housing sociale: quali sono gli interventi?
“Il problema della casa e dell’abitare non è solo nostro: lo hanno Francia, Germania e Spagna. E’ un tema di tutti gli Stati membri e la speranza è che si lavori a un piano comune. Gioca un ruolo primario l’avvio di un Piano nazionale di housing sociale, che ricomprenda una più ampia e articolata offerta abitativa, con alloggi pensati per diverse categorie di utenze, con un forte mix tra proprietà ed affitto, innescando, nel contempo, la riqualificazione di ampie porzioni delle nostre città. Dobbiamo dare la possibilità ai giovani di mettere su famiglia e se non lo facciamo l’Europa si impoverirà sempre di più. Anni di disimpegno dello Stato hanno, infatti, creato una crescente disuguaglianza nell’accesso alle abitazioni per le classi sociali più bisognose, oltre ad innescare un lento e inesorabile processo di degrado del patrimonio residenziale pubblico. L’integrazione delle politiche abitative deve prevedere investimenti in alloggi sociali e forme di locazione flessibile
a prezzi calmierati”.



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