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ASSEGNO PIU’ BASSO PER CHI VA IN PENSIONE DAL 2025. SARA’ VERO? – NSM #finsubito prestito immediato


 29 novembre 2024 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

“il trattamento di quiescenza per chi va in pensione dal 2025 sarà più basso” questo è uno dei tanti titoli che campeggiano su vari quotidiani e siti web per effetto dei nuovi coefficienti di trasformazione in vigore per il biennio 2025-2026.Vediamo se questa affermazione, compartecipata ance da alcuni sindacati, è fondata.

Per prima cosa esaminiamo cosa sono i coefficienti di trasformazione- I coefficienti di trasformazione sono dei valori attraverso i quali il montante contributivo (i contributi accantonati in base alle retribuzioni nel tempo) accumulato dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, viene trasformato in una parte della pensione, detta quota “C”, cioè quella determinata interamente col sistema contributivo, per l’anzianità di servizio dal 1 gennaio 1996 alla data di fine attività lavorativa, che costituisce una delle tre quote del trattamento di quiescenza per tutti coloro che sono nel sistema misto.

Le altre due sono:
 la quota “A” per l’anzianità dall’assunzione al 31/12/1992 calcolata col sistema interamente retributivo, cioè sull’ultimo stipendio percepito;
 la quota “B” per l’anzianità dal 01/01/1993 al 31/12/95 determinata sulla media delle retribuzioni, convenientemente rivalutate, dal 1 gennaio 1993 alla cessazione per il personale del pubblico impiego.

Per il solo personale del Comparto Difesa, Sicurezza e Pubblico Soccorso il trattamento è incrementato di un importo relativo al beneficio dei 6 scatti. I coefficienti di trasformazione sono parametri legati all’età anagrafica del lavoratore e risultano tanto più elevati quanto maggiore è l’età del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, pertanto più tardi si andrà in pensione maggiore sarà l’importo del trattamento.

Nascono con l’introduzione del sistema contributivo statuito dalla legge n. 335/95, vengono aggiornati in corrispondenza degli aumenti alla speranza di vita ogni due anni dal 2019 e sono previsti dal 57° anno sino al 71° anno. Chi va in pensione prima del 57° anno di età (esempio per inabilità ovvero categorie con requisiti più favorevoli per il diritto) viene applicato il coefficiente corrispondente a 57 anni. Col decreto del ministero del lavoro n. 436/2024 sono stati rivisti quelli applicabili nel biennio 2025-2026 che per effetto degli aumenti dell’aspettativa di vita, sono inferiori a quelli precedentemente previsti per il biennio 2023-2024

Pertanto, in conseguenza di tale decremento, la parte contributiva dei pensionamenti dal 2025 subirà una riduzione. Prendiamo ad esempio un 1° Lgt, collocato in congedo per limite il 31 dicembre che ha optato per il moltiplicatore e se lo stesso fosse stato collocato in congedo dal 1 gennaio.

Ma veniano alla domanda iniziale. È vero che chi va in pensione dal 2025 percepirà un trattamento inferiore rispetto a quelli cessati nel 2024?  La risposta è assolutamente NO, in quanto i pensionati del prossimo anno beneficeranno di una rivalutazione del montante contributivo per effetto di un altro coefficiente, quello di capitalizzazione che non è altro che il tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale nei cinque anni precedenti il 2024 che non ha effetti per chi è già in pensione al 31 dicembre 2024.

Come il coefficiente di trasformazione, quello di capitalizzazione riguarda esclusivamente la quota interamente contributiva (quella per l’anzianità dal 1996 in poi) che corrisponde ai contributi versati durante l’intera vita lavorativa che annualmente sono rivalutati. Pertanto, l’esempio precedente deve essere rivisto come da specchio a seguire.

Quindi, la tesi che chi andrà in pensione dal 2025 prenderà meno di chi lo ha fatto nel 2024 è sbagliata. Infine, con lo specchio a seguire si mostrano le differenze nette mensili.


Dallo specchio si evince che chi sarà collocato in pensione il 31/12/2024, nonostante godrà della rivalutazione annuale da gennaio 2025, prenderà sempre meno di chi smetterà l’attività lavorativa nel 2025



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