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“È più forte la cultura mafiosa della rieducazione sociale” #finsubito prestito immediato


Codeluppi

“La ‘ndrangheta non vuole mollare la presa sull’Emilia”. È inquietante la lettura che dà il professore universitario Antonio Nicaso sul fermo scattato martedì per Antonio Gualtieri, il 63enne condannato per 416 bis nel processo ‘Aemilia’ a 12 anni: venti giorni dopo la liberazione, avrebbe tentato un’estorsione con metodo mafioso a un agente immobiliare per un presunto debito da 190mila euro verso un suo parente. Ieri la Procura ha chiesto la convalida del fermo: si è in attesa dell’udienza davanti al giudice Luca Ramponi che si svolgerà stamattina. Nicaso, docente in Canada, è uno dei massimi conoscitori mondiali delle mafie, soprattutto della ‘ndrangheta, e autore di numerosi saggi insieme all’attuale procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, oltreché direttore scientifico del festival ‘Noicontrolemafie’ organizzato dalla Provincia.

Professor Nicaso, il presunto tentativo di estorsione con metodo mafioso di Antonio Gualtieri può avere un significato oltre l’episodio in sé?

“Da sempre sostengo che non basta un processo per fermare una cosca radicata sul territorio. L’affiliazione alla ‘ndrangheta non è a termine, ma dura tutta la vita. Anche dopo aver scontato la pena, i mafiosi tendono a rifare ciò che hanno sempre fatto. L’azione di chiedere soldi a un imprenditore significa che i mafiosi sono qui per restare e che non vogliono lasciare”.

Uno degli ultimi libri scritti da lei e dal procuratore Gratteri, ’Il grifone’, riguarda la trasformazione della mafia lanciata verso il dark web e le criptovalute. Eppure Gualtieri avrebbe commesso un reato che guarda alla tradizione della ‘ndrangheta, cioè il recupero crediti. Quale può essere il futuro?

“Si parla di mafia ibrida, a cavallo tra la realtà analogica e quella digitale che è un’estensione del mondo fisico. La mafia moderna coniuga tradizione e innovazione: non comporta la rinuncia al territorio, ma l’aggiunta del dominio digitale”.

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In gennaio ricorreranno i dieci anni dell’operazione ‘Aemilia’, a cui sono seguite altre inchieste che hanno contribuito a smantellare la ‘ndrangheta. Quale può essere il destino del radicamento mafioso nella nostra regione?

“L’Emilia è una terra particolarmente appetibile: per la cosca è difficile mollare la presa. C’è sempre stato un ricambio generazionale e mai crisi di vocazione: mi immagino che i mafiosi faranno di tutto per rimanere sul territorio. Lo hanno spiegato bene anche il procuratore capo Calogero Gaetano Paci e il giudice Francesco Maria Caruso: è impossibile pensare che le indagini possano smantellare la ‘ndrangheta”.

Perché?

“I mafiosi hanno soldi, investono, sfruttano le crisi di liquidità, offrono beni e servizi illegali, vengono vezzeggiati e sollecitati. Penso al sistema delle fatture per operazioni inesistenti: è un mezzo straordinario per trasformare le estorsioni in consulenze e vincolare gli imprenditori che diventano più complici che vittime”.

Gualtieri e altri non risulta si siano mai dissociati, eppure diversi di loro sono già usciti o usciranno dalla detenzione, per tornare di nuovo nella società. Cosa può fare il territorio?

“Purtroppo la norma è rappresentata da persone come Gualtieri: scontata la pena, tornano a fare il solito. È più forte la cultura mafiosa della rieducazione sociale. Andrebbero liberati i territori dalla paura e dai bisogni. Occorre inoltre fare di più rispetto alla paura della repressione e delle sentenze”.

Lei e Gratteri avete da poco pubblicato un nuovo libro ’Una Cosa sola. Come le mafie si sono integrate al potere’ (Mondadori): quale nuova conoscenza volete dare alla collettività?

“Il punto centrale è che stiamo quasi lasciando in mano alle forze dell’ordine e alla magistratura il contrasto alla mafia. Invece serve il contributo di tutti perché riguarda collusioni con parte della politica, dll’imprenditoria e delle istituzioni”.

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Cosa può fare, dunque, anche un “normale’ cittadino nella lotta alle mafie?

“Non abbassare la guardia. Occorre che i media diano maggiore risalto all’informazione sulla mafia e che i cittadini cerchino di capire e di lottare contro una riforma obbrobriosa come la Cartabia che impedisce ai giornalisti di raccontare. Pure la riforma della giustizia Nordio non ha impatto nel contrasto alla mafia”.



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