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Famiglie miste, quel micro-laboratorio in cui le differenze convivono #finsubito prestito immediato


«Offrire per la prima volta una panoramica oggettiva e lontana dagli stereotipi sullo stato di salute di una realtà sociale complessa e variegata che, di fatto, è un laboratorio interculturale e interreligioso dell’Italia di oggi». È questo lo scopo del report “Io festeggio due volte. Le coppie e le famiglie miste in Italia, tra legami, discriminazioni, risorse”, realizzato a cura dell’Associazione italiana per le famiglie e coppie miste – Aifcom e del Centro studi confronti – Csc, finanziato anche col contributo dell’Otto per mille della Chiesa Valdese, che verrà presentato a Roma il prossimo 6 dicembre nella sede del Cnr a Roma. La ricerca – durata tre anni – ha coinvolto 424 persone, di cui 157 coppie e 110 partner singoli, interpellate attraverso un questionario. Sono stati condotti anche nove focus group in sette città italiane – Torino, Milano, Trento, Bologna, Roma, Palermo, Catania –, che hanno visto al partecipazione di 25 coppie di età compresa tra i 30 e i 65 anni, 19 delle quali sposate e 18 con figli. I Paesi di provenienza dei e delle partner non nati in Italia erano Albania, Austria, Brasile, Camerun, Capo Verde, Congo, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Filippine, Francia, Gambia, Ghana, Gibuti, Marocco, Nigeria, Perù, Senegal, Sierra Leone, Tanzania, Usa.

«Le coppie miste sono una realtà stabile, presente da molti anni in Italia», afferma Alberto Mascena, psicologo sociale e clinico e supervisore scientifico del progetto, «però invisibile negli studi e nell’agenda politica che si occupa di famiglia e di quella che si occupa di immigrazione». Dalla ricerca, sono emersi dati interessanti, che fanno riflettere. «Il primo elemento è che le famiglie miste subiscono fenomeni di razzismo e di discriminazione sociale, che hanno delle caratteristiche particolari», continua Mascena. «Si tratta di una forma di razzismo che colpisce anche la parte di origine italiana, che sente sulla propria pelle la discriminazione che di solito è rivolta solo alle persone migranti». Anche se la percentuale più alta di episodi, infatti, è diretta al partner straniero (il 71% dei partecipanti), il 43% dei non stranieri ne ha subiti qualche volta o spesso. A essere colpiti, anche i figli.

«Gli episodi che riguardano me sono soprattutto situazioni in cui vengo insultata perché ho scelto un marito nero, o commenti a sfondo sessuale. Gli episodi che riguardano mio marito sono insulti legati al colore della sua pelle o per la sua provenienza. Oppure discriminazione e trattamenti diversificati perché nero, perché non italiano. Per quanto riguarda mio figlio più grande ci sono stati alcuni episodi, in cui è stato insultato dai coetanei o escluso dai giochi per il colore della sua pelle», ha risposto, per esempio, una delle partecipanti alla ricerca.

«Mia figlia in asilo ha smesso di parlare albanese perché gli dicevano che non si capisce niente. Le maestre non l’hanno aiutata molto in questo», ha scritto un altro.

«Il pregiudizio è la norma. La cosa sorprendente è incontrare persone senza pregiudizio», ha commentato un altro ancora.

Secondo le risposte date al questionario, le discriminazioni avvengono in tre ambienti principali: quello lavorativo, quello scolastico e i luoghi pubblici in generale. «Bisogna tenere presente che questa situazione ha un effetto a cascata sulla tenuta della relazione di coppia», chiosa lo psicologo, «che subisce razzismo anche dalle famiglie d’origine e nei luoghi di lavoro».

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Per quanto riguarda le differenze culturali e religiose, Aifcom ha una visione originale: i problemi non sono dovuti alle differenze culturali e religiose tout court, ma al fatto che queste sono rese salienti dai processi relazionali e dal contesto sociale di riferimento. «Le differenze che alcune coppie sono importanti per altre non lo sono affatto», spiega Mascena, «e cambiano anche nel corso del tempo. Diversità che prima non erano presenti emergono quando vengono fatti dei figli». In una coppia cristiano-musulmana, per esempio, se prima la religione era una cosa privata, con l’arrivo dei bambini deve diventare per forza una questione condivisa: si deve decidere come educarli, se dal punto di vista di un credo o dell’altro, interconnettendoli entrambi o in modo laico. Ogni famiglia trova il modo di comporre le differenze al suo interno, attraverso una miriade di possibili arrangiamenti.

Un altro limite importante che devono affrontare le famiglie miste è legato alle difficoltà burocratiche: sposarsi in maniera religiosa, per esempio, può essere un problema. Ma anche altre pratiche possono essere complesse da sbrigare, dal riconoscimento del titolo di studio, al permesso di soggiorno, alla ricerca di un alloggio. A stare meglio, tuttavia, sono le coppie in cui lui è italiano e lei è straniera. In generale, la soddisfazione sociale (amici, rapporto famiglia d’origine, contesto lavorativo, amici del partner, scuola, datore di lavoro, vicinato, comunità religiosa di appartenenza, famiglia d’origine del partner) delle donne di nazionalità italiana nella ricerca si è rivelata significativamente più bassa rispetto a quella espressa dalle donne di origine straniera. Al contrario, gli uomini italiani hanno manifestato maggiore soddisfazione sociale rispetto agli uomini stranieri. Questo – secondo l’esperto – è dovuto probabilmente al fatto che tendenzialmente i maschi originari dello Stivale ricoprono posizioni lavorative migliori e hanno generalmente maggiori vantaggi rispetto alla controparte donna italiana.

Il report analizza anche gli aspetti positivi. Per descriverli, la parola più utilizzata da chi ha risposto ai questionari è stata “amore”, declinata in termini di comprensione, rispetto reciproco, sostegno, fiducia, supporto e tolleranza. Le differenze sono spesso viste come una marcia in più per la relazione e la famiglia in generale. Una partecipante, per esempio, ha risposto «Mi ha permesso e continua permettermi di avere un punto di vista differente sul mio Paese sotto diversi aspetti, positivi o meno. In generale che si può vivere anche in modi differenti da quelli in cui sono cresciuta. […] Un altro aspetto? Aver appreso un’altra lingua che è ormai di uso quotidiano. La sua calma Latina agisce su di me come un balsamo sulle nevrosi milanesi». Un’altra, invece, ha scritto «Mi piace pensare di essere più aperta e di poter trasmettere ai nostri figli maggiore apertura verso le diversità. In generale grazie ad alcune (non grandissime) differenze culturali che affrontiamo nella vita di coppia e di famiglia».

«Un ultimo punto importante è costituito dalla religione», conclude Mascena. «Almeno il 45% del nostro campione si dichiara religioso. Di questo, il 90% dice di festeggiare insieme le ricorrenze. La fede nelle famiglie incontrate non è una difficoltà, ma anzi viene rappresentata più come una risorsa. Lo studio testimonia che le nostre famiglie riescono a far convivere le differenze. Per noi questi nuclei sono un micro-laboratorio dove si stanno sperimentando in modo concreto ed empirico i diversi atteggiamenti con cui possiamo mettere insieme le differenze, una delle sfide più critiche della nostra società globale».

Foto in apertura da Unsplash

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