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Energia nucleare: un equilibrio tra rischi e benefici #finsubito prestito immediato


di Angelica La Rosa

RIFLESSIONI SU UNA FONTE DI ENERGIA QUANTO MAI NECESSARIA

L’energia nucleare è da tempo al centro di dibattiti intensi e polarizzati. Mentre alcuni la considerano una risorsa fondamentale per garantire la sicurezza energetica globale e ottenere un’energia pulita, altri continuano a esprimere preoccupazioni circa i rischi che essa comporta. La sicurezza dell’energia nucleare, quindi, non è solo un tema tecnico, ma anche un argomento di rilevante importanza politica, sociale e culturale.

Negli ultimi decenni, il mondo ha assistito a un’evoluzione delle tecnologie nucleari, ma anche a eventi tragici, come il disastro di Chernobyl nel 1986 e quello più recente di Fukushima nel 2011, che hanno lasciato segni indelebili nella memoria collettiva.

Oggi, l’energia nucleare sta vivendo una nuova fase. Con la crescente attenzione alla decarbonizzazione e alla transizione energetica, essa sta ricevendo un nuovo interesse, anche da parte di Paesi che non avevano mai fatto largo uso di questa fonte di energia. Tuttavia, la sicurezza nucleare resta uno degli ostacoli principali per una sua adozione globale su larga scala.

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La sicurezza nucleare riguarda principalmente due aspetti: la protezione contro i rischi di incidenti gravi e il trattamento e la gestione dei rifiuti radioattivi.

Gli incidenti nucleari, sebbene rari, possono avere conseguenze devastanti, non solo per le persone direttamente coinvolte, ma anche per l’ambiente e per la fiducia del pubblico nelle tecnologie nucleari.

Dopo i disastri di Chernobyl e Fukushima, la comunità internazionale ha fatto significativi passi avanti nella regolamentazione e nelle pratiche di sicurezza. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), ad esempio, ha implementato una serie di linee guida e normative per migliorare la sicurezza degli impianti nucleari. Le nuove tecnologie nucleari, come i reattori modulari avanzati (SMR), sono progettate per essere più sicure e più efficienti, con misure integrate per prevenire incidenti catastrofici.

Gli incidenti che hanno scosso il mondo, purtroppo, sono stati seguiti (in Italia ne sappiamo qualcosa) da un periodo di disinformazione e paura, che ha alimentato dubbi su qualsiasi forma di energia nucleare. Tuttavia, con il passare del tempo, la comunità scientifica ha elaborato una risposta chiara e determinata, basata sulla costruzione di reattori sempre più sicuri, sulla continua formazione del personale e su pratiche di monitoraggio rigorose (le valutazioni di sicurezza post-Fukushima hanno portato a una revisione globale delle norme di sicurezza e della progettazione degli impianti nucleari).

In Europa, l’agenzia Euratom ha rafforzato le normative, con focus sulla protezione contro eventi estremi, come terremoti e inondazioni, che potrebbero danneggiare le centrali. È stato inoltre introdotto il concetto di “resilienza agli eventi imprevisti”, ossia la capacità di un impianto di gestire situazioni di emergenza anche in circostanze che esulano da qualsiasi previsione. Oltre a ciò, l’adozione di sistemi di sicurezza passiva, come i sistemi di raffreddamento che non dipendono da fonti di energia esterne o da pompe meccaniche, è diventata una priorità.

In Giappone, i reattori nucleari sono stati sottoposti a una revisione approfondita. Molti impianti sono stati fermati e successivamente aggiornati per garantire che potessero resistere a eventi di portata eccezionale. Le valutazioni di sicurezza effettuate hanno portato a un miglioramento complessivo delle strutture di contenimento e all’introduzione di protocolli operativi più rigorosi.

Nel contempo, la tecnologia dei reattori nucleari si è evoluta. I nuovi reattori di terza e quarta generazione, come il reattore EPR (European Pressurized Reactor) e il reattore AP1000, sono progettati per essere intrinsecamente sicuri, riducendo al minimo i rischi di incidenti grazie a sistemi di sicurezza passivi e a un miglior controllo dei processi.

Un altro aspetto fondamentale della sicurezza nucleare riguarda la gestione dei rifiuti radioattivi. Nonostante gli sforzi per migliorare le tecnologie e ridurre la quantità di rifiuti generati, la gestione dei materiali radioattivi rimane una delle sfide più complesse. Questi rifiuti, che possono restare pericolosi per migliaia di anni, devono essere trattati, stoccati e isolati in modo sicuro per evitare contaminazioni ambientali e rischi per la salute umana.

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Alcuni Paesi, come la Finlandia, hanno fatto progressi significativi nello sviluppo di soluzioni a lungo termine per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. La Finlandia, infatti, è il primo Paese al mondo ad aver completato un deposito geologico di rifiuti nucleari a lungo termine, chiamato “Onkalo”, che è progettato per immagazzinare i rifiuti per almeno 100.000 anni. Questo sistema utilizza il sottosuolo stabile, lontano dalle aree densamente popolate, per garantire che i materiali pericolosi non possano contaminare le risorse idriche o causare danni ecologici.

Altri Paesi stanno sviluppando approcci simili, ma la questione resta spinosa. Nonostante gli sforzi di ricerca, il consenso internazionale sulla migliore soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti rimane lontano, e la realizzazione di depositi geologici rimane una questione delicata dal punto di vista politico e sociale. In molte aree, infatti, si trovano resistenze locali, in parte dovute alla paura di contaminazioni o di disastri imprevisti.

Guardando al futuro, le sfide della sicurezza nucleare potrebbero essere affrontate con l’introduzione di nuove tecnologie che promettono di rendere l’energia nucleare più sicura e più efficiente. In particolare, i reattori di nuova generazione e i reattori modulari avanzati (SMR) potrebbero ridurre significativamente i rischi legati agli incidenti nucleari. Questi reattori, più compatti e costruiti con tecniche moderne, sono progettati per essere più sicuri, grazie alla loro capacità di auto-regolarsi in caso di malfunzionamenti e alla riduzione delle operazioni manuali. Inoltre, lo sviluppo di reattori a fusione nucleare, sebbene ancora lontano dalla realizzazione commerciale, potrebbe risolvere molte delle problematiche legate alla sicurezza nucleare. A differenza della fissione nucleare, che crea rifiuti radioattivi e può portare a reazioni incontrollate, la fusione nucleare promette di produrre energia in modo molto più sicuro, senza generare scorie pericolose.

Per quanto riguarda la nostra Italia, l’energia nucleare ha avuto un percorso complesso, con fasi di sviluppo, interruzione e, recentemente, di dibattito riguardo a una sua possibile ripresa. Nonostante le grandi potenzialità di questa fonte di energia, l’Italia ha scelto, in un periodo storico che ormai è veramente lontano, di abbandonare il nucleare, un processo che ha influenzato le politiche energetiche e l’opinione pubblica. Oggi, mentre il mondo occidentale affronta una crescita spaventosa del conosco dell’energia elettrica e del gas, dovuto alle sciagurate sanzioni economiche inflitte alla Federazione Russa, l’energia nucleare è tornata al centro delle discussioni, con alcuni che ne chiedono un ritorno e altri che ne continuano a contestare i rischi.

Storicamente l’Italia è stata tra i primi Paesi a sperimentare l’energia nucleare a scopi civili. Negli anni ’50, seguendo le orme di altri Paesi sviluppati, la nostra penisola avviò il suo programma nucleare. Nel 1964 fu inaugurato il primo reattore nucleare italiano, il reattore di ricerca a piscina di Casaccia, seguito dal primo reattore di produzione di energia elettrica, il reattore “Centrale Nucleare di Latina”, che entrò in funzione nel 1965. Successivamente, vennero costruiti altri impianti, tra cui quelli di Garigliano e Trino Vercellese.

Negli anni ’70 e ’80, l’industria nucleare italiana sembrava destinata a crescere in modo significativo, con piani di costruzione di nuove centrali e ambiziosi progetti di sviluppo. Tuttavia, il contesto politico e sociale cambiò rapidamente. La crescita della protesta contro il nucleare, soprattutto dopo l’incidente di Three Mile Island (1979) negli Stati Uniti e, successivamente, il disastro di Chernobyl (1986) in Unione Sovietica, creò un forte movimento anti-nucleare anche in Italia. La paura di un potenziale disastro nucleare, unita alla crescente consapevolezza sui rischi ambientali e sanitari, portò a un ampio dissenso pubblico.

Nel 1987, dopo il disastro di Chernobyl, in Italia fu organizzato un referendum popolare che segnò un punto di svolta nella politica energetica del Paese. Il referendum, che chiese agli italiani di esprimersi sul futuro delle centrali nucleari, vide una vittoria schiacciante dei “no”, con circa il 65% degli elettori che si espressero contro l’uso dell’energia nucleare. Questo voto popolare portò alla chiusura definitiva delle centrali nucleari italiane, con il governo che decise di abbandonare definitivamente il nucleare a scopi civili.

In seguito alla chiusura delle centrali, l’Italia avviò una fase di smantellamento degli impianti nucleari, che si è protratta per decenni e che ha comportato enormi costi economici. Inoltre, il paese si trovò ad affrontare una crescente dipendenza dalle fonti di energia fossile, come il gas e il petrolio, nonché da importazioni energetiche, che limitarono la capacità di autossufficienza energetica.

Negli ultimi anni, tuttavia, soprattutto dopo la nascita del governo guidato dalla premier Giorgia Meloni, l’interesse per l’energia nucleare è tornato a crescere. Le nuove tecnologie, come i reattori di quarta generazione e i reattori modulari avanzati (SMR), promettono di essere più sicure, più efficienti e di produrre meno rifiuti radioattivi, risolvendo almeno in parte i problemi che avevano portato all’abbandono del nucleare in Italia. Inoltre, il contesto geopolitico è cambiato radicalmente. La crisi energetica dovuta all’aumento dei prezzi del gas e alle problematiche di approvvigionamento legate alla guerra tra Russia e Ucraina ha reso evidente l’importanza di avere fonti di energia domestiche e stabili. Il nucleare, con la sua capacità di produrre energia in modo continuo e affidabile, potrebbe essere visto come un’opzione strategica per ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia e per garantire la sicurezza energetica del paese.

Nonostante l’aumento dell’interesse, il dibattito sull’energia nucleare in Italia rimane, purtroppo, fortemente divisivo. I partiti politici italiani sono spaccati su questo tema, con alcuni che sono favorevoli a un ritorno al nucleare e altri, quelli di Sinistra, che continuano a opporsi fermamente (e ideologicamente).

Da un lato, i sostenitori del nucleare sottolineano che la tecnologia è molto cambiata e che le nuove centrali sono molto più sicure rispetto al passato. Alcuni partiti, tra cui la Lega e Forza Italia, hanno più volte espresso il desiderio di reintrodurre l’energia nucleare come parte della strategia per una transizione energetica sostenibile, evidenziando anche il fatto che, con le attuali politiche di de-carbonizzazione e l’impegno dell’Italia verso gli obiettivi climatici dell’Unione Europea, il nucleare potrebbe diventare una componente chiave nel mix energetico nazionale.

Dall’altro lato, il movimento ecologista e i sinistrorsi si oppongono fermamente al nucleare, richiamando le esperienze passate, come il disastro di Chernobyl e Fukushima, e i rischi associati alla gestione dei rifiuti radioattivi. Per questi signori, purtroppo, la percezione del nucleare rimane ancora legata ai timori di incidenti, ma dimenticano che abbiamo molte centrali nucleari francesi a due passi dal confine.

Guardando al futuro, l’Italia si trova di fronte a una scelta cruciale: continuare a rimanere senza nucleare e puntare tutto sulle rinnovabili. A noi la prima ipotesi sembra la più percorribile.



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