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L’Istat dimezza il Pil dell’Italia: quest’anno si ferma a +0,5% #finsubito prestito immediato


Siamo alle comiche. L’Ocse il giorno prima e l’Istat ieri hanno certificato che per quest’anno, e anche per il prossimo, il duo Meloni-Giorgetti ci ha condannati a una crescita dello zero virgola.

Le previsioni sulla crescita dell’economia italiana rese note dall’Istituto nazionale di statistica sono decisamente inferiori rispetto alle analoghe prospettive di giugno scorso. In particolare, l’aumento del Pil del 2024 risulta dimezzato.

La previsione della crescita del Pil per il 2024 è stata rivista al ribasso di -0,5 punti percentuali (dal +1% al +0,5%) e, per il 2025, di -0,3 punti percentuali (da 1,1% a 0,8%).

Numeri che fanno scivolare l’Italia dietro la media Ue, dietro la media dell’Eurozona e dietro tutti i principali partner, smontando definitivamente la narrazione meloniana di un Paese che cresce più degli altri.

Giorgetti si nasconde dietro l’Europa

Ebbene per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, le cause vanno ricercate in Europa.

I dati di aggiornamento sul Pil, dice, “non sono, purtroppo, una sorpresa. Scontiamo i problemi molto seri dell’industria che continua a registrare, da un anno e mezzo, una crescita negativa. Tuttavia il settore industriale è in crisi non solo in Italia ma anche in Europa”, affermano fonti del Mef.

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“Il governo sta facendo i suoi compiti a casa per far crescere il settore ma serve, in tempi stretti, una strategia complessiva a livello europeo per il rilancio industriale”, aggiungono dal ministero dell’Economia.

Tasso di crescita degli investimenti a zero nel 2025, pesa l’addio ai bonus edilizi

Ma quello che risulta dall’analisi Istat è che se i consumi tengono, gli investimenti no. E pesa su questo fronte l’addio ai tanto vituperati e bistrattati bonus edilizi.

Secondo le stime dell’Istituto, quest’anno il Pil registrerebbe una crescita (+0,5%) trainata esclusivamente dalla domanda estera netta (con un contributo di 0,7 punti percentuali), grazie alla contrazione delle importazioni (-2,1%), a fronte di una stagnazione dell’export (-0,1%).

La domanda interna, pur beneficiando della tenuta dei consumi delle famiglie (+0,6%) sarebbe penalizzata dal decumulo delle scorte di magazzino (che contribuirebbero negativamente alla crescita del prodotto per 0,7 punti).

Nel 2025 si determinerebbe una lieve accelerazione della dinamica di crescita dell’economia italiana (+0,8%), sostenuta quasi interamente dal contributo della domanda interna, a fronte di un contributo nullo della domanda estera netta e delle scorte.

Per i consumi si prevede un recupero a +1,1%, grazie a una ulteriore crescita dell’occupazione e del sostegno ai redditi reali da lavoro derivanti dai rinnovi contrattuali e dal recupero del potere di acquisto, a fronte di attese di stabilizzazione dell’inflazione.

Anche i consumi della Pubblica Amministrazione sono attesi in crescita (+0,5%) pur se in rallentamento rispetto all’anno precedente (+1,9%), con un’ulteriore accelerazione prevista per il 2025 (+0,6%).

Gli investimenti fissi lordi risultano invece in debole crescita quest’anno, con una netta frenata rispetto al 2023 (+0,4% da +8,7%), a causa del venire meno degli incentivi fiscali all’edilizia, a partire dal Superbonus.

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L’Istat stima che l’effetto della fine degli stimoli fiscali sia ancora più ampio nel 2025 quando, nonostante la spinta positiva derivante dall’attuazione delle misure previste dal Pnrr e dalla riduzione dei tassi di interesse, il tasso di crescita degli investimenti risulterebbe pari a zero.

La denuncia di Confesercenti: i redditi degli italiani agli ultimi posti in Europa

“Nonostante la conferma del taglio del cuneo fiscale in manovra, del Bonus Natale 100 euro, dell’impatto dei rinnovi contrattuali e del miglioramento dell’occupazione, il reddito medio degli italiani dal Covid in poi si è decisamente distanziato da quello dei principali paesi della zona euro. Secondo l’ultimo ‘Quadro di valutazione sociale’ di Eurostat, infatti, il reddito disponibile delle famiglie in Ue ha un indice che passa da 107,8 del 2019 a 111,1 nel 2023, con una crescita di 3 punti percentuali. Lo stesso reddito per il nostro Paese cresce solo di 1,8 punti percentuali, passando da 92,3 a 94 punti”, spiega Confesercenti.



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