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Iva, così il Superbonus abbatte l’evasione #finsubito prestito immediato


Il Superbonus ha dato una mazzata agli evasori dell’Iva, segnando un crollo storico nel 2021 e 2022 del gettito perso. Ma si stima che nel 2023 l’evasione dell’Iva torni ad aumentare al 14.7% (rispetto ai 10.6% del 2022 e il 10.9% del 2023). Tra il 2021 e il 2022, infatti, si è dimezzata la potenziale perdita del gettito Iva, il cosiddetto Gap dell’Iva, una riduzione attribuita non solo alla fatturazione elettronica e agli effetti della crisi legata al Covid ma anche ai bonus fiscali legati all’edilizia che hanno dato una vera e propria mazzata all’evasione sull’Imposta sul valore aggiunto. In particolare, il Superbonus 110% ha stimolato la compliance fiscale, obbligando molti contribuenti a regolarizzare la propria posizione per accedere ai benefici. È quanto emerge dal report annuale della Commissione europea sul Gap dell’Iva, pubblicato mercoledì 18 dicembre.

“L’aumento improvviso della compliance Iva nel 2021 e nel 2022 – scrive Bruxelles nel suo report – coincide con l’introduzione del Superbonus 110%, un meccanismo di detrazione fiscale che consente una deduzione del 110% delle spese sostenute per migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni, ridurre il rischio sismico e realizzare interventi aggiuntivi non specificamente legati all’efficienza energetica, come l’installazione di impianti fotovoltaici o punti di ricarica per veicoli elettrici”. Il quadro che emerge è ben chiaro: gli incentivi fiscali hanno promosso la regolarizzazione delle transazioni che, in sua assenza, sarebbero rimaste nel sommerso, contribuendo così a una significativa riduzione dell’evasione sull’Imposta sul valore aggiunto.

La riduzione del gap Iva durante la pandemia

La riduzione del gap Iva raggiunta dall’Italia (cioè la perdite di gettito dovute principalmente a causa di frodi, evasione, elusione, fallimenti non fraudolenti e calcoli errati) non è un abbaglio, ma il record del periodo Covid comunque non tornerà. Nonostante l’aumento in valore assoluto del potenziale gettito perso nel 2022, che ha raggiunto i 16,35 miliardi (contro i 14,6 miliardi del 2021), la percentuale di perdita sul gettito teorico è diminuita al 10,55%, segnando un lieve miglioramento rispetto al 10,8% del 2021. Il 2021, fortemente influenzato dalla pandemia, è stato un anno di svolta: il gap Iva si è ridotto a 14,6 miliardi (10,8% del gettito teorico totale), quasi dimezzandosi rispetto ai 26 miliardi del 2020 (20,8%) e ai 30,1 miliardi del 2019 (21,3%), anno pre-pandemia. Secondo la Commissione europea, nel 2023 è previsto un aumento del divario di compliance Iva, “che però rimarrà significativamente al di sotto dei valori osservati prima del 2021”.

Il policy gap e l’efficienza del sistema fiscale

Altro dato misurato dal report della commissione è il policy gap dell’Iva, che misura l’impatto delle politiche fiscali, come esenzioni e aliquote ridotte, sulla riduzione del gettito potenziale. Tra il 2021 e il 2022, il policy gap è leggermente diminuito, passando dal 56,1% al 55,3%. Tuttavia, l’efficienza con cui l’Iva viene raccolta rimane limitata, proprio a causa dell’ampio utilizzo di queste politiche che, pur avendo obiettivi redistributivi, riducono il potenziale di entrate. Secondo il report, se si eliminassero tutte le esenzioni e riduzioni, applicando un’unica aliquota standard compresa tra il 14% e il 15%, l’Italia potrebbe ottenere lo stesso livello di gettito attuale, semplificando notevolmente il sistema fiscale. Tuttavia, un approccio simile potrebbe far aumentare i costi di beni essenziali, con possibili conseguenze sociali.

Confronto europeo: l’Italia e il divario di conformità Iva

Nel 2022, il gap dell’Iva nell’UE è stato stimato in 89,3 miliardi di euro, corrispondenti al 7% del gettito teorico, un miglioramento significativo rispetto ai 134 miliardi di euro registrati nel 2019. Tuttavia, l’Italia rimane il Paese con il valore assoluto più elevato, con perdite stimate di 16,35 miliardi di euro, seguita dalla Francia (12,8 miliardi) e dalla Germania (12,9 miliardi).Tuttavia, in termini percentuali, il gap italiano è inferiore a quello di altri Paesi come Romania, Malta e Grecia, che mostrano le percentuali più alte. La Romania registra il record con un gap Iva del 30,59%, seguita da Malta (25,89%) e Grecia (13,71%).Questi dati si inseriscono nel contesto del quarto anno di utilizzo della fatturazione elettronica in Italia. L’obbligo generalizzato di e-fattura, introdotto il 1° gennaio 2019, aveva già contribuito a una riduzione del gettito perso, sceso a 30,1 miliardi nel 2019 rispetto ai 32,4 miliardi del 2018.

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