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Nel 2025 il sistema previdenziale italiano subirà alcune modifiche significative, ma i capisaldi restano invariati. Dal mantenimento della Legge Fornero alle nuove regole per il pubblico impiego, ecco un’analisi dettagliata delle novità introdotte dalla legge di bilancio.

I canali tradizionali: vecchiaia e anticipata

I criteri standard restano quelli stabiliti nel 2012. Si va in pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, mentre l’accesso anticipato richiede 42 anni e 10 mesi di versamenti (41 anni e 10 mesi per le donne), indipendentemente dall’età.

Quota 103

Prorogata per tutto il 2025, Quota 103 consente l’uscita a 62 anni con 41 anni di contributi, ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno e un tetto massimo pari a quattro volte il minimo (2.466 euro) fino ai 67 anni. Dopo questa soglia, l’importo torna pieno. Le finestre di uscita restano di 9 mesi per i dipendenti pubblici e 7 per quelli privati. Il governo prevede 6.000 uscite attraverso questo canale.

Bonus Maroni

Chi soddisfa i requisiti di Quota 103 ma sceglie di continuare a lavorare può usufruire del Bonus Maroni, che permette di trattenere in busta paga la quota di contributi previdenziali del lavoratore. Per il 2025, il bonus diventa esentasse e si estende a chi ha i requisiti per la pensione anticipata. Gli aumenti mensili variano tra il 9,19% per i privati e l’8,80% per i pubblici. Si stimano 7.000 beneficiari.

Opzione donna

Anche nel 2025 viene confermata Opzione donna, ma con i consueti vincoli: 61 anni e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2024. Sono previste riduzioni per le madri: 60 anni con un figlio, 59 con due o più figli. Restano limitate le categorie ammesse, tra cui caregiver, donne con invalidità pari almeno al 74% e licenziate da aziende in crisi. L’assegno è interamente calcolato con il metodo contributivo. Le uscite previste sono 2.600.

Ape sociale

Prorogato l’assegno ponte destinato a categorie vulnerabili (disoccupati, caregiver, invalidi, lavoratori precoci). Si può accedere a 63 anni e 5 mesi con contributi variabili tra 30 e 36 anni. L’importo massimo è di 1.500 euro lordi al mese e cumulabile con redditi da lavoro fino a 5.000 euro annui. Le finestre rimangono tre: marzo, luglio e novembre. Si stimano 18.000 beneficiari nel 2025.

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Cumulo e pensioni contributive

Per i lavoratori assunti dopo il 1996, si introduce il cumulo tra pensione pubblica e fondi complementari per raggiungere i valori soglia necessari. L’accesso alla vecchiaia a 67 anni richiede un assegno pari almeno al valore dell’assegno sociale (538,7 euro). Per la pensione anticipata a 64 anni, il valore soglia è di tre volte l’assegno sociale (1.616 euro), con almeno 25 anni di contributi. Dal 2030 serviranno 30 anni di contributi e un valore soglia di 3,2 volte l’assegno sociale (1.723,8 euro).



Giovani e contributi aggiuntivi


Dal 2025, i neoassunti potranno versare volontariamente fino al 2% in più di contributi, beneficiando di una deduzione del 50% ai fini IRPEF. Questo importo non sarà conteggiato per il raggiungimento dei valori soglia, ma contribuirà a migliorare l’importo della pensione futura.



Pensioni minime


Gli assegni minimi aumenteranno di soli 1,8 euro al mese, raggiungendo 616,57 euro. Sono previste ulteriori maggiorazioni del 2,2% nel 2025 e dell’1,3% nel 2026.

Rivalutazione all’inflazione

Dal 2025 torna l’indicizzazione a scaglioni:

100% per assegni fino a 4 volte il minimo (0,8%),

90% tra 4 e 5 volte il minimo (0,72%),

75% oltre 5 volte il minimo (0,6%).



Nuove regole per i dipendenti pubblici


L’età pensionabile per il pubblico impiego viene uniformata a 67 anni, con l’abolizione del limite ordinamentale a 65 anni. Le amministrazioni potranno trattenere i lavoratori fino a 70 anni per esigenze di tutoraggio o organizzative. Sono esclusi magistrati, avvocati e procuratori dello Stato. Con queste modifiche, il governo punta a un sistema previdenziale più sostenibile ma, per molti, anche più restrittivo.

(Nella foto il Presidente dell’Inps Gabriele Fava)

 

 



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