Che il 2024 si candidasse a essere un anno epico per lo sport azzurro, lo si era capito quasi subito. Non era ancora finito gennaio, e già Jannik Sinner conquistava il suo primo slam, gli Australian Open, rimontando due set a Medvedev dopo aver eliminato Djokovic in semifinale con l’Italia attaccata alla tv ad accarezzare il sogno di un campione assoluto “home made” per cui tifare.
Se fosse rimasto qualche dubbio, appena tre giorni più tardi, il 1° febbraio, arrivava una conferma dei pronostici positivi dell’anno, capace di convincere anche i più scettici: annunciato il suo divorzio dalla Mercedes al termine della stagione, nel giro di poche ore, Lewis Hamilton ufficializzava il suo passaggio alla Ferrari in quella successiva.
Non uno, ma due campioni assoluti: bingo. Se per tifare per Hamilton l’attesa, però, non è ancora finita (secondo la stampa spagnola, il primo test è previsto per fine gennaio 2025 mentre l’esordio ufficiale è a marzo in Australia), l’esplosione pirotecnica di Sinner è stata il segno di tutto il 2024. Un fenomeno andato al di là di ogni aspettativa.
Best of 2024 – Sinner, Paolini & Co: l’anno del tennis
L’ascesa strepitosa di Jannik è fatta di tappe e la seconda porta la data del 10 giugno: il giorno in cui raggiunge la vetta del ranking mondiale. Ma da montanaro quale è sa che la vetta si raggiunge in cordata, e infatti il 2024 passerà alla storia non soltanto come l’anno indimenticabile del tennis italiano. Quello di Sinner, certo, che chiude con due tornei del Grande Slam, tre Masters 1000, le ATP Finals e la Coppa Davis in una sola stagione.
Ma anche di Jasmine Paolini, passata dal trentesimo al quarto posto del ranking con due finali di Slam (Roland Garros e Wimbledon), lo storico oro olimpico in doppio con Sara Errani e la Billie Jean Cup, la Coppa Davis femminile. E pure di Lorenzo Musetti che ha riportato in Italia una medaglia olimpica nel tennis, un bronzo, cento anni dopo l’unico precedente.
Best of 2024 – Velasco e le ragazze della pallavolo
Il 2024 però non esaurisce nel tennis l’elenco delle imprese epiche. L’anno di Sinner è anche l’anno di Julio Velasco e delle azzurre del volley, partite fuori dai giochi (olimpici) e arrivate in team sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi di Parigi, battendo 3-0 gli Stati Uniti trascinate da Paola Egonu e, appunto, dal ct Julio Velasco. Una delle coppie sportive più attese e meno scontate di Parigi 2024, la giocatrice più forte e l’allenatore del mito che finalmente si aggiudica un oro dopo l’argento con i ragazzi ai Giochi di Atlanta 1996. Resterà negli annali.
Best of 2024 – I ragazzi del nuoto
A restare negli annali saranno anche gli ori olimpici di Tete Martinenghi nei 100 metri rana e Thomas Ceccon nei 100 dorso. Due medaglie grandiose perché attese, possibili ma non scontate, che dicono molto del periodo di grazia del nuoto italiano e proiettano verso il futuro. Accanto a questi, di altro colore ma altrettanto pesanti, l’argento nei 1500 stile libero e il bronzo negli 800 di Gregorio Paltrinieri, unico nuotatore italiano sul podio in tre edizioni dei giochi.
Best of 2024 – L’anno dei fenomeni: Tadej Pogacar
La lista dei campioni assoluti del 2024 non può prescindere da Tadej Pogacar, il fenomeno sloveno del ciclismo, il nuovo cannibale. Per dodici mesi, ha azzerato le ambizioni degli avversari aggiudicandosi Giro d’Italia, Tour de France e Mondiale. E poi la Liegi-Bastogne-Liegi, le Strade Bianche e Giro di Lombardia e lasciando al conto dei record solo le medaglie olimpiche. In 58 giorni di gara, ha vinto 25 volte.
Ma a fare la storia oltre ai numeri, c’è il modo in cui quelle vittorie sono arrivate: tagliando il traguardo da solo, tranne in due sole occasioni. Se si somma il tempo totale dei margini delle sue vittorie, si arriva a un totale di 41 minuti. Per sapere se il nuovo cannibale è il più forte di sempre, serve tempo: il 2025, intanto, darà delle risposte. Di certo uno spettacolo da godere (e da segnare nel prossimo calendario).
Best of 2024 – L’anno dei ritorni
Il 2024 è stato anche un anno di sorprese, storie che sembravano chiuse e che invece si sono riaperte, con ritorni sulla scena degni di certi sequel delle saghe di Hollywood: quelli di Mike Tyson sul ring e di Lindsey Vonn sulle discese di Coppa del Mondo, non a caso protagonisti per una vita di kolossal sportivi a stelle e strisce.
Il primo ritorno, quello di Tyson, a 58 anni, 40 dopo il suo debutto e 19 dopo il ritiro, in un incontro sponsorizzato da Netflix contro il pugile e youtuber Jake Paul, si è chiuso con una sconfitta ai punti e uno spettacolo non certo all’altezza del film originale. Ma, si sa, i sequel non sempre funzionano, se non al botteghino, e Mike ha già dichiarato che non ce ne sarà un altro.
Quello di Lindsey invece, dopo sei anni di lontananza dalle gare, è iniziato con un quattordicesimo posto in SuperG a St. Moritz e un tempo più che degno. Ai molti che non trovano una ragione valida per una scelta del genere, a 40 anni e con tutti i rischi del caso, lei ha risposto così: «Chiamatemi ingenua, ma io credo nell’impossibile. Perché è impossibile solo finché qualcuno non lo fa». Se puoi sognarlo, puoi farlo, diceva Walt Disney: nei prossimi tre mesi, capiremo se, alla fine, resterà soltanto un sogno.
Best of 2024 – Cadute e rinascite da ricordare
Tra le che non dimenticheremo di questo 2024 ci sono anche le cadute, soprattutto due. La prima, se caduta si può chiamare, è quella di Gimbo Tamberi a Parigi 2024. Arrivato ai Giochi da campione olimpico in carica, forte di un oro europeo appena conquistato a Roma, puntava a un’impresa mai riuscita nel salto in alto: due ori olimpici consecutivi. A fermarlo, non è stata l’altezza dell’asticella ma una colica renale.
Come sarebbe andata senza quel guaio, non lo sapremo mai: resta la delusione e l’orgoglio di averlo visto gareggiare e provarci fino in fondo. La delusione lui sembra non averla ancora smaltita: a Belve ha detto che, se potesse tornare indietro, invece di saltare giocherebbe a basket. Magari sarà una nuova storia da raccontare.
E poi c’è la caduta di Sofia Goggia in allenamento il 5 febbraio, la tibia rotta, le difficoltà dopo l’intervento e la paura di dover mettere la parola fine a una carriera strepitosa. Ma alle rinascite di Sofia non si smette mai di sperare e anche questa a ragione: 318 giorni dopo l’infortunio, il 15 febbraio a Beaver Creek, in Colorado, è tornata in gara. Il suo secondo posto in discesa libera e il primo, il giorno dopo, in SuperG, sono un’impresa quasi impossibile. Di certo il modo più bello di chiudere un anno di sport semplicemente strepitoso.
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