Nuova Diga del porto di Genova, il Ministero: “Niente Valutazione d’impatto. Ora la gara per la Fase 2”

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La variante della Diga foranea non dovrà passare l’esame della Valutazione d’impatto ambientale (Via). Così ha deciso martedì la Commissione tecnica di Via del ministero dell’Ambiente, dopo un esame della documentazione iniziato a febbraio dello scorso anno.


Questa variante al progetto iniziale dell’opera nacque nell’estate del 2023 su intuizione dell’imprenditore Aldo Spinelli, e in sostanza consiste nell’unificare le due Fasi costruttive della Diga.

Costruendo solo la Fase 1, finanziata col Piano nazionale complementare (Pnc) e altre risorse per circa un miliardo di euro, e demandando la Fase 2 a un futuro indefinito, si sarebbe rischiato di realizzare un’opera monca, utile solo alla parte a Levante del bacino di Sampierdarena (e col rischio, è stato osservato, che davanti alla banchina di Spinelli le navi più grandi non potessero fare manovra).

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Al di là della genesi, la decisione del ministero comporta «un’accelerazione sui tempi previsti per terminare l’opera e notevoli vantaggi tecnici ed economici – spiega il subcommissario alla Ricostruzione, Carlo De Simone -. Con questo passaggio si può definire chiusa la Conferenza dei servizi, dopodiché ci saranno le condizioni per avviare la gara per la seconda fase dei lavori: l’Authority sta lavorando a capitolato e disciplinare». Rispetto all’estate di due anni fa, a marzo 2024 la Fase B è stata finanziata con il decreto legge 19, che amplia le risorse per il Pnc: il costo oggi previsto è «di 230 milioni, più 20 milioni di somme a disposizione» spiega De Simone.

Alla gara, precisa il subcommissario, potranno partecipare tutti gli operatori economici: non è insomma escluso che si possa ripresentare anche il consorzio che sta costruendo la prima fase dell’opera, PerGenova Breakwater.

Ma soprattutto, quello che per De Simone conta adesso è che questo passaggio al ministero accorcia i tempi per realizzare i riempimenti dei cassoni coi fanghi dei dragaggi del porto, i materiali di risulta dell’ampliamento a mare della Fincantieri e in futuro del Tunnel Subportuale: «Per costruire la Diga e riempire i cassoni servono 9,5 milioni di metri cubi di materiale; gli altri cantieri ne producono oltre 5: il risparmio è di mezzo miliardo di euro. Applicando il principio comunitario del Do No Significant Harm (Dnsh) e in un’ottica di economia circolare abbiamo preferito il recupero all’utilizzo di materiali vergini estratti da cava, che comunque copriranno il fabbisogno residuo e la cui scelta di approvvigionamento ha sempre come priorità il trasporto via mare, poi via ferro e da ultimo via gomma».

In quello che De Simone definisce «un lavoro corale tra i ministeri dell’Ambiente, dei Trasporti, la struttura commissariale, la Regione Liguria, e l’Autorità di sistema portuale per dare vita a uno dei più significativi casi in Italia di circolarità dei materiali tra grandi cantieri» conta, a fianco della “non assoggettabilità” alla Via, anche il ruolo del decreto Ambiente recentemente approvato dal governo, che nella sostanza attribuisce al commissario Marco Bucci la possibilità di adottare entro un mese un piano per il conferimento dei fanghi nei cassoni, scritto dall’Autorità portuale sentiti i pareri di Regione Liguria, Arpal e Asl.

In modo da metterci i fanghi velenosi del porto e quelli pieni di amianto della Fincantieri? Cosa ha stabilito il ministero? «Siamo tutti allineati – risponde De Simone – sul fatto che il piano prevederà l’uso di materiali recuperabili in accordo alle normative ordinarie in tema di gestione dei materiali, escludendo quindi tutti i sedimenti o terre e rocce da scavo con concentrazioni superiori alla soglia prevista dal Testo unico sull’Ambiente del 2006, tra cui i sedimenti classe E, quelli che contengono sostanze pericolose. Per quanto riguarda Fincantieri, anche in qui la scelta è non conferire tutti i materiali la cui concentrazione-soglia di contaminazione di amianto sia oltre i 1.000 milligrammi al chilo: saranno smaltiti secondo la normativa vigente. Si tratta solo di uno strato di terreno, in ogni caso stiamo procedendo con ulteriori prelievi proprio per verificare nell’Opera C del progetto (il nuovo bacino di carenaggio, ndr) la presenza di sostanze amiantifere. In ogni caso non è mai stato nostro scopo superare o aggirare la normativa esistente: per questo abbiamo atteso il decreto del ministero. Ora i poteri conferiti al commissario straordinario permetteranno di semplificare gli iter amministrativi riducendo i tempi e coordinando il piano che sarà approvato dall’Autorità portuale. E siamo a lavoro con entrambe le autorità portuali, Genova e La Spezia perché ognuna approverà il suo piano che sarà presentato al commissario, che poi adotterà il piano complessivo».

Intanto a fine 2024, a fronte dei 12 previsti, sono stati posati solo 5 cassoni. «Il sesto è quasi terminato nel suo ripristino a Vado e sarà trasportato nei prossimi giorni – replica De Simone -. La prefabbricazione del settimo è a buon punto, e sta mostrando migliori risultati in termini di calcestruzzo. Confidiamo nella capacità dell’impresa di recuperare i tempi, con l’avvio entro i primi tre mesi dell’anno di Tronds Barge, l’impianto semi sommergibile che costruirà i cassoni più grandi, e del nuovo impianto di betonaggio. In opere di questa dimensione e complessità c’è una fisiologica attività di apprendimento, inoltre le condizioni meteomarine hanno spesso rallentato le fasi costruttive». —



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