Settanta paesaggi a Novara. Da Migliara a Pellizza da Volpedo

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


Giovanni Segantini, Mezzogiorno sulle Alpi, olio su tela 77,5 x 71,5 cm

Al Castello di Novara vengono esposti, dall’1 novembre 2024 al 6 aprile 2025, settanta paesaggi piemontesi e lombardi dagli anni Venti dell’Ottocento ai primi dieci del ‘900. Giunti da collezioni pubbliche e private, gettano luce sull’evoluzione dei luoghi visti da grandi artisti, da Giovanni Migliara a Pellizza da Volpedo, da Giuseppe Canella e tanti altri. Campagna, montagna, città con le loro piazze e centri, sfilano in un’alternanza di visioni tra realismo, impressione e simbolo. Un lungo e ricco viaggio in ben nove tappe.

All’inizio ci imbattiamo nella “Pittura di paese: dalla veduta al paesaggio”, di età romantica, caratterizzata dall’attenzione al vero, con la sua realtà prospettica e di vita.  Ecco, ad esempio, un piccolo olio del bergamasco Marco Gozzi (1759-1839), con il Ponte di Crevola sulla strada del Sempione del 1821 circa, una grande moderna impresa, con le sue strutture portanti, cento metri di lunghezza e ventotto di altezza, realizzato in periodo napoleonico ma ammirato anche durante la Restaurazione. Pieno di vita nella sua imponenza, con la donna che lava i panni nel fiume impetuoso e il paesaggio montuoso in lontananza. Giovanni Migliara ci porta invece in un Esterno di città con ponte illuminato da chiaro di luna ed officina da maniscalco del 1829. Ed è proprio quell’interno di bottega pulsante ad affascinare con le sue luci e animazione, mentre dal lato opposto sotto un arco domina il silenzio dell’acqua, percorsa da una barca, sotto un ponte. Ci sono dipinti di Massimo d’Azeglio, di Giuseppe Bisi e di Giuseppe Canella, tutti da osservare nei loro suggestivi dettagli.

La seconda tappa riguarda “Il naturalismo romantico d’oltralpe e la sua influenza sul paesaggismo italiano” con pittori mitteleuropei come Alexandre Calame (Paese con macchia, 1850 circa) e Julius Lange (Paesaggio nordico con montagne, 1852) che studiano gli effetti di luce e colore dal vero. Presenti alle esposizioni di Brera sin dagli anni Cinquanta del secolo, questi pittori finiscono per avere riflessi sui colleghi italiani come Angelo Beccaria (Alla pesca, 1855) e Antonio Fontanesi (Vespero, 1859; Il mattino, 1861 circa) che, sul loro esempio, cominciano a dipingere sul motivo dal vero. 

Giuseppe Pellizza da Volpedo, Sul fienile, olio su tela_133 x 243,5 cm

In questo senso è molto importante l’incontro con la pittura dei paesaggisti francesi della scuola di Barbizon, tra cui spiccavano Camille Corot, Charles-François Daubigny, Théodore Rousseau e Constant Troyon, che gli italiani conoscevano direttamente grazie all’Esposizione Universali di Parigi del 1855.  Nasce anche qui, nel nord d’Italia, la pittura en plein air.  Campagne sotto il sole, contadine, pastore, lavandaie con pargoli, illuminate da una luce nuova, vera, colta nei diversi momenti del giorno e della sera. Bellissimi e suggestivi i Buoi al carro, del 1865 circa, di Carlo Pittara o un Pozzo di Cascina del 1874 di Ernesto Bertea, che fanno pensare alle contemporanee esperienze macchiaiole. Molti gli esempi di pittori italiani e stranieri.

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Da qui il passo “Verso la pittura di impressione” è facile. La troviamo nella terza tappa con capolavori come il Ritorno da una refezione sul lago di Varese del 1873 circa di Achille Befani Formis, che porta ad un immediato confronto con i toscani post-macchiaioli di Torre del Lago.  Laghi silenziosi battuti da barche con persone in una natura intonsa. Come quella, bellissima, dipinta da Eugenio Gignous (Il ruscello; impressioni d’estate, 1879) in cui un piccolo rivo si fa strada in un terreno erboso accidentato per raggiungere un gruppo di alberi: la luce è quella vera studiata per ore dal pittore.

Giovanni Migliara, Esterno di città con ponte illuminato da chiaro di luna ed officina di maniscalco_1829

Il viaggio di bellezza non finisce qui e ci conduce nel “Trionfo del naturalismo lombardo”, che è tutta una scoperta con la sua vita solare, i Giochi di bimbi e i Capitomboli, due piccoli oli su tavola di Lorenzo Delleani del 1885. E Il raccolto delle castagne del 1886 circa di Leonardo Bazzaro? Si sente l’odore delle foglie secche raccolte e bruciate dalle donne, che poi le arrostiranno nel casolare in alto. Scene di vita vissuta e dipinta, che riescono a creare un’intensa nostalgia.

Dalla campagna alla città. Così il “Naturalismo” si estende al paesaggio urbano: Milano tra i Navigli e il Carrobbio, colta sotto la neve come nella Nevicata di Giovanni Segantini, un olio su tela del 1880-1881, con le sue case sbiadite sullo sfondo, i panni stesi. E le donne che ridono, povere ma felici. Sempre con la neve gioca Mosé Bianchi, che nella sua tela con le Colonne di San Lorenzo del 1888, ci fa sentire lo scalpiccio del cavallo sul terreno fangoso di neve, mentre passanti infreddoliti cercano di raggiungere la via di casa. E le meraviglie continuano con altre tappe che arrivano al “Paesaggio divisionista e simbolista”.

Angelo Morbelli, Alba domenicale, olio su tela 78 x 132 cm
Carlo Fornara, L’Aquilone, olio su tela 135x154cm
Leonardo Bazzaro, Passa la funicolare, olio su tela 65 x 90 cm

Commenta con Facebook





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Source link