Per Teheran la detenzione «danneggia» le relazioni con Roma
La vicenda della giornalista italiana Cecilia Sala, arrestata in Iran il 19 dicembre 2024, sta assumendo contorni sempre più complessi. Secondo diverse fonti, il suo caso potrebbe essere legato alla recente detenzione in Italia di Mohammad Abedini Najafabadi, un ingegnere iraniano arrestato su richiesta degli Stati Uniti per accuse relative alla proliferazione di tecnologia per droni militari.
Il caso Cecilia Sala: un arresto controverso
Cecilia, come ha spiegato Stylo24, è stata arrestata a Teheran mentre lavorava con regolare visto giornalistico. Le autorità iraniane hanno accusato la giornalista di non meglio specificate violazioni delle leggi locali. Attualmente continua ad essere detenuta nella prigione di Evin, in condizioni precarie, come riportato dalla sua famiglia.
Elisabetta Vernoni, madre della giornalista, ha descritto con grande apprensione le condizioni di detenzione della figlia: «La prima preoccupazione sono le condizioni di vita carceraria di mia figlia. Si è parlato di cella singola. Non esistono le celle singole. Esistono le celle di detenzione comuni e poi ci sono quelle di punizione. Lei è in una di queste evidentemente. Io non lo so come sono, ma se una dorme per terra mi fa pensare che si chiami così».
Quello che sta vivendo Cecilia Sala si chiama «tortura bianca»
Secondo Elisabetta Vernoni, Cecilia è detenuta senza beni essenziali, come cambi di vestiti e prodotti per la cura personale, le sono stati tolti persino gli occhiali da vista. Nulla di nuovo, purtroppo, si chiama «tortura bianca» il trattamento riservato ai dissidenti del regime. Ma ce ne stiamo accorgendo solo adesso.
Giornalisti, musicisti, oppositori, fumettisti, artisti condannati ad una tortura insidiosa e costante, costretti a sopravvivere in celle minuscole con una luce al neon accesa 24h su 24. Nulla a cui appoggiarsi, nessun contatto umano con cui sostenersi. Poco cibo, si parla di pochi datteri al giorno, nessuna distrazione. Il corpo non viene sfiorato neanche un dito, ma viene annientata la mente.
Shahrzad Sholeh, presidente dell’Associazione Donne Democratiche Iraniane in Italia, ha commentato di recente la vicenda, evidenziando come il regime iraniano utilizzi frequentemente arresti di cittadini stranieri come leva diplomatica. «L’Iran sta attraversando una crisi economica profonda, con povertà diffusa e proteste interne, e in momenti di difficoltà ricorre a tali tattiche per ottenere vantaggi dai Paesi stranieri». Secondo la presidente, l’arresto di Sala potrebbe essere parte di una strategia più ampia per esercitare pressioni sull’Italia, forse con l’obiettivo di ottenere il rilascio di Abedini o evitare la sua estradizione negli Stati Uniti.
L’arresto di Mohammad Abedini: un tassello chiave
Pochi giorni prima dell’arresto di Sala, Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere iraniano, è stato fermato all’aeroporto di Malpensa su mandato degli Stati Uniti. Abedini è accusato di aver contribuito al trasferimento di componenti tecnologiche per droni militari, presumibilmente utilizzati contro forze americane in Medio Oriente.
Nello specifico Abedini è accusato di aver violato le normative internazionali sul controllo delle esportazioni, in particolare per aver trasferito componenti tecnologiche da paesi occidentali all’Iran attraverso società di copertura. Uno dei droni equipaggiati con questa tecnologia è stato presumibilmente utilizzato in un attacco del 2023 contro una base americana in Giordania, causando la morte di tre soldati.
Attualmente è detenuto nel carcere di Opera, a Milano, dove la sua difesa ha richiesto gli arresti domiciliari, proponendo una residenza italiana come alternativa, ma la Procura Generale di Milano ha espresso parere negativo, evidenziando il rischio di fuga e la gravità delle accuse. Proprio oggi si è svolto un colloquio con il legale di Abedini, e la corte d’appello di Milano ha fissato per il prossimo 15 gennaio l’udienza per discutere la richiesta dei domiciliari avanzata dalla difesa.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno formalizzato una richiesta di estradizione, sostenendo che Abedini rappresenta una minaccia per la sicurezza internazionale.
Le reazioni del governo italiano
In seguito a questi sviluppi, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha convocato un vertice urgente con il Ministro degli Esteri e i vertici dell’intelligence. L’Italia ha ribadito la sua volontà di tutelare i propri cittadini e ha avviato un dialogo con gli Stati Uniti e l’Iran per trovare una soluzione diplomatica al caso. Lunedì 6 gennaio, alle 14, presso Palazzo San Macuto, il governo renderà, attraverso il sottosegretario Alfredo Mantovano, comunicazioni al Copasir. La convocazione segue il vertice che si è tenuto proprio ieri a Palazzo Chigi sulla detenzione in Iran della giornalista italiana.
Le reazioni del governo islamico
Sul caso Mohammad Abedini, la Repubblica islamica dell’Iran ha chiesto che l’Italia «respinga la politica statunitense di presa di ostaggi iraniani» e rilasci il suo connazionale il prima possibile «impedendo agli Stati Uniti di danneggiare le relazioni bilaterali tra Teheran e Roma».
L’agenzia di stampa ufficiale Irna riporta inoltre che in merito alla detenzione del cittadino iraniano in Italia, l’ambasciatrice italiana Paola Amadei è stata convocata oggi presso il ministero degli Affari Esteri della Repubblica islamica. Durante l’incontro, fa sapere Teheran, il direttore generale per l’Europa occidentale del ministero degli Esteri, Majid Nili Ahmadabadi, ha ribadito alla capo missione italiana che l’arresto di Abedini è un atto illegale, avvenuto su richiesta del governo degli Usa e in linea con i comprovati obiettivi politici e ostili del governo statunitense:
«Questo non solo danneggia le relazioni di lunga data tra Iran e Italia, ma contraddice anche i principi e gli standard del diritto internazionale, comprese le norme sui diritti umani, e può essere considerato una forma di detenzione arbitraria», denuncia Teheran. Il direttore generale per l’Europa occidentale del ministero degli Esteri iraniano ha poi «invitato l’Italia a respingere la politica statunitense di presa di ostaggi, contraria al diritto internazionale, in particolare ai diritti umani, a fornire le condizioni necessarie per il rilascio di Abedini il prima possibile e a impedire agli Stati Uniti di danneggiare le relazioni bilaterali tra Teheran e Roma».
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