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La sanità pubblica è meglio di quella privata: a patto che lo Stato non la faccia morire 

Come consigliere comunale di un piccolo Comune del Trentino sono rimasto sorpreso delle cifre elevate che il mio Comune spende per qualsiasi intervento. Ci sono buone ragioni per dire che la gestione pubblica è spesso peggiore e più costosa di quella dei privati. In vari settori l’efficienza di un’azienda privata è superiore a quella del pubblico, il quale è tenuto (a differenza del privato) a garantire un’assoluta equità nelle gare e nei trattamenti e la cui “burocrazia” è una delle cause di maggior costo di alcuni servizi pubblici. Non sempre è così, ma certo la recente abolizione per i Sindaci del reato di abuso d’ufficio favorisce che le gare siano vinte dagli “amici degli amici”.

La scarsa efficienza del pubblico ha diffuso la cultura del “privato è meglio del pubblico”: in molti settori è così, anche perché il privato è controllato nel prezzo da un cliente che può scegliere e, mettendoci del suo, sta attento (quello che non è successo col superbonus dove i prezzi sono saliti alle stelle –pagando Pantalone Stato). Ci sono però alcuni casi, come la sanità, l’acquisto del gas all’estero o la presenza di grandi imprese (e banche), in cui il settore pubblico si mostra più efficiente ed efficace del privato, in quanto sfrutta le grandi dimensioni di scala che generano economie, le economie di scopo (che consentono altri servizi simili), con prezzi minori per i clienti/utenti, in quanto non governa una logica di profitto. Nella sanità poi esiste una “asimmetria informativa”. Il cliente/paziente, trattandosi di un settore complesso (dove fa –per fortuna- acquisti di rado), non sa bene dove sia il servizio migliore e quanto costa. Un conto è infatti acquistare uno smartphone o un’auto, altro è “acquistare” un’operazione chirurgica. Il primo servizio di un sistema sanitario serio è quello di indirizzarti nel luogo migliore per te. Ma ciò è possibile solo se c’è una gestione unitaria a grande scala del servizio, che non operi secondo una logica di libero mercato.

Ciò spiega perché la sanità pubblica italiana era fino a 20 anni fa ai primi posti nel mondo nonostante una spesa pro-capite modestissima. Oggi questa spesa pro-capite (pagata tramite le imposte…per chi le paga) è di circa 2.200 euro per abitante all’anno (130 miliardi di spesa sanitaria divisi per 59 milioni di residenti). Ci sono poi circa 43 miliardi di spese sanitarie private che pagano i singoli cittadini (o meglio, chi se lo può permettere).

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Saldo e stralcio

 

Se analizziamo il modello assicurativo privato tipico di tutta l’America  – Latina inclusa – vediamo che, per esempio, negli Stati Uniti la garanzia sanitaria (tramite assicurazione privata) costa in media 5-6mila dollari all’anno, ma non sempre garantisce tutte le cure. Infatti chi  ha necessità di cure costose – specie se anziano – rischia di vedersele negate, in quanto le assicurazioni (quotate in borsa), hanno necessità di fare profitti e si comportano di conseguenza facendo pagare salato le cure costose. Ciò spiega il recente enorme sostegno che ha avuto negli Stati Uniti il gesto del giovane di 29 anni che ha ucciso il CEO di una grande assicurazione sanitaria privata, che negava le cure a malati gravi che ne avevano bisogno. Gli americani, nonostante queste limitazioni per le cure costose, spendono in media il doppio degli italiani, e questo pur essendoci 40 milioni di americani senza assicurazione, in quanto non se la possono permettere.

Gallup misura ogni 3 mesi il grado di soddisfazione degli americani per la propria sanità. Esso è calato dal 2001 al 2024 dal 53% al 44% (intesi come coloro che dichiarano la sanità eccellente o buona) (vedi: https://news.gallup.com/poll/654044/view-healthcare-quality-declines-year-low.aspx). In Italia la sanità pubblica, pur se criticata sempre di più, è ancora considerata buona o eccellente da 2/3 dei nostri concittadini. Ma se negli Stati Uniti si chiede quanto si è soddisfatti del costo che si paga per la sanità, la soddisfazione scende dal 28% del 2001 al 19% del 2024. Il costo, insieme all’accesso ai servizi e all’obesità, sono (nell’ordine) i tre principali problemi per gli americani nell’ambito della salute. La valutazione degli americani sulla qualità dell’assistenza sanitaria statunitense è scesa al livello più basso degli ultimi 24 anni, e le opinioni sulla copertura sanitaria a livello nazionale rimangono ampiamente negative. Tuttavia, nonostante la diffusa e progressiva negatività nei confronti dell’assistenza sanitaria, gli americani la valutano ancora in parte positivamente (non conoscendo altri modelli).

Se in Italia si continua a non finanziare in modo adeguato (almeno in base a quanto aumenta l’inflazione) la sanità, assisteremo ad una crescita del modello americano di assicurazioni private, che però non garantirà neppure tutte le prestazioni e costerà molto di più di quello che oggi paghiamo attraverso le imposte. Lo dicono i confronti internazionali e molti studi, e lo ha testimoniato anche un giornalista del Corriere della Sera (Maggi) che ha vissuto negli Stati Uniti e che ha dovuto pagare 1.200 dollari per un piccolo intervento, nonostante fosse assicurato, perché il medico è intervenuto dopo le ore 12 (per un ritardo non a lui imputabile) e l’assicurazione garantiva prestazioni gratis solo fino alle ore 12. Un lettore de Il Corriere racconta che dopo 25 anni di regolari pagamenti della polizza di assicurazione sanitaria di 3mila euro all’anno (inizialmente erano 2mila) in Italia, ha ricevuto una disdetta da una nota assicurazione privata. Con l’avanzare dell’età le assicurazioni si tutelano infatti inserendo, in carattere minuscolo, norme che al momento opportuno consentono all’assicurazione privata di disdire la polizza.

Le chiavi della salute e longevità dipendono  – dicono gli studi – per il 20% dalla genetica, per 10% dal sistema sanitario, per 20% da fattori ambientali e per 50% dallo stile di vita. La responsabilità del singolo individuo sarebbe quindi pari al 50%, ma a ben guardare sembra una percentuale esagerata (anche se non bere alcolici, non fumare, nutrirsi in modo sano e fare attività fisica conta), in quanto lo stile di vita dipende molto dai primi anni: dalla tua famiglia, dal contesto sociale. Sono questi gli elementi che delineano lo stile di vita che avremo da adulti. Il bambino infatti non può scegliere la dieta, se praticare uno sport e ancor meno se fare la prevenzione, cose che fanno soprattutto le famiglie in buone condizioni economiche; a meno che non intervenga lo Stato, come in Germania, dove tutti i bambini fanno la prevenzione dal dentista gratuitamente fino a 14 anni.

In sostanza l’aspetto economico incide moltissimo ed è per questo che una sanità pubblica va difesa nell’interesse di tutti, perché è un settore che, sebbene sia organizzato con una logica pubblica, costa meno sia al singolo cittadino che allo Stato.

Quando l’inflazione è alta (come lo è stata nel 2022 e 2023) per avere gli stessi servizi occorre spendere per la sanità non 3 miliardi in più, ma 20 miliardi in più. Ecco perché la spesa reale (post inflazione, la linea rossa della figura) è in calo dal 2022 al 2024 e sale di poco nel 2025, ma sempre molto sotto i livelli del 2021. E poiché soldi lo Stato italiano ne ha pochi, dovrà nei prossimi anni decidere se intende metterli nella sanità pubblica (e nella scuola) o spenderli in armamenti.

Per leggere gli altri articoli e interventi di Andrea Gandini, clicca sul nome dell’autore.

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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