Minacciati e deportati in Libia dalla “Guardia costiera” finanziata dall’Italia, che dice il ministro Piantedosi?

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


L’interrogazione presentata a Palazzo Madama riguarda l’ultima operazione della Geo Barents, la nave di Msf ormai ritiratasi dal Mediterraneo. “In uno dei mezzi libici uomini armati con fucili, a volto coperto, hanno preso 25 donne e 4 bambini, il più piccolo ha tre mesi. Hanno sparato in aria e hanno obbligato i restanti naufraghi, tutti uomini, a buttarsi in acqua”

In una interrogazione al ministro Matteo Piantedosi presentata a Palazzo Madama, la vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone, dei Cinquestelle, chiede se il ministro degli Interni intenda aprire “un’indagine rapida e trasparente” sulla deportazione in Libia di donne e bambini avvenuta nel Mediterraneo centrale il 28 novembre scorso sotto gli occhi dei soccorritori di Medici senza frontiere e denunciata il giorno dopo dall’Unità.

La vicepresidente del Senato chiede a Piantedosi se intenda far luce “sull’incidente descritto e sui possibili crimini commessi” e “se intenda attivarsi nelle opportune sedi al fine di incrementare le garanzie relative all’erogazione del sostegno finanziario e materiale alla guardia costiera libica, così scongiurando il rischio che i finanziamenti possano concorrere ad arricchire milizie criminali, più che aumentare le capacità di ricerca e soccorso”. Lo vorremmo sapere tutti, vorremmo sapere anche se il ministro intenda rispondere a questa interrogazione parlamentare, ricordando che ce ne è una presentata dal deputato Marco Grimaldi, di Avs, a Montecitorio il 7 ottobre, relativa a una probabile omissione di soccorso costata la vita a almeno 60 persone nel marzo scorso, alla quale né Piantedosi né l’altro ministro al quale è stata rivolta, Matteo Salvini, si son finora degnati di dare una risposta scritta.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Cos’è accaduto il 28 novembre a 25 miglia nautiche a largo di Sabratha, in acque internazionali lo racconta Flavia Conte, romana, soccorritrice della Geo Barents (la nave, che rischiava la confisca, nel frattempo s’è ritirata dal Mediterraneo denunciando la guerra che il governo italiano fa alle ong di ricerca e soccorso in mare): “La mattina del 28 è arrivata una segnalazione di emergenza di Alarm Phone, si trattava di un gommone con 100 persone, eravamo molto vicini, dopo poco li abbiamo avvistati all’orizzonte, ma accanto al gommone abbiamo avvistato altri due grossi mezzi neri. Da lontano non si capiva bene cosa fossero, via radio loro stessi si sono identificati come Guardia costiera libica, anche se non avevano nessun segno formale identificativo, lo abbiamo visto fare già altre volte in mare. Ci hanno detto ‘venite a fare il soccorso, il gommone sta affondando’. Quando i soccorritori nei rhibs (gommoni veloci a punta rigida usati per i salvataggi n.d.r) si sono avvicinati hanno trovato una situazione terribile. In uno dei mezzi libici uomini armati con fucili, molti di loro a volto coperto, avevano preso 29 persone, 25 donne e 4 bambini, il più piccolo ha tre mesi. Hanno sparato in aria e hanno obbligato i restanti naufraghi, tutti uomini, a buttarsi in acqua.
In pochi secondi ci siamo trovati una ottantina di persone in acqua. I soccorritori hanno cominciato a tirare fuori tutti dall’acqua e per fortuna siamo riusciti a salvare tutti quanti, e nel frattempo noi dalla nave cercavamo di stabilire una comunicazione, sia chiamando via radio, con questi che non ci rispondevano, sia comunicando con quella che si è identificata come Guardia costiera libica, e sia gridando a voce per farci sentire, sia chiamando tutti e otto i numeri fissi del centro di coordinamento libico. Chiedevamo a tutti di poter riunire le famiglie. All’inizio c’è stato detto che sì, avremmo pure potuto imbarcare le donne e i bambini ma poi, quando abbiamo finito il soccorso, la lancia con le donne e i bambini è partita all’improvviso e a tutta velocità in direzione Libia. Hanno deportato donne e bambini davanti ai nostri occhi e davanti agli occhi dei loro padri, figli, mariti, fratelli”.

“I sopravvissuti ci hanno raccontato che loro erano partiti tutti insieme dalla Libia sul gommone, che poi durante il viaggio poco prima che arrivassimo noi sono stati avvicinati da questi miliziani che hanno sparato in aria, hanno preso loro tutti i cellulari, tutti i soldi e i documenti e poi si sono presi a bordo solo donne e bambini e ad ogni tentativo degli uomini di stare insieme alle loro famiglie, li hanno prima ributtati nel gommone con minacce armate e picchiandoli col calcio dei fucili e poi li hanno buttati in acqua”. Quanti erano i mezzi libici presenti? “Arriviamo e ne vediamo due, uno con donne e bambini e l’altro con miliziani armati che durante il soccorso se ne va. Rimane quello con donne e bambini che poi parte in direzione Libia. Dopo mezz’ora o forse un’ora arriva un altro mezzo in vetroresina con a bordo 4 persone con abbigliamento militare, sul gommone dei migranti che noi avevamo svuotato c’erano due miliziani che stavano aspettando, questi con il mezzo in vetroresina sono venuti a prenderli, si sono presi pure il motore del gommone dove stavano i migranti e se ne sono andati. Per tutto il pomeriggio poi siamo stati circondati da mezzi vari con persone armate”.

Quanti mezzi erano e a che distanza stavano? “A un certo punto erano 7 mezzi, ci sono stati sempre intorno, a pochi metri. Uno di questi mezzi era una motovedetta ufficiale della Guardia costiera libica, il modello classico, la classe 300, una di quelle date dall’Italia ai libici. C’è girata attorno, aveva persone a bordo che immagino fossero state catturate”. Quanti miliziani vedevate? “Su una barca ce ne erano 4 o 5, su un’altra erano 4, su una 2, su una 4, su una 3, su quella motovedetta classe 300 non lo so”. Mara Eliana Tunno, psicologa a bordo: “Le persone, disperate, ci chiedono soltanto di poter rivedere le loro famiglie deportate sotto i loro occhi. È essenziale ricongiungere queste famiglie. Istituzioni e organizzazioni devono farsi carico di questa tragedia”.

La vicepresidente del Senato Castellone chiede al ministro degli Interni Piantedosi anche “se e in che modo si intenda supportare le istituzioni e le organizzazioni attive in Italia nella protezione e nella conservazione dei legami familiari, onde consentire loro di rintracciare i familiari dei naufraghi salvati dalla Geo Barents e riportati con la forza in Libia, facilitandone prontamente il ricongiungimento attraverso tutti i canali disponibili”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

Source link