di Giovanni Battafarano
Il celebre motto gramsciano Il pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà diventa Il dovere della speranza, che è il titolo del recente libro a quattro mani di Massimo Giannini e Romano Prodi (Rizzoli editore) .
L’opera si articola in sei parti: Viaggio nella Fine della Storia – Viaggio nella Fine del Mondo – Viaggio nel nuovo Disordine Mondiale- Viaggio nelle guerre del Medio Oriente-Viaggio nella Finis Europae- Viaggio nella piccola Italia..
L’analisi che scaturisce dal confronto tra Giannini e Prodi è certamente preoccupata. Siamo nella fase della crisi della globalizzazione, che pure vent’anni fa aveva suscitato forti aspettative di una crescita più inclusiva. Se tanta parte dell’Asia e anche dell’ Africa ha compiuto un grande balzo in avanti, i ceti medi dei paesi occidentali appaiono indeboliti, mentre cresce l’area della povertà. La fiducia nelle istituzioni liberal democratiche cala vistosamente , mentre si rafforza la ricerca dell’uomo forte al comando, che decide senza i defatiganti riti delle procedure democratiche. Si diffonde sempre più la convinzione che le elezioni possano essere manipolate da fake news, mentre avanza prepotentemente la cosiddetta tecno destra, che, dotata di potentissimi mezzi tecnologici e finanziari, intende esercitare un potere politico diretto senza passare dalle elezioni,
Se l’analisi del libro è severa, essa non sfocia nella rassegnazione, anzi Prodi conclude con una serie di proposte sia per la politica internazionale sia per il quadro nazionale.
Prima di esaminare lo scenario nazionale, vediamo in rapida sintesi taluni giudizi sulla situazione internazionale. Mentre proseguono le due guerre sanguinose in Ucraina e in Medio Oriente, si va costituendo una sorta di coalizione del Resto del Mondo contro l’Occidente.
In relazione a tale tendenza, Prodi sottolinea quanto abbia nociuto, negli ultimi venticinque anni, la strategia americana, spalleggiata dal Regno Unito, della velleitaria e assertiva esportazione della democrazia con le guerre sconsiderate in Iraq, in Afghanistan, in Libia, che hanno accumulato un giacimento carsico di odio in larga parte del mondo islamico o del Resto del mondo.
La democrazia non si esporta con la guerra, ma solo con la democrazia stessa. A buon diritto, Prodi, alla scelta della guerra, contrappone l’esperienza positiva dell’Allargamento dell’Europa nel 2004, con l’ingresso nell’UE di una decina di stati per lo più dell’dell’Est, dopo il crollo dei regimi comunisti.
Sulla guerra in Ucraina
“ Una guerra nata dal doppio movente putiniano-la paura della NATO all’esterno e il disegno imperiale all’interno- che l’Occidente ha lasciato scivolare su un piano inclinato…Non si è seguito il grande insegnamento di Henry Kissinger secondo cui, se ci sono tre potenze nucleari, l’errore peggiore è lasciare che due di esse si mettano insieme . E noi abbiamo permesso che Cina e Russia si mettessero insieme” (p.123).
Sulle guerra in Medio Oriente
“…che il governo israeliano abbia peccato di hybris non ci sono dubbi . Ha trasformato la reazione di uno stato colpito a morte in una vendetta senza limiti e senza pietà contro un altro popolo. Netanyahu ha isolato Israele dalla comunità internazionale e ha suscitato nel mondo uno sdegno così forte da sfociare in una odiosa avversione antiisraeliana e antiebraica, elemento che rende a sua volta quasi impossibile una soluzione condivisa del conflitto” (p.164).
L’Europa, nel confronto con le grandi potenze, rischia l’irrilevanza e la riduzione ad un mero mercato economico. Urge, secondo Prodi, procedere a urgenti riforme, a partire dal superamento del voto all’unanimità che paralizza l’Unione europea, e dalle proposte predisposte dai Rapporti Draghi e Letta commissionati dalla Commissione UE.
Sul Governo Meloni, il giudizio di Prodi è netto “ Non c’è una visione di politica economica nel lungo periodo.
Non c’è un progetto per salvare il Welfare e la sanità pubblica. Non c’è uno straccio di iniziativa per ridurre disuguaglianze e povertà, trattate anzi come una colpa sociale. Non c’è un barlume di riforma fiscale nella quale la lotta all’evasione si accompagni a un’equa redistribuzione del reddito. Non c’è una proposta per aumentare i salari, vera vergogna italiana rispetto alle dinamiche redistributive di Francia e Germania”(p.264).
Urge preparare l’alternativa
Non un programma e una coalizione che piovano dall’alto, ma un ampio coinvolgimento dei cittadini attraverso una discussione sul Web senza vincoli di iscrizione al partito. Spetterà poi a i partiti del centro sinistra predisporre una sintesi da proporre a cittadini e ed elettori.
La coalizione di centro sinistra deve valorizzare maggiormente il contributo dei cattolici democratici e superare logiche negative di veti e contrapposizioni. “Dobbiamo dare al Paese la speranza, la fiducia e la coesione: sono certo (dice Prodi) che la maggioranza degli italiani ci accompagnerà “ ( p. 298).
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