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Domani 6 gennaio il Gruppo Anarchico di Ragusa organizza un incontro pubblico sul tema “Diserzione ieri e oggi”. L’occasione è data dalla ricorrenza, proprio in questi giorni, dell’ottantesimo anniversario dei moti antimilitaristi “Non si parte”, esplosi in diverse città siciliane tra il dicembre 1944 e il gennaio 1945.
Una pagina di storia che negli anni successivi ha dato adito a diverse letture, e che ancora oggi merita di essere ricordata e riletta anche nell’ottica di individuarne i nessi con il tempo presente e i suoi conflitti.
“A 80 anni di distanza il ‘Non si parte’ ci trasmette un messaggio molto preciso: le guerre sono invise ai popoli da sempre, nonostante le propagande nazionaliste e patriottiche”, afferma Pippo Gurrieri, storica voce dell’anarchismo ragusano, giornalista, editore e tra gli organizzatori dell’evento di domani.
La rivolta popolare del ’44-’45 fu scatenata dall’arruolamento di massa dei giovani del Meridione ad opera del governo Bonomi. All’arrivo delle cartoline precetto molti rifiutarono apertamente di presentarsi ai distretti militari per essere mandati al fronte. Nella provincia iblea il movimento dilagò rapidamente in diversi centri: oltre a Ragusa, Modica, Vittoria, Comiso, Scicli e Giarratana.
A Ragusa le proteste, inizialmente pacifiche, si surriscaldarono a partire dalla mattina del 4 gennaio, come reazione al rastrellamento dei giovani, casa per casa, nei quartieri popolari della città. Tra i capofila dei moti vi fu la giovanissima Maria Occhipinti, che nella sua autobiografia Una donna di Ragusa ricorda così gli avvenimenti del 4 gennaio: «Il camion carico di giovani veniva avanti come un carro funebre. […] Allora urlai: ‘Lasciateli!’ e mi stesi supina davanti alle ruote del camion. ‘Mi ucciderete, ma voi non passerete!’ […] Lo stradone in pochi minuti fu pieno di gente eccitata e pronta a tutto. Le autorità di polizia dettero ordine di lasciare andare i giovani e quelli, di corsa, sparirono tra la gente. Ma l’ira dei soldati fu tremenda, spararono sulla folla inerme […] La folla si dileguò. Restarono solo i più coraggiosi e disarmarono i pochi militari che c’erano».
L’insurrezione, proseguita per alcuni giorni, fu repressa sanguinosamente dall’esercito tra il 7 e l’8 gennaio, con un bilancio finale di 19 morti e 63 feriti tra la popolazione civile.
“Il moto del ‘Non si parte’ fu una reazione di massa al richiamo alle armi dell’autunno 1944 – prosegue Gurrieri. – Esso va oltre la risposta individuale per trasformarsi in sommossa popolare contro la guerra a forte spinta femminile. Nella sola Sicilia 64.000 richiamati su 70.000 non si presentarono.”
È dunque possibile tracciare un parallelismo con le diserzioni cui si assiste nelle guerre contemporanee?
“Le diserzioni hanno sempre fatto parte delle risposte in gran parte spontanee che, in tutte le guerre, una minoranza di coscritti ha adottato per sottrarsi alle carneficine – spiega l’editore di Sicilia Punto L. – Oggi in Israele i ‘refuser’ sono giovani che rifiutano di imbracciare le armi contro i palestinesi, ma il fenomeno è circoscritto; al contrario in Ucraina centinaia di migliaia di soldati abbandonano il fronte, un problema talmente massiccio che il governo non riesce più a controllarlo e che può decidere le sorti della guerra. Nel campo russo, per quanto di massa la diserzione è contenuta dalla grande disponibilità di ‘materiale umano’.”
Coloro che ottant’anni fa si opposero all’arruolamento andarono incontro a conseguenze pesantissime. Nelle settimane e mesi successivi alla repressione vi furono violenti rastrellamenti e decine di arresti che riguardarono anche persone estranee ai moti. Nel complesso, nella provincia di Ragusa le persone arrestate furono 388, delle quali 288 inviate al confino a Ustica. Tra queste anche Maria Occhipinti, che sull’isola partorì la figlia Marilena. Dopo il 25 aprile 1945 in tutto il Mezzogiorno ci furono 200.000 processi per diserzione.
“Se si osa dire di no, affrontando anche aspre battaglie e rischi considerevoli per affermare la contrarietà alla guerra, la volontà delle vittime sacrificali, i coscritti e le loro famiglie, può mutare il corso degli eventi e forse anche della storia”, conclude Gurrieri.
L’appuntamento di domani è alle 17 nella sede della Società dei Libertari, in via Garibaldi 2/A, Ragusa.
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