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AGI – Manifestazioni annunciate dall’opposizione, massiccio dispiegamento di truppe a Caracas, misure di sicurezza senza precedenti e decine di stranieri fermati, tra cui un italiano rilasciato dopo poche ore. Continua a salire la tensione in Venezuela quando mancano due giorni all’insediamento di Nicolas Maduro, proclamato presidente dopo le contestatissime elezioni dello scorso 28 luglio. Anche il candidato dell’opposizione, Edmundo Gonzalez Urrutia, intende però reclamare un titolo che sostiene gli sia stato strappato dai brogli e tenterà di rientrare nel suo Paese, dove lo attende l’arresto, accompagnato da nove ex capi di Stato latinoamericani che la Camera venezuelana si è affrettata ieri sera a marchiare come ‘persone non gradite’.
Decine di arresti, rilasciato un italiano
Nelle scorse ore la stretta repressiva ha raggiunto anche il genero di Urrutia, Rafael Tudares, che ieri, mentre portava i figli a scuola nella capitale, è stato catturato e portato via in camionetta da un gruppo di uomini incappucciati. Non è ancora noto se si sia trattato di un sequestro in piena regola o di un’operazione di polizia. La figlia di Urrutia, Mariana Gonzalez, ha affermato oggi di non avere ancora notizie del marito e di non sapere di cosa sia accusato. Nella notte è stato imprigionato anche Enrique Marquez, esponente del partito moderato Centrados che si era candidato alle presidenziali nel caso fosse stato impedito di correre a Urrutia, dietro il quale si sono raccolte tutte le opposizioni al regime.
È salito intanto a oltre 130 il numero di presunti “mercenari” stranieri arrestati con l’accusa di essere coinvolti in un cospirazione internazionale per compiere una serie di sabotaggi e attentati che avrebbe dovuto culminare nientemeno che nell’assassinio della vicepresidente Delcy Rodriguez. Coinvolto in modo diretto in tale complotto, secondo le autorità chaviste, ci sarebbe addirittura il governo del nuovo presidente argentino, l’ultraliberista Javier Milei. Buenos Aires ha bollato le accuse come “ridicole” e chiesto la liberazione del gendarme argentino Nahuel Gallo, anch’egli incarcerato in quanto parte di quella che Maduro ha definito una “aggressione fascista internazionale”.
“Sono qui per volontà di Dio Onnipotente, per volontà del nostro popolo”, ha assicurato Maduro, pronto a iniziare il terzo mandato consecutivo. La cerimonia di inaugurazione si svolgerà venerdì a mezzogiorno (le 17:00 in Italia) in Parlamento, dove il presidente socialista ha la maggioranza assoluta in quanto le opposizioni avevano boicottato le elezioni legislative del 2020. A sancire la conferma di Maduro con il 52% dei voti è stato il Consiglio Elettorale Nazionale (Cne), che non ha però pubblicato i verbali dei seggi sostenendo di averli persi in un attacco informatico. Una scusa alla quale non ha mai creduto l’opposizione, la quale ha pubblicato documenti dei suoi scrutatori da quali emergerebbe una vittoria di Urrutia con il 67%.
Caracas è blindata
I partiti antichavisti hanno indetto per domani proteste a sostegno del “presidente eletto” Urrutia in tutto il Paese. Il governo ha risposto all’appello convocando nelle piazze i suoi sostenitori e dispiegando un gran numero di truppe a Caracas. La televisione nazionale sta trasmettendo di continuo immagini che mostrano esercito, polizia, miliziani, agenti dei servizi segreti e ‘colectivos’ (paramilitari) circolare per la città, a volte incappucciati. Il ministro dell’Interno, Diosdado Cabello, ha avvertito che i “fascisti” e i “terroristi” verranno repressi con durezza se proveranno a ostacolare l’insediamento di Maduro. “Se osate, ve ne pentirete per il resto della vita perché noi difenderemo il Palazzo, ma poi andremo al contrattacco”, ha dichiarato Cabello.
Sono minacce che richiamano alla mente la dura repressione delle proteste seguite alla proclamazione di Maduro, che provocò 28 morti, 200 feriti e l’arresto di 2.400 persone accusate di terrorismo, 900 delle quali ancora in carcere. Per aiutare i dimostranti a “superare la paura”, la leader del’opposizione, Maria Corina Machado, che vive nascosta da cinque mesi, ha promesso che riapparirà in pubblico per “non perdere questa giornata storica” e si è detta sicura che la “tirannia abbia i giorni contati”.
Il ritorno di Urrutia
Appare molto difficile che Urrutia riesca a ritornare in patria senza venire arrestato. Il suo gesto, che giunge dopo mesi di esilio spagnolo seguiti da un tour americano che ha toccato anche Washington, ha un valore prima di tutto simbolico. Per aumentare la risonanza internazionale del suo ritorno, saranno con lui nove ex presidenti del gruppo dell’Iniziativa Democratica di Spagna e delle Americhe (Idea), tra cui l’ex presidente colombiano Andres Pastrana. Con lui anche i messicani Felipe Calderon e Vicente Fox, il boliviano Jorge Quiroga, il paraguayano Mario Abdo Benitez e la panamense Mireya Moscoso.
“Edmundo aveva dichiarato al mondo che sarebbe andato in Venezuela e, se andrà in Venezuela, abbiamo l’obbligo di accompagnarlo in questo viaggio di ritorno per il suo insediamento il 10 gennaio”, ha dichiarato Pastrana, in carica dal 1998 al 2002, alla radio La FM. Gli ex capi di Stato che faranno parte della delegazione dovrebbero incontrare oggi Urrutia a Panama per poi recarsi con lui domani in Repubblica Dominicana. Da qui il gruppo cercherà di fare ingresso in Venezuela per via aerea in quanto, a causa della forte militarizzazione del territorio, non è possibile passare via terra, nonostante i 2.219 chilometri di confine con la Colombia, dove spadroneggiano bande di narcotrafficanti.
Cabello ha assicurato che gli ex presidenti “saranno arrestati e consegnati alla giustizia” se cercheranno di entrare nella Repubblica Bolivariana. Stessa sorte attenderebbe Urrutia, sul cui capo pende una taglia di 100 mila dollari ed è accusato di “complicità in atti violenti contro la repubblica, usurpazione di funzioni, falsificazione di documenti, riciclaggio di denaro, disconoscimento delle istituzioni statali, istigazione alla disobbedienza alle leggi, associazione a delinquere”.
Se l’oppositore settantacinquenne può contare su un largo consenso tra la popolazione, le istituzioni sono saldamente a fianco del leader chavista, dalla Commissione Elettorale Nazionale che ne ha proclamato la vittoria alle forze armate. Urrutia nei giorni scorsi aveva chiesto all’esercito di schierarsi al suo fianco ma l’appello era stato respinto in modo sprezzante dall’Alto Comando.
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