Il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Brindisi (Dott. Natali), con provvedimento del 30 dicembre 2024, ha offerto un’innovativa opzione ricostruttiva della cessione dei crediti in blocco, sotto il profilo della sua idoneità a radicare una legittimatio in executivis del creditore – cessionario, ovvero i presupposti per la sua legittimazione ad azionare in via esecutiva il credito oggetto di cessione.
In particolare, nel provvedimento si evidenzia come la cessione dei crediti in blocco derivante da mutuo (o da un rapporto di conto corrente, la cui fonte genetica risulti redatta nelle forme dell’art. 474 C.p.c.), possa essere inquadrata quale componente di un titolo esecutivo complesso e a formazione progressiva e, in quanto tale, dovrebbe rispettare le forme che, in virtù del disposto dell’art. 474 C.p.c., consentono l’azionabilità di un qualunque titolo esecutivo.
Ovvero, in altri termini, dovrebbe essere rivestita della forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, e ciò a pena di nullità.
Tale ricostruzione presuppone, tuttavia, da un lato, che si ritenga ammissibile un titolo esecutivo c.d. complesso; dall’altra, che si proceda all’individuazione dell’esatta natura giuridica della cessione del credito.
L’art. 474, c. 2, C.p.c., ricorda il Tribunale, consegna un modello di titolo esecutivo, unisussistente o monostrutturato, non prevedendo che lo stesso possa essere integrato da una fattispecie complessa e a formazione progressiva, comprensiva di una serie di elementi.
In ogni caso, come desumibile dal tenore dell’art. 474 c.p.c., in virtù di una precisa scelta legislativa, il titolo esecutivo può avere natura negoziale (scritture private autenticate, rogiti notarili) oppure giudiziale (sentenze e altri atti costituenti esercizio della funzione giurisdizionale con efficacia esecutiva).
Per principio interpretativo consolidato si ritiene che, nell’ipotesi che un’ordinanza o una sentenza venga riformata, a fronte della successione delle regole di giudizio avutasi con riguardo ai rapporti fra le parti, ciascuna consacrata da un diverso titolo giudiziale, il titolo legittimante all’esecuzione non sempre rimanga quello originario: ciò, in quanto la suddetta pluralità di atti di natura giudiziaria concorre nel delineare la regolamentazione del diritto di procedere in executivis dell’opposta.
Secondo il Tribunale lo stesso principio interpretativo deve ritenersi applicabile per quanto concerne i titoli di formazione stragiudiziale, in quanto anche per tali ultimi si può assistere a delle vicende giuridiche che ne determinano delle modifiche o sul piano soggettivo o su quello oggettivo, incidendo o sulla legittimazione ad azionare il titolo o sulla sua stessa portata precettiva.
Per quanto concerne i titoli di formazione stragiudiziale, pertanto, il Tribunale ritiene che non vi siano preclusioni logiche o giuridiche perché il titolo esecutivo si concretizzi in una successione di atti giuridici, convergenti a delineare il contenuto dell’obbligo (nel caso di specie, consistenti nel collegamento fra un contratto di mutuo e la successiva surrogazione volontaria, entrambi redatti per atto pubblico).
Una conclusione diversa, precisa il GE, ovvero che diversificasse, per le due ipotesi, la logica di ricostruzione del titolo, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost., oltre che con quello di ragionevolezza che, nato dall’alveo proprio del primo, ha finito per acquisire autonomia operativa e valenza generale.
In conclusione, il titolo, per valere come esecutivo, deve possedere fin da subito i caratteri prescritti dall’art. 474 C.p.c., anche nel caso di cessioni di crediti in blocco; nel caso di specie, tuttavia, il GE ha ravvisato che il rigore richiesto dal tale modello di prova presuntiva non sia stato raggiunto, per le seguenti ragioni:
- la dichiarazione di cessione ha una valenza meramente dichiarativa e ricognitiva di un ipotetico effetto traslativo, che quindi è inidonea a costituire; inoltre, proviene da una sola delle parti dell’ipotetico contratto di cessione, ed è priva anche di valenza confessoria, perché proveniente da soggetto interessato rispetto all’oggetto rappresentato
- l’estratto dell’avviso di cessione (dei crediti in blocco) ha una valenza sul piano solo della prova degli adempimenti pubblicitari ex art. 58 TUB, costituendo strumento semplificatorio non della negoziazione dei crediti ma degli adempimenti richiesti ai fini della opponibilità ai terzi delle vicende dispositive degli stessi
- l’attestazione notarile dell’autenticità della dichiarazione di cessione prodotta ha per oggetto – esplicando la sua efficacia fidefaciente – la mera qualità giuridica di chi ha reso la dichiarazione unilaterale e la circostanza che un dato giorno la stessa sia stata resa; per contro non contiene alcun riferimento all’oggetto della contestata cessione, che continua ad essere “dichiarato” da una delle parti interessate alla negoziazione.
Conclusivamente, il Tribunale, non riconoscendo alcuna efficacia probatoria qualificata della ricomprensione del credito del debitore nella cessione in blocco, ha sospeso la procedura esecutiva.
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