Il sud della Siria è la spina nel fianco di Al Julani

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«Abbiamo discusso della questione del confine, dei pericoli della droga, delle armi e del terrorismo, e dei tentativi dell’Isis di ristabilire una presenza. Lavoreremo insieme», assicurava ieri il ministro degli Esteri giordano, Ayman Safadi, stringendo la mano all’omologo siriano Asaad Shaibani. «La Siria diventerà una fonte di sicurezza e stabilità», ha replicato Shaibani, membro di spicco dell’esecutivo guidato da Ahmed Sharaa (Al Julani), leader del gruppo jihadista Hay’at Tahrir al Sham (Hts) oggi al potere, e dal premier Mohammed Bashir.

La priorità di Amman è mettere fine al traffico di stupefacenti che parte dalla Siria meridionale e attraversa la frontiera. Tuttavia, è difficile che l’esecutivo jihadista di Al Julani possa rispettare gli impegni con la Giordania se prima l’Amministrazione delle operazioni militari (Aom) di Damasco non prenderà il pieno controllo del sud della Siria. L’avanzata delle truppe israeliane, dopo la caduta di Assad, oltre le linee di armistizio del Golan, fino ad occupare almeno altri 600 kmq di territorio siriano e la decisione di Al Julani e Bashir di lasciarle fare, favorisce indirettamente gruppi e fazioni nella Siria meridionale che non si piegano alla nuova Damasco. I vertici della cosiddetta «Cabina delle operazioni del sud», la principale coalizione di gruppi armati siriani al confine con la Giordania, intende rimanere una entità armata autonoma e non consegnare le armi alle milizie jihadiste filo-turche che hanno preso il potere l’8 dicembre scorso. La «Cabina» da più di dieci anni ha rapporti privilegiati con i servizi di sicurezza giordani e controlla buona parte delle regioni di Daraa. In sostanza vorrebbe replicare, almeno in parte, l’autonomia curda nel nord-est della Siria.

La spina nel fianco di Al Julani nel sud del paese non è tanto la «Cabina», quanto Mohsen Al Haimed e i suoi miliziani, una milizia pro-Assad che ha dimostrato la sua forza nei giorni scorsi lanciando attacchi letali contro affiliati e simpatizzanti di Hts. Per sgominare Al Haimed – dipinto dai nuovi media siriani come un «criminale e assassino» ed ex membro dell’Isis passato poi ai governativi – l’Aom ha dovuto inviare 2mila uomini a Daraa, la capitale del sud. Un paradosso se si considera che questa città è stata una roccaforte dell’opposizione contro Assad. Le sue campagne restano un terreno minato per i governativi di ogni specie. E, sempre nel sud, non può essere dimenticato il «no», fino ad oggi, dei drusi guidati da Sheikh Hikmat Al- Hijri all’ingresso dell’Aom nella loro roccaforte Suwaida. Al Hijri chiede vuole garanzie da Al Julani: i drusi non pretendono l’autonomia, ma dopo aver lottato per anni contro le infiltrazioni nel loro governatorato dell’Isis e aver contestato negli ultimi due anni Bashar Assad, non hanno alcuna intenzione di ritrovarsi ora sotto un dominio jihadista.

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Tensione e scontri anche a Homs dove dal 2 gennaio è in corso un’altra operazione di sicurezza contro ex ufficiali dell’esercito rimasti fedeli al presidente deposto. I rastrellamenti proseguono ed è stato arrestato Muhammad Shalhoum, presunto addetto alle telecamere di sorveglianza della prigione di Sednaya. «Gli spari sono continui, i bambini sono terrorizzati e molti uomini sono stati arrestati in modo indiscriminato», ha raccontato un testimone, Maher Saleh, a media locali. Alcuni uomini della sicurezza, ha aggiunto, hanno distrutto «strumenti musicali e narghilè, bottiglie di alcolici» e costretto «alcuni detenuti ad abbaiare e ragliare», tra insulti e frasi settarie.

Intanto il Qatar, sponsor dei Fratelli Musulmani, organizzazione islamista molto influente nella società siriana con cui Al Julani (un salafita) presto dovrà fare politicamente i conti, fa sentire il suo peso nel futuro della Siria inviando aiuti, inclusa una nave per la produzione di energia elettrica (altrettanto ha fatto la Turchia alleata di Al Julani). Il governo Bashir ha accolto con soddisfazione questo sviluppi così come il rafforzamento della lira siriana nei confronti del dollaro dopo l’annuncio da parte di Washington di un allentamento a scopo umanitario delle sanzioni che colpiscono la Siria (Damasco con Assad al potere invece era stata tenuta sotto dure sanzioni per 13 anni con grave danno per milioni di civili siriani). Novità alle quali il governo Bashir ha però risposto con una decisione che preoccupa. Ha rinviato sine die il congresso nazionale siriano, previsto entro gennaio, che avrebbe dovuto gettare le basi per la discussione sul futuro democratico del paese. Prima sarà formato un comitato preparatorio di cui però si ignora la composizione. Alla fine dello scorso anno Al Julani ha parlato di elezioni solo fra quattro anni.

 

 



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