Pensioni, tutte le novità 2025, l’analisi esclusiva dopo la Manovra

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Le novità sulle pensioni 2025: cosa cambia per i pensionati e cosa cambia per i lavoratori che si accingono ad andare in pensione. E quali variabili entrano in gioco. Come ogni inizio anno, sono tante le cose da approfondire sulle pensioni.

E, come sempre, ecco un’analisi approfondita delle novità da parte dei nostri esperti previdenziali. Ecco, una per una, le novità introdotte dalla legge di Bilancio e cosa cambia a partire dal nuovo anno appena iniziato.

Pensioni, tutte le novità 2025, l’analisi esclusiva dopo la Manovra

Chi deve ancora andare in pensione nel 2025 sicuramente prenderà una pensione inferiore a quella di chi è andato in pensione nel 2024 o prima.

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Parliamo di soggetti a parità di montante contributivo e di età di uscita. Questo perché nel 2025 sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione del montante contributivo in pensione.

Non è stata una decisione del governo presa nella manovra di Bilancio, perché il meccanismo ha origine lontana. Ogni due anni, i coefficienti che servono a trasformare l’ammontare dei contributi in pensione sono aggiornati in base all’andamento della stima di vita della popolazione italiana, generando pensioni migliori o peggiori a seconda di questo particolare dato.

Perché cambiano i coefficienti di trasformazione biennio dopo biennio

Più cresce la vita media dei cittadini, più sfavorevoli risultano i coefficienti. Al contrario, se la vita media scende, come accaduto durante la pandemia, i coefficienti migliorano.
Se i cittadini vivono più a lungo, l’INPS deve pagare pensioni per più tempo. Per far quadrare i conti, le pensioni devono essere meno ricche e i coefficienti ridotti. Se la vita media scende, invece, l’INPS può permettersi di pagare pensioni più alte, perché le corrisponde per un periodo inferiore.
Il taglio medio si aggira sui 10 euro ogni 10.000 euro di contributi versati. Questo è ciò che cambia con i nuovi coefficienti del 2025, che saranno validi anche per il 2026, dato che l’aggiornamento è biennale.

Pensioni e aumenti, ecco cosa cambia nel 2025

Le pensioni indicizzate al tasso di inflazione sono una costante ogni anno. Le pensioni vengono rivalutate secondo l’inflazione, ma con meccanismi variabili e in misura non uguale per tutti i pensionati. Nel 2025, la novità è il ritorno a una indicizzazione più equa, perché lo scorso anno il metodo usato dal governo è stato criticato e perfino portato davanti alla Corte Costituzionale.

Si attende ancora l’esito di ciò che decideranno i giudici della Consulta sulla presunta incostituzionalità del meccanismo adottato nel 2024, che – anticipiamo già – nel 2025 è stato naturalmente cambiato.

La rivalutazione delle pensioni

A gennaio 2024, le pensioni furono aumentate al 100% del tasso di inflazione solo per quelle fino a 4 volte il trattamento minimo. A partire da quelle sopra questa soglia, ci furono tagli consistenti: 85% di rivalutazione per quelle fino a 5 volte il minimo, 54% fino a 6 volte, 47% fino a 8 volte, 37% fino a 10 volte e 22% per gli assegni più elevati.
Nel 2025, invece, la rivalutazione è rimasta al 100% per le pensioni fino a 4 volte il minimo, e solo sulla parte superiore a questa soglia (fino a 5 volte) la rivalutazione è stata del 90%. Per scendere, infine, al 75% sulla parte di pensione superiore a 5 volte il minimo.

Pensioni 2025 aumentate in base all’inflazione, ma di pochi euro

C’è da dire che gli aumenti dovuti alla rivalutazione 2025 sono esigui per via di un tasso di inflazione determinato dall’ISTAT altrettanto basso.

Solo dello 0,8% risulta l’inflazione e di tanto sono aumentate, al 100%, le pensioni fino a 4 volte il minimo. L’aumento è dello 0,72% per la parte di pensione sopra 4 e fino a 5 volte il minimo. E dello 0,60% per la parte di pensione ancora più elevata.
Va anche detto che il governo, per le pensioni fino a poco più di 600 euro al mese (quelle integrate al trattamento minimo), ha concesso una extra rivalutazione del 2,2%.

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Donne in pensione, il governo alle contributive ha dato una mano

Un’importante novità appena introdotta è l’aumento di 4 mesi di taglio sull’età di uscita per le pensioni contributive delle lavoratrici che hanno avuto figli. Fino alla modifica in vigore da gennaio 2025, le lavoratrici con il primo accredito contributivo successivo al 31 dicembre 1995 potevano anticipare l’uscita di 4 mesi per ogni figlio avuto. Con uno sconto massimo di 12 mesi per chi aveva 3 o più figli.

Nel 2025 lo sconto arriva a massimo 16 mesi per chi ha avuto 4 o più figli. Questo taglio si applica alle pensioni contributive, dunque a 64 anni con le anticipate contributive, a 67 anni con le pensioni di vecchiaia ordinarie e a 71 anni con le pensioni di vecchiaia contributive.

La previdenza integrativa aiuta a completare il percorso per le pensioni anticipate contributive

Sempre per i contributivi puri, ossia per chi ha iniziato a versare solo a partire dal primo gennaio 1996, un’altra novità appena introdotta è quella che favorisce l’accesso alla pensione anticipata contributiva. Uscire a 64 anni di età, infatti, diventa più semplice perché si potrà utilizzare anche la previdenza integrativa.

Come noto, con la pensione anticipata contributiva, gli interessati possono lasciare il lavoro a 64 anni con almeno 20 anni di contributi versati, purché la pensione sia pari a 3 volte l’assegno sociale. Oppure 2,8 volte per le lavoratrici che hanno avuto un figlio, o 2,6 volte per quelle che hanno avuto più figli.

Grazie all’utilizzo della rendita maturata nei fondi pensione integrativi, gli interessati potranno raggiungere più facilmente le soglie indicate. Accedendo così, con meno difficoltà, a questa prestazione.

Lo sgravio contributivo del bonus Maroni esteso

Un’ulteriore novità di grande rilievo è l’ampliamento del vantaggio del cosiddetto bonus Maroni. Infatti, per i lavoratori che raggiungono i requisiti per alcune misure previdenziali, esiste la possibilità di chiedere all’INPS, restando in servizio, lo sgravio della parte di contributi a loro carico per tutti gli anni o i mesi di lavoro successivi.

Un vantaggio che, fino allo scorso anno, era destinato solo a coloro che maturavano il diritto alla pensione con la quota 103.

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Nel 2025, questo beneficio potrà essere sfruttato anche da chi raggiunge i requisiti semplicemente per la pensione anticipata ordinaria. Quindi, sia per chi arriva a 62 anni di età e 20 anni di versamenti (avendo accesso alla quota 103), sia per chi, a prescindere dall’età, completa 42,10 anni di contributi se uomo e 41,10 anni se donna.

In pratica, per tutti i periodi di permanenza al lavoro, si potrà ottenere uno stipendio maggiore. Ciò è dovuto al fatto che il 9,19% che un dipendente versa come contributi a suo carico rimane in busta paga, aumentando la retribuzione netta.



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