Alcune settimane fa il Partito del movimento nazionalista (Mhp) alleato dell’Akp di Erdoğan aveva ventilato la possibilità di iniziare un processo di dialogo con Abdullah Öcalan (https://volerelaluna.it/mondo/2024/11/13/una-nuova-fase-politica-in-kurdistan/). Erdoğan si era espresso favorevolmente e finalmente, dopo innumerevoli richieste, la delegazione del Partito dell’uguaglianza e della democrazia dei popoli (Dem), costituita da Pervin Buldan e Sirri Sureyya Onder, ha ottenuto il permesso di fare visita sabato 28 dicembre al leader curdo nel carcere di Imrali, dove è detenuto da venticinque anni in totale isolamento. Come possa essere praticabile una sincera nuova fase di confronto risulta difficile da pensare quando Erdoğan continua con la sua lotta al Dem e al Pkk e sta attaccando senza sosta i curdi del Rojava, avvalendosi delle milizie del Syrian national army (Sna), che dall’inizio dell’offensiva contro l’ormai caduto governo di Bashar al-Assad, di cui la Turchia è in parte artefice, hanno già strappato alcune zone alle Syrian democratic forces (Sdf), in cui le unità di resistenza curde sono prevalenti (https://volerelaluna.it/mondo/2024/12/03/siria-un-nuovo-massacro-del-popolo-curdo/). Anche Kobane, città simbolo della resistenza curda contro l’Isis, rischia un’offensiva da parte delle Sna e della Turchia. Ma Erdoğan sa giocare bene le carte quando la partita gli conviene. Il Dem lo sa e con ragione ha detto di voler osservare le reali intenzioni del Governo. Se l’offensiva che Erdoğan ha lanciato in Rojava, approfittando della situazione siriana, dovesse ridurre significativamente la presenza dell’Amministrazione autonoma del nord-est della Siria (Aanes), per Ankara sarebbe una carta importantissima da giocare per indebolire anche i curdi in Turchia e la posizione negoziale di Öcalan. Da Imrali Öcalan ha fatto sapere che «gli eventi di Gaza e della Siria hanno dimostrato che la soluzione della questione curda, che si tenta di complicare attraverso l’intervento esterno, non dovrebbe più essere ritardata».
Intanto alcune vicende interne non autorizzano ottimismi.
Lo scorso 4 dicembre la terza sezione della Corte suprema della Turchia ha notificato al co-sindaco di Van, Abdullah Zeydan, la revisione della decisione dell’Alta corte penale di Diyarbakir che gli aveva restituito, prima delle elezioni del 31 marzo, i diritti elettorali per potersi candidare a rivestire la carica di primo cittadino. Zeydan, che insieme alla co-sindaca Neslihan Sedal ha vinto le elezioni, è membro del Dem che porta avanti il progetto politico del leader curdo del Partito dei lavoratori del Kurdistan, Abdullah Öcalan, ossia il confederalismo democratico. Il Dem nasce dalla repressione che il governo turco ha condotto contro il Partito democratico dei popoli (Hdp), che potrebbe essere dichiarato fuori legge a breve con l’accusa di essere affiliato al Pkk, quest’ultimo nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione Europea, degli Stati Uniti e della stessa Turchia.
Il co-sindaco Zeydan è stato membro dell’Hdp e ha trascorso sette anni in prigione, dal 2015 al 2022, accusato di essere sostenitore del Pkk e di aver collaborato a azioni di propaganda terroristica. Nella prigione di Edirne è stato a stretto contatto con Selahattin Demirtas, leader curdo dell’Hdp, a cui negli scorsi mesi è stata notificata una sentenza “tombale”. Con lui ha partecipato allo sciopero della fame a sostegno della liberazione del leader del Pkk Öcalan e contro le condizioni di detenzione nelle prigioni turche. Il 6 gennaio del 2022 finalmente è stato liberato e ha potuto partecipare alle elezioni amministrative di quest’anno, vincendole. Poche ore dopo il successo è stato raggiunto da una decisione dell’autorità elettorale locale che lo privava ancora una volta dei diritti elettorali. La popolazione di Van ha reagito con imponenti manifestazioni di piazza e il Consiglio supremo elettorale ha poi accolto il ricorso presentato dal Dem, restituendo a Zeydan quanto conquistato nelle urne.
Il Governo turco però non si è fermato e numerosi co-sindaci sono stati rimossi dai loro incarichi, con il solito pretesto della fedina penale “sporca” (per un curdo che si oppone a Erdoğan e al suo governo è difficile averla pulita perché regolarmente viene accusato di terrorismo e finisce in prigione). In questa maniera, dallo scorso giugno, sono stati sostituiti dai commissari scelti dal governo i co-sindaci curdi delle città di Hakkari, Esenyurt, Mardin, Batman, Helfeti, Dersim, Ovacik e per ultima Bahcesaray. Insomma, il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) di Erdoğan perde le elezioni e allora prova a usurpare il potere attraverso provvedimenti amministrativi e giudiziari che liquidino i candidati democraticamente eletti.
Questa pratica va avanti da diversi anni e segue la rottura del 2015 degli accordi di cessate il fuoco nonché del dialogo che si era aperto tra il governo turco e il Pkk per porre fine alla persecuzione dei curdi da parte di Ankara e alla lotta armata da parte del partito guidato da Öcalan. Il processo si era interrotto con l’inasprirsi del conflitto in Siria e l’apparizione sulla scena politico-militare dell’Isis, supportato da Ankara anche con l’apertura ai foreign fighters delle frontiere verso la Siria, i quali a migliaia si sono uniti all’organizzazione jihadista.
La notizia che a Zeydan potrebbero ancora una volta essere cancellati i diritti elettorali per sostituire lui e la co-sindaca Sedal con un commissario asservito a Erdoğan sembra voler mettere in mostra i muscoli del presidente turco per l’eventuale tavolo delle trattative con Öcalan, cavalcando, almeno per il momento, l’onda a lui favorevole degli eventi siriani. Zeydan deve attendere che l’Alta corte penale di Diyarbakir, a cui la Corte suprema ha rinviato il caso, provveda a revisionare la decisione sulla base del fatto che il co-sindaco, per potersi candidare, avrebbe dovuto attendere un periodo di tre anni dal termine della pena.
Zeydan e Sedal, nella conferenza stampa convocata il 6 dicembre per dare notizia della decisione della Corte suprema, hanno fatto appello alla piazza perché si ribelli al tentativo del Governo di «ribaltare la volontà del popolo curdo». Zeydan ha chiuso il suo intervento dicendo: «mobilitiamoci tutti e tutte per la giustizia e la libertà». Alla conferenza stampa hanno partecipato centinaia di persone che hanno accolto i leader del DEM con slogan di incoraggiamento.
In homepage foto del sindaco di Van, scattata da Giorgio Barbarini nello scorso aprile
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