Verso una ricerca biomedica incentrata sull’uomo

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Per accelerare l’integrazione di metodi innovativi non animali nella ricerca biomedica è necessario avviare una trasformazione culturale.

A cura di HSI Italia

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Nonostante i notevoli progressi della ricerca biomedica, molte malattie comuni, come quelle cardiovascolari, oncologiche, metaboliche e neurodegenerative, insieme ai disturbi mentali, continuano a rappresentare una sfida rilevante per la salute pubblica. Dati recenti mostrano che, in Europa, malattie quali le patologie cardiocircolatorie e il cancro sono complessivamente responsabili di circa il 54 per cento dei decessi. Inoltre, l’emergere di nuove malattie infettive e la minaccia sempre più critica della resistenza antimicrobica (Amr) richiederanno risposte tempestive e coordinate da parte di ricercatori, decisori politici e istituzioni.

La forte dipendenza da modelli tradizionali, come quelli animali e sistemi sperimentali semplificati non rappresentativi della biologia e fisiologia umana, ha dimostrato di avere una limitata trasferibilità ai contesti clinici umani. Ciò si riflette, ad esempio, nei tassi elevati di fallimento nello sviluppo di farmaci per malattie come il cancro e l’Alzheimer, con percentuali di successo spesso inferiori al dieci per cento.

La necessità di un cambio di paradigma

Negli ultimi anni, il panorama della ricerca biomedica sta vivendo una trasformazione radicale, con una crescente spinta verso approcci incentrati sull’uomo. Questi includono metodologie avanzate come i sistemi microfisiologici (Mps), le tecnologie in silico (computazionali) e altri innovativi approcci metodologici (in inglese, New approach methodologies o Non-animal methods, Nam), che risultano più rappresentativi della biologia umana.

La Commissione europea ha recentemente proposto un’azione all’interno dello Spazio europeo della ricerca (Era) per promuovere l’uso di tali approcci, sottolineando un impegno chiaro verso una ricerca più rilevante per l’uomo. Un ulteriore passo avanti è stato compiuto nei Paesi Bassi, con l’approvazione di un finanziamento di 124,5 milioni di euro per l’istituzione del “Centre for animal-free biomedical translation” presso l’Università di Utrecht. Inoltre, gli Stati Uniti hanno lanciato l’iniziativa “Complement-Arie”, un programma decennale da 400 milioni di dollari finalizzato ad accelerare lo sviluppo di Non-animal methods.

Questi esempi rappresentano segnali concreti di un cambiamento di paradigma. Tuttavia, per garantire che questa transizione si traduca in un impatto reale sulla salute pubblica, è necessario considerare alcune questioni fondamentali.

  • Come garantire che questi nuovi approcci abbiano rilevanza traslazionale, ovvero che permettano la generazione di dati utili alla creazione di nuovi interventi farmacologici e non-farmacologici, terapie, diagnostica o interventi di salute pubblica realmente efficaci per l’essere umano?
  • Quali infrastrutture sono necessarie per supportare l’adozione di tecnologie innovative?
  • Come assicurare che la ricerca finanziata abbia un impatto misurabile e tangibile sulla società e sulla salute pubblica?

Il ruolo della Biomed21 collaboration

Questi temi sono stati al centro del workshop organizzato a Bruxelles il 18 novembre 2024 dalla Biomedical research for the 21st century (Biomed21) collaboration. L’evento ha riunito ricercatori, rappresentanti di istituzioni governative, organizzazioni scientifiche e altri portatori d’interesse per discutere di strategie e priorità volte a migliorare l’impatto della ricerca biomedica sulla salute delle persone. Tra gli obiettivi principali del workshop, rientravano:

  • l’identificazione di bisogni non soddisfatti (unmet medical needs, Umn) in ambito medico e sanitario che potrebbero trarre vantaggio da collaborazioni interdisciplinari;
  • l’analisi del valore delle metodologie innovative e della loro integrazione nella ricerca;
  • la promozione di iniziative educative finalizzate a formare una nuova generazione di ricercatori esperti in metodi focalizzati sulla specie umana.

Il workshop ha anche sottolineato l’importanza della standardizzazione di queste nuove tecnologie, e il ruolo cruciale delle riviste scientifiche nella disseminazione di studi con impatto traslazionale.

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I topi sono tra gli animali più utilizzati in ambito di ricerca © HSI

Verso una ricerca più inclusiva e orientata alla salute

Le discussioni emerse durante il workshop hanno evidenziato la necessità di politiche trasformative che favoriscano una ricerca guidata dalla scienza e focalizzata sulla salute umana. Un passo importante sarà la creazione di un consensus report, basato sui risultati del workshop, che includa raccomandazioni strategiche per orientare l’implementazione del programma di finanziamento per la ricerca e l’innovazione Horizon Europe e la definizione del prossimo programma quadro Fp10.

In definitiva, il futuro della ricerca biomedica farà sempre più affidamento sulla nostra capacità di abbracciare approcci innovativi, supportati da strategie collaborative multidisciplinari, capaci di affrontare le sfide globali con strumenti scientificamente avanzati e socialmente responsabili.

Tuttavia, per accelerare davvero l’integrazione di metodi non animali nella ricerca biomedica e preclinica, è necessario avviare una trasformazione culturale. Serve un cambiamento di mentalità e metodologia che abbracci approcci scientifici avanzati, etici e rilevanti per l’essere umano. Questo cambiamento non riguarda solo l’adozione di nuove tecniche, ma la ridefinizione dei nostri valori, standard e quadri di riferimento per riflettere una visione orientata al futuro, scientificamente solida e incentrata sull’essere umano.

In sintesi, migliorare la traduzione e l’impatto della ricerca significa superare i colli di bottiglia tra la scienza e la sua implementazione pratica, utilizzando approcci strategici che garantiscano che i risultati della ricerca siano rilevanti, applicabili e orientati al benessere della collettività.

Questa trasformazione rappresenta un’opportunità unica per allineare l’innovazione scientifica con il progresso etico, ridefinendo i principi e gli obiettivi della ricerca in modo da massimizzarne l’impatto sulla salute pubblica e il benessere globale. È una chiamata al cambiamento che va oltre le procedure tecniche, richiedendo un ripensamento radicale delle priorità e delle aspirazioni della comunità scientifica.

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