È la fotografia di un Paese che ancora una volta si è fatto trovare impreparato agli eventi climatici estremi quella che esce dal bilancio dell’anno appena trascorso elaborato dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, che mette in fila i numeri della crisi climatica in Italia. Nel 2024, e per il terzo anno consecutivo, sono stati rilevati dall’Osservatorio 351 eventi meteo estremi che hanno colpito il nostro Paese. Dal 2015 al 2024 sono aumentati di quasi sei volte, +485 per cento. Nel 2015 ne furono registrati 60.
A FARE LA PARTE DEL LEONE nell’anno appena trascorso vi sono: l’aumento dei danni da siccità prolungata (+54,5 per cento rispetto al 2023), le esondazioni fluviali (+24 per cento) e gli allagamenti dovuti alle piogge intense (+12 per cento). Altro dato preoccupante che emerge dal bilancio di Legambiente riguarda i ghiacciai alpini che sono sempre più sottili e quasi tutti in forte arretramento. L’Adamello, il più grande delle Alpi italiane, nel 2024 ha registrato una perdita di spessore nel settore frontale di 3 metri ed effetti della fusione fino a 3.100 metri di quota.
In Piemonte, poi, lo zero termico in quota è arrivato a 5.206 metri, sfiorando il record di nove anni fa, quando era salito fino a 5.296 metri. A tutto questo si deve aggiungere anche l’ennesimo record di temperature globali registrato dal programma europeo Copernicus che indica il 2024 come l’anno più caldo dall’inizio delle registrazioni con il superamento, per la prima volta, della soglia di 1,5 °C sopra i livelli preindustriali.
IL NORD ITALIA, CON 198 EVENTI meteo estremi, è il più colpito, seguito dal Sud con 92 e dal Centro con 61. La regione più martoriata dalla crisi climatica nel 2024 è stata l’Emilia-Romagna con 52 eventi, seguita da Lombardia (49), Sicilia (43), Veneto (41) e Piemonte (22). Mentre tra le province svetta al primo posto Bologna con 17 eventi meteo estremi, seguita da Ravenna e Roma entrambe a quota 13, Torino con 12 e Palermo con 11. Tra le grandi città, Roma è quella più colpita con 8 eventi meteo estremi, seguita da Genova (7) e Milano (6).
PREOCCUPA IL FENOMENO DELLA SICCITÀ. Il periodo siccitoso che ha colpito Sicilia e Sardegna, e gran parte del sud Italia, da fine 2023, ha portato, stando a quanto riporta l’Osservatorio, a impatti enormi per l’agricoltura; come la riduzione della produzione di olio d’oliva stimata dell’80% rispetto al 2023. In Sicilia, grano, cereali e foraggi hanno fatto registrare un calo di produzione con punte del 100 per cento. L’assenza di pioggia ha colpito anche frutteti, vigneti e uliveti, tanto da costringere, per esempio, gli agricoltori a forzare la caduta delle pesche dagli alberi per salvare le piante. Danni anche alla raccolta delle arance e alla produzione di grano, con cali in alcune zone che hanno raggiunto il 70 per cento. GRAVI IMPATTI ANCHE SULLA
PRODUZIONE di miele, con una diminuzione annuale prevista del 95 per cento. La situazione, sempre più allarmante, ha colpito la disponibilità idrica in molti comuni dell’isola, con oltre due milioni di persone incluse nel piano di razionamento dell’acqua con interruzioni dell’erogazione. In Sardegna sono stati gravemente colpiti allevamenti e terreni agricoli, mentre in primavera si era deciso di limitare l’approvvigionamento idrico per usi agrozootecnici in modo da non impattare su centinaia di migliaia di residenti e turisti. «Un fenomeno preoccupante quello della siccità che a più riprese ha colpito in questi anni l’Italia» ha affermato Andrea Minutolo responsabile scientifico di Legambiente. «Simbolo di quest’estate è stato il lago Pergusa, in provincia di Enna, ridotto più o meno a una pozza. L’emergenza in Sicilia è figlia della siccità del Po del 2022 e di un trend collegato alla crisi climatica in continua evoluzione – ha proseguito Minutolo – che rappresenta un monito severo. Per questo è importante che il Paese definisca una strategia nazionale della gestione idrica, più attenta e circolare, con interventi concreti che favoriscano l’adattamento ai cambiamenti climatici e permettano di ridurre da subito i prelievi di acqua evitandone anche gli sprechi».
L’OSSERVATORIO CITTÀ CLIMA ha anche riservato un focus sull’impatto che hanno avuto gli eventi meteo estremi sul trasporto nelle aree urbane. Sono stati rilevati interruzioni e sospensioni causate non solo da piogge intense, allagamenti e frane dovute a intense precipitazioni, ma anche dalle temperature record e dalle forti raffiche di vento. Tra i casi più recenti gli episodi dello scorso 24 ottobre a Roma, dove è stata chiusa per allagamento, causato dalla pioggia intensa, la stazione Cipro della Metro A; pochi giorni prima era stata sospesa la circolazione ferroviaria sulla linea Rimini-Ravenna, per il forte maltempo che ha provocato l’allagamento dei binari nella stazione di Cesenatico. Il 5 settembre scorso una nuova esondazione del Seveso a Milano ha portato a ritardi per i treni tra le stazioni di Rogoredo e Porta Vittoria.
IL GOVERNO HA LE SUE COLPE. «Il Governo Meloni, in oltre due anni di attività, non ha messo in campo nessuna strategia di prevenzione con interventi mirati che permetterebbero di risparmiare il 75 per cento delle risorse spese per riparare i danni post emergenza e non ha stanziato i finanziamenti necessari per le azioni prioritarie del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, fondi non previsti neanche nella legge di bilancio appena approvata», ha commentato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
«AUSPICHIAMO CHE NEL 2025 da parte dell’esecutivo ci sia un’assunzione di responsabilità diversa nella lotta alla crisi climatica, servono più risorse economiche e interventi su prevenzione, mitigazione e adattamento. È urgente approvare anche una legge per fermare il consumo di suolo, problema affrontato in modo ideologico con il decreto legge Agricoltura vietando il fotovoltaico a terra, e il Dpr per facilitare il riutilizzo delle acque reflue depurate sui terreni agricoli. Le vere minacce per l’agricoltura italiana sono, infatti, la crisi climatica e la cementificazione, non il Green Deal europeo», ha concluso il presidente di Legambiente.
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