Doria compie settant’anni: un’eccellenza del Mezzogiorno

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Chi ne conosce bene il carattere (riservato) e il percorso aziendale (lungimirante e di successo) giura che è stato tra i primissimi industriali del Mezzogiorno a circondarsi di una struttura manageriale alla quale affidare incarichi e responsabilità. Una visione “ante litteram” rispetto al modello allora più diffuso e tradizionale dell’impresa meridionale, un cambio di paradigma che ha pagato e tanto in termini di qualità, efficienza, internazionalizzazione.

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C’è molto di Antonio Ferraioli, Ad del Gruppo La Doria, leader dell’agroalimentare italiano nella produzione di derivati del pomodoro, sughi, legumi e succhi di frutta a marchio della Grande Distribuzione, nei numeri che accompagnano i 70 anni dell’azienda, appena festeggiati. La presenza in 60 Paesi, 1.100 dipendenti, 9 stabilimenti, 6 dei quali nel Sud, 1,228 miliardi di ricavi nel 2023 di cui il 95,6% generato dall’offerta di prodotti private label destinata ai principali retailers nazionali e internazionali.

E 40 milioni di nuovi investimenti nel 2025. Da Angri, nel Salernitano, al resto del mondo con le radici sempre ben solide nel Mezzogiorno, una scelta che è sempre stata di cuore e di ragione: «Il Sud ha ancora tanti problemi ma lo sviluppo parte dalle imprese, se si favorisce il tessuto produttivo potranno tornare anche i giovani», ha detto in una recente (rara) intervista al Corriere. Ferraioli, che tra pochi giorni cederà il timone dell’Unione industriali di Salerno al successore designato Antonello Sada, non ha mai cambiato idea: il Sud al primo posto anche quando, nel 2022, ha proceduto ad una delicata riorganizzazione dell’assetto proprietario, definendo con il fondo di investimenti Investindustrial la cessione del 66% delle quote azionarie a quest’ultimo e conservando con la famiglia una partecipazione di minoranza ma restando alla guida del Gruppo.

Senza bende sugli occhi si scopre l’occupazione del futuro

È nata da qui una nuova fase di sviluppo dell’azienda, che ha rafforzato «ulteriormente la propria presenza internazionale e gettato le basi per un futuro ancora più ambizioso», come recita il documento diffuso ieri per i 70 anni. Lo dimostra la recente acquisizione di Clas, azienda leader nella produzione di sughi e pesti “ambient” per i principali marchi dell’industria e le maggiori insegne della Grande Distribuzione Organizzata in Italia e all’estero (parliamo di un’azienda fondata nel 1989 a Chiusanico, minuscolo centro della provincia di Imperia, che nel 2023 ha generato un fatturato di oltre 75 milioni di euro). Operazione di alto profilo, condotta con Equinox, fondo di Private Equity di diritto lussemburghese che investe nel capitale delle medie imprese italiane, e di Cominter, riconosciuta società di trading nel settore agroalimentare. Non meno significativa anche l’acquisizione del ramo aziendale del Pastificio Di Martino, oggi La Doria Pasta PL, grazie alla quale il Gruppo di Angri è diventato anche produttore diretto di pasta. «La nostra missione è chiara – dice Ferraioli -: continuare a crescere come azienda globale, rimanendo però fedeli alla nostra identità italiana. Il successo di La Doria è il risultato del lavoro di squadra: dal management ai dipendenti, ognuno ha contribuito a rendere grande questa azienda. Continueremo a investire nel talento, nella diversità e nella valorizzazione delle nostre risorse. Sin dall’inizio, con Investindustrial abbiamo condiviso una strategia di sviluppo che ci consentirà di consolidare ed espandere ulteriormente il nostro raggio di attività e divenire una piattaforma di aggregazione del settore in cui operiamo».

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Storia del Sud e di una famiglia fedele ai suoi valori. Fondata nel 1954 ad Angri da Diodato Ferraioli e Anna La Mura, La Doria era all’inizio una piccola fabbrica di trasformazione del pomodoro ma già negli anni ‘70 aveva sviluppato le vendite sui mercati esteri, compresi i Paesi arabi. Poco dopo iniziò a vendere i suoi prodotti sotto marchi inglesi di grandi catene di supermercati che erano in fase di forte espansione in quel periodo (l’Uk rimane il maggior mercato in termini di export), prima di dover affrontare sfide di tutt’altro segno. Come la crisi del settore conserviero degli anni Ottanta e il terremoto di dieci anni più tardi che colpì duramente l’azienda. Oggi come allora valsero le parole che sintetizzarono l‘anniversario dei 60 anni, estratte dal libro celebrativo: «Questa è una storia a colori: rosso, il colore della vita e di sua maestà il pomodoro, il signore incontrastato di questo mondo che si muove intorno alla sua forma e al suo profumo, riempiendo il futuro di tutto il territorio».





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