Nell’Europa settentrionale, l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dalla Russia è stata all’origine di una serie di sviluppi particolarmente significativi. Poste di fronte all’assertività militare della Russia, sia la Finlandia sia la Svezia hanno scelto di mutare in modo decisivo la propria postura militare, superando uno status quo consolidato da lungo tempo e optando per l’ingresso nella NATO. Una decisione che, in entrambi i casi, è stata fondata su un ampio consenso tanto tra le opinioni pubbliche quanto tra gli schieramenti politici. Inoltre, Helsinki e Stoccolma hanno supportato in modo netto e costante la causa dell’Ucraina di fronte all’aggressione militare subita; un indicatore di ciò è rappresentato dall’entità degli aiuti militari forniti dai due Paesi a Kyiv in rapporto al PIL, che vede Finlandia e Svezia tra i primi posti nella classifica dei donatori.
La necessità di fronteggiare la sfida securitaria posta dalla vicina Russia e di sostenere l’Ucraina, inoltre, viene collocata dai due Paesi in una prospettiva più ampia. L’invasione compiuta da Mosca nel 2022 viene concepita infatti anche come una sfida all’ordine internazionale liberale, che Helsinki e Stoccolma intendono tutelare. La Russia, da questo punto di vista, rappresenta un attore revisionista che, anche attraverso l’uso della forza nei confronti di un Paese collocato geograficamente in Europa, intende minare lo stesso ordine liberale, costituendo a maggior ragione una sfida per la sicurezza di Finlandia e Svezia. Si collocano in questo contesto, dunque, tanto il duplice ingresso nell’Alleanza Atlantica, quanto il consistente e duraturo supporto all’Ucraina, proseguito anche per tutto il 2024. In un contesto internazionale caratterizzato da una tensione crescente, i due Paesi si sono impegnati a incrementare le spese militari e hanno adottato una postura di fermezza nei riguardi della Russia, con la quale i rapporti si sono inaspriti a partire dal 2022. Ciò alla luce non solo dell’opposizione di Mosca all’ingresso nella NATO di Stoccolma ed Helsinki, ma anche delle minacce ibride e delle azioni di disturbo attuate dai russi nel quadrante nordico-baltico.
Alla luce di questi elementi, Finlandia e Svezia hanno trovato, nel corso dell’ultimo anno, nei Paesi baltici e nella Polonia degli interlocutori privilegiati in ambito europeo; un’affinità dettata dalla comune percezione dell’assertività russa e dall’intento di salvaguardare la prosecuzione degli aiuti all’Ucraina. Questa convergenza è stata testimoniata dal vertice tenutosi a Harpsund (Svezia) il 27 novembre 2024, con la partecipazione dei capi di governo di Finlandia, Svezia, Estonia, Lettonia, Polonia, Danimarca e Norvegia. In questa occasione, i leader partecipanti hanno espresso l’impegno a proseguire e incrementare il supporto all’Ucraina; la preoccupazione per le azioni ibride compiute dalla Russia, descritta come la più diretta minaccia per la sicurezza dei Paesi in questione nel lungo termine; la responsabilità degli stessi Paesi a tutelare la sicurezza euro-atlantica e l’indispensabilità del legame transatlantico con gli Stati Uniti; l’impegno a potenziare le capacità di difesa e ad aumentare le spese militari, portando la spesa per la difesa oltre la soglia del 2% rispetto al PIL; la necessità per l’Europa di assumere una maggiore responsabilità per la propria sicurezza; l’impegno a rafforzare la cooperazione tra gli attori regionali per tutelare la sicurezza dell’area.
Il caso della Finlandia
Il 2024 della Finlandia si è aperto all’insegna delle elezioni presidenziali. La campagna elettorale è stata caratterizzata da una sostanziale convergenza, da parte dei candidati, sui principali dossier della politica estera: sostegno all’appartenenza del Paese all’Alleanza Atlantica, supporto all’Ucraina, fermezza nei riguardi della Federazione Russa e orientamento europeista. I due candidati più votati al primo turno, tenutosi il 28 gennaio, sono stati Pekka Haavisto, ex ministro degli Esteri nel governo di centrosinistra guidato da Sanna Marin fino al 2023, e Alexander Stubb, uscito vincitore dal ballottaggio dell’11 febbraio.
Stubb rappresentava una figura ben nota a livello europeo e nel mondo delle relazioni internazionali; ciò non solo alla luce delle precedenti esperienze da ministro degli Esteri e di Primo ministro, ma anche della sua attività accademica. Difatti, a partire dal 2020, ha diretto la School of Transnational Governance presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole. Di conseguenza, le sue posizioni sui principali dossier della politica estera, ribadite nel corso della campagna elettorale, non contenevano elementi di sorpresa. In relazione alla scelta “atlantica”, Stubb ha auspicato per la Finlandia il ruolo di membro “attivo” per la NATO, mostrandosi aperto non solo allo stazionamento fisso di forze dell’Alleanza in territorio finlandese, ma anche alla collocazione temporanea all’interno di quest’ultimo di armi nucleari alleate.
Quanto al dossier ucraino, Stubb ha incontrato il suo omologo ucraino Zelensky già il 17 febbraio, in occasione della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, esprimendo il suo sostegno all’inclusione di Kyiv tanto nell’UE quanto nella NATO, affermando che l’adesione a quest’ultima avrebbe costituito soltanto una questione di tempo pur in una prospettiva di lungo periodo. Nel mese di giugno, poi, in occasione dell’Ukraine Peace Summit tenutosi in Svizzera, Stubb ha espresso la necessità di promuovere una pace giusta e sostenibile, fondata sul diritto internazionale, descrivendo il conflitto come una “guerra coloniale”. In un’intervista rilasciata a dicembre a Le Monde, poi, Stubb ha affermato che l’Europa dovrà effettuare una scelta tra un “momento Yalta” e un “momento Helsinki”: nel primo caso facendo riferimento alla divisione dell’Europa in aree di influenza da parte delle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, nel secondo caso richiamando gli Accordi di Helsinki del 1975. I tre pilastri propugnati in quest’ultima occasione (diritto internazionale, integrità territoriale e sovranità) costituiscono secondo il Presidente finlandese i principi che l’Europa non dovrebbe perdere di vista verso ipotetici tentativi di negoziato. In ultima analisi, Stubb ha messo in guardia di fronte al tentativo russo di imporre un nuovo quadro securitario nel continente, respingendo la prospettiva di un Paese europeo costretto a subire un’imposizione dall’esterno con riguardo alla postura internazionale da adottare.
La partecipazione all’Alleanza Atlantica e il sostegno all’Ucraina hanno costituito elementi di convergenza per la generalità della classe dirigente finlandese, oltre che nell’ambito dell’opinione pubblica. Un indicatore è rappresentato dalla sostanziale continuità, sul piano della politica estera, tra il governo presieduto da Sanna Marin, artefice della scelta di portare il Paese nella NATO nel 2022, e l’esecutivo guidato da Petteri Orpo, subentrato nel 2023 in seguito alle elezioni politiche. A partire dall’inizio dell’invasione su larga scala, la Finlandia ha fornito a Kyiv venticinque pacchetti di aiuto militare per un valore pari a 2,3 miliardi di euro. Questo dato pone Helsinki tra i primi donatori per il valore delle risorse fornite in relazione al PIL. A febbraio 2024, il ministro della Difesa Antti Häkkänen ha affermato che la Finlandia non avrebbe posto dei limiti territoriali circa l’uso delle armi fornite, aprendo la strada a un loro utilizzo in territorio russo da parte dell’Ucraina.
Successivamente, il 3 aprile, Stubb e Zelensky hanno firmato un “Accordo di Cooperazione in materia di sicurezza e di sostegno di lungo termine” valido per dieci anni. Infine, a dicembre 2024, Helsinki ha annunciato il ventiseiesimo pacchetto di aiuti a Kyiv che verrà erogato all’inizio del 2025.
In questo contesto, i rapporti tra Finlandia e Russia si sono progressivamente inaspriti. Dall’estate del 2023, la frontiera tra i due Paesi ha registrato un crescente flusso migratorio facilitato da Mosca. Di fronte a questa situazione, il governo finlandese ha inizialmente chiuso il confine per periodi limitati, per poi renderne la chiusura a tempo indefinito a partire da aprile 2024. La Finlandia, in questo contesto, ha chiesto l’appoggio dell’UE per fronteggiare la situazione del confine orientale, incassando il supporto da parte della Commissione europea. Nello stesso mese, infatti, Ursula von der Leyen ha dichiarato che l’Unione avrebbe aiutato le guardie di frontiera finlandesi di fronte al tentativo di Mosca di “strumentalizzare i migranti” come già accaduto nel 2021 nel confine polacco-bielorusso. L’aiuto europeo si è concretizzato con l’invio di unità dell’agenzia Frontex, mentre nel corso dell’estate ha preso il via la costruzione di una barriera di circa 70 chilometri coprendo così una parte della frontiera orientale. Non sono mancati, tuttavia, altri elementi di attrito. In diverse occasioni, infatti, si sono verificati malfunzionamenti dei sistemi GPS, ricondotti ad azioni di “jamming” da parte dei russi. Nel mese di maggio, inoltre, sul sito del Ministero della difesa russo è comparsa, per breve tempo, una proposta volta a modificare unilateralmente i confini marittimi nel mar Baltico, suscitando reazioni di condanna da parte degli altri Paesi dell’area. A settembre, il governo finlandese ha predisposto un disegno di legge volto a impedire ai cittadini russi la possibilità di acquisire beni immobili in territorio finlandese. Secondo Häkkänen, il provvedimento ha l’obiettivo di prevenire possibili influenze ostili nel Paese.
Il 20 giugno, il governo finlandese ha pubblicato il “Rapporto sulla Politica Estera e di Sicurezza Finlandese”, nel quale viene disegnato un quadro non solo dell’ambiente internazionale e delle sfide che il Paese si trova a dover affrontare, ma anche dei fondamenti, degli obiettivi e delle linee fondamentali della politica estera di Helsinki. Il documento descrive l’ambiente internazionale attuale come caratterizzato da una crescente competizione strategica tra democrazie e potenze autoritarie, in primis tra Stati Uniti e Cina; tuttavia, anche alla Russia è stato prevedibilmente assegnato un ruolo di primo piano tra gli sfidanti dell’ordine internazionale liberale. La Federazione Russa viene descritta come un attore revisionista impegnato a riaffermare il proprio status di grande potenza; una tendenza di lungo periodo, di cui l’invasione su larga scala dell’Ucraina costituisce una delle manifestazioni. In questo contesto, Mosca punterebbe a ristabilire un sistema di sfere di influenza in Europa, sfidando l’ordine di sicurezza basato sulle regole e dimostrando un evidente disinteresse per i principi di sovranità e integrità territoriale degli Stati. Secondo il Rapporto, il fondamento della politica estera finlandese è da ricercare in un “value-based realism”, espressione tra l’altro utilizzata da Stubb nel suo discorso di inaugurazione da Presidente per descrivere la sua visione delle relazioni internazionali. Questa concezione, appunto, da un lato presenta una componente realista (necessità di mantenere solide capacità di difesa, consapevolezza di dover risolvere le grandi sfide globali anche attraverso l’interlocuzione con attori non “like-minded”), dall’altro considera gli aspetti istituzionali e valoriali (appartenenza a UE e NATO, importanza dell’ONU e necessità di riformarla e rafforzarla; valori della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani, cooperazione nell’ambito del sistema internazionale basato sulle regole) come imprescindibili.
Vengono identificati tre obiettivi chiave della politica estera e di sicurezza. In primis, la salvaguardia dell’integrità territoriale e dell’indipendenza del Paese; il non coinvolgimento in conflitti militari; infine, il miglioramento della sicurezza e del benessere della popolazione. La salvaguardia della sicurezza viene perseguita in virtù di tre pilastri. Primo, il mantenimento di forti capacità di difesa, a partire dal 2023 anche nel quadro della difesa e deterrenza della NATO. Secondo, l’appartenenza all’UE e alla stessa Alleanza atlantica. Terzo, la cooperazione bilaterale in materia di politica estera e di sicurezza con una serie di alleati chiave e di partner. Inoltre, il mantenimento di solide capacità di difesa si fonda non solo sulla coscrizione generale, ma anche sul noto approccio della sicurezza omnicomprensiva, consistente nel coinvolgimento della società nel suo complesso e sulla preparazione di quest’ultima alla difesa del Paese contro minacce esterne, creando anche i presupposti per il mantenimento delle sue funzioni vitali in caso di attacco. La sicurezza, inoltre, viene concepita in modo ampio, comprendendo gli aspetti economici, sociali e tecnologici. Si tratta di un modello, non a caso, caldeggiato anche all’interno del rapporto “Safer together”, commissionato da Ursula von der Leyen all’ex presidente finlandese Sauli Niinistö e pubblicato il 30 ottobre 2024, con l’obiettivo di suggerire proposte volte a migliorare la preparazione dell’UE di fronte alle crisi presenti e future.
Una funzione essenziale per la sicurezza della Finlandia viene ovviamente attribuita alla NATO. L’ingresso del Paese nell’Alleanza ha inaugurato, secondo il Rapporto, una “nuova era” nella sua politica estera, rafforzandone la sicurezza. Helsinki, al contempo, si impegna a partecipare al “burden sharing” dell’Alleanza, contribuendo anche al rafforzamento della stessa mettendo a disposizione le sue capacità di difesa e resilienza. L’espansione della NATO verso nord, secondo il Rapporto, ha prodotto un cambiamento fondamentale nel panorama strategico della regione e riveste particolare importanza alla luce delle mire russe verso l’area del Baltico e dell’Artico. In questo contesto rientra anche la questione delle isole Åland, il cui
status di neutralità, sancito da convenzioni di lunga data, ne ha garantito la non militarizzazione. Con l’ingresso della Finlandia nella NATO, tale status non è cambiato. Tuttavia, Helsinki ha ribadito il proprio impegno a difendere questi territori in caso di attacco. Ampio spazio viene anche dedicato all’Unione europea, descritta come il quadro di riferimento nel quale si svolge la politica estera finlandese; viene espresso l’obiettivo di lavorare attivamente per approfondire la Politica Estera e di Sicurezza Comune e la cooperazione in materia di difesa, rafforzando allo stesso tempo il ruolo globale dell’UE.
Alla luce di queste considerazioni sulle dinamiche in corso nell’ambiente internazionale, la Finlandia ha incrementato, nel corso degli ultimi anni, le spese per la difesa, superando agevolmente la soglia del 2% rispetto al PIL stabilita in ambito NATO. Dopo un aumento consistente nel 2023, nel 2024 le spese hanno raggiunto circa il 2,4% del Prodotto Interno Lordo. Nel corso della campagna elettorale presidenziale, Alexander Stubb aveva auspicato una “NATO più europea”, sostenendo l’opportunità da parte degli alleati europei di assumersi maggiormente la responsabilità per la propria sicurezza e, dunque, caldeggiando un incremento adeguato delle spese per la difesa. Una prospettiva che, tuttavia, non pone in discussione l’ineludibile legame transatlantico e il ruolo fondamentale che gli USA rivestono nell’ambito della sicurezza della Finlandia. Ciò alla luce non solo della scelta di Helsinki di aderire alla NATO, ma anche della firma del Defence Cooperation Agreement (DCA) con gli Stati Uniti concluso nel dicembre 2023.
Il caso svedese
La Svezia, che nella primavera 2022 aveva optato per l’ingresso nella NATO insieme alla Finlandia, ha fatto ufficialmente il proprio ingresso nell’Alleanza l’11 marzo 2024, quasi un anno dopo Helsinki. La Turchia e l’Ungheria, infatti, hanno ratificato il protocollo di accesso rispettivamente a gennaio e febbraio, al culmine di una lunga attesa e di un complesso dialogo soprattutto tra Stoccolma e Ankara. Perciò la Svezia è diventata il trentaduesimo membro dell’Alleanza Atlantica completando il processo di allargamento di quest’ultima nel quadrante dell’Europa settentrionale e ponendo fine a un lungo status di neutralità che caratterizzava la postura militare svedese, risalente al XIX secolo. Una decisione storica, come nel caso finlandese, dettata dall’invasione russa dell’Ucraina del 2022 e fondata su un solido consenso non solo nell’ambito dello scacchiere politico, ma anche all’interno dell’opinione pubblica. Quest’ultima, infatti, di fronte all’aggressione militare intrapresa dalla Russia si è chiaramente orientata in senso favorevole a un’adesione alla NATO.
I rapporti russo-svedesi, tuttavia si sono inaspriti fin dal 2014, in seguito all’annessione della Crimea. Proprio i fatti di quell’anno hanno fatto emergere l’idea di un’adesione all’Alleanza; un’ipotesi che, però, non era ancora sostenuta da una maggioranza della classe dirigente. La Russia, in quel contesto, ha assunto una postura di fermezza nei riguardi della Svezia, mettendo in guardia quest’ultima da un eventuale ingresso nella NATO. Il governo svedese, da parte sua, ha posto in atto sia una serie di misure di difesa e deterrenza, sia una crescente cooperazione con altri attori in materia di difesa, tanto a livello bilaterale quanto con la stessa Alleanza Atlantica. Stoccolma, infatti, ha scelto non solo di ristabilire la presenza permanente di truppe nell’isola di Gotland, un punto rilevante per il controllo del Mar Baltico, ma anche, nel 2017, di reintrodurre la coscrizione militare obbligatoria. Nel dicembre del 2020, poi, si è verificato un evento politico che avrebbe anticipato gli sviluppi successivi: il parlamento di Stoccolma ha approvato una mozione che prevedeva la possibilità, in un futuro non definito, di aderire all’Alleanza Atlantica attraverso la c.d. “NATO option”.
Nel 2021, di fronte all’aggravarsi delle tensioni tra Mosca e Kyiv, Stoccolma ha rafforzato la propria presenza militare nell’isola di Gotland, non solo incrementando le truppe ma anche installando sistemi di difesa aerea e riammodernando le infrastrutture militari. La svolta decisiva si è verificata nella primavera del 2022, quando, sull’onda degli avvenimenti in Ucraina, i Socialdemocratici, fino a quel momento contrari all’ingresso nell’Alleanza, hanno mutato la loro posizione, creando le condizioni politiche per un cambiamento storico della postura della Svezia. Il 16 maggio 2022 è arrivato l’annuncio, da parte del Primo Ministro, Magdalena Andersson, della domanda di adesione alla NATO, effettuata ufficialmente il giorno successivo. Il 18 maggio gli ambasciatori di Finlandia e Svezia hanno depositato le rispettive domande di adesione presso il Quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles. Il successivo 19 giugno, in occasione del summit NATO a Madrid, i due Paesi sono stati invitati a entrare a far parte dell’Alleanza, mentre il 5 luglio sono stati firmati i protocolli di accesso. È iniziato, a quel punto, il lungo processo di ratifica di questi ultimi, che, come si è visto, è terminato solo all’inizio del 2024 con il via libera da parte di Ankara e Budapest.
In un discorso pronunciato in parlamento il 14 febbraio 2023, il ministro degli Esteri, Tobias Billström, ha delineato le priorità della politica estera svedese. Particolare importanza, in quel contesto, è stata attribuita al supporto di Stoccolma all’Ucraina, che secondo quanto affermato dal ministro verrà fornito fin quando ciò sarà necessario; la Russia, invece, è stata descritta come la principale minaccia per la sicurezza svedese. Sulla scia di queste dichiarazioni, la Commissione Difesa svedese ha presentato un report nel quale si affronta il tema del revisionismo cinese e russo identificando quest’ultimo come “la più seria minaccia di lungo termine alla sicurezza della Svezia e dell’Europa”. Tale conclusione indica la necessità di dotare la Svezia delle capacità utili a difendere il proprio territorio da un’invasione armata nel quadro della difesa collettiva NATO. Si riafferma, in questo senso, il concetto di “difesa totale”, tra l’altro affine all’approccio finlandese della “comprehensive security”, in virtù del quale un attacco al Paese dovrebbe essere fronteggiato attraverso uno sforzo congiunto di forze armate, organizzazioni civili e settore privato. In questo quadro, Stoccolma intende proseguire la cooperazione con i Paesi vicini (nordici e baltici) e, nel quadro di un legame transatlantico considerato come indispensabile per la sicurezza europea, con gli Stati Uniti, come testimoniato dalla firma del Defense Cooperation Agreement (DCA) il 5 dicembre 2023.
Tra il 2022 e il 2024, la Svezia ha fornito all’Ucraina diciassette pacchetti di aiuto militare, per un valore totale di circa 48,4 miliardi di corone svedesi (circa 4,2 miliardi di euro). Stoccolma ha inoltre predisposto un piano triennale (2024-2026) impegnandosi a fornire, nel periodo stabilito, aiuti per un totale di 75 miliardi di corone svedesi, 25 per ogni anno. Il valore degli aiuti forniti a Kyiv in relazione al PIL consente anche alla Svezia di porsi nei primi posti tra i Paesi donatori. Il 31 maggio 2024, inoltre, Volodymyr Zelenskyy e il Primo Ministro svedese Ulf Kristersson hanno firmato a Stoccolma un Accordo bilaterale di sicurezza tra i due Paesi. Pochi mesi dopo, il 13 settembre, il ministro degli Esteri, Malmer Stenergard, in sintonia con la sua omologa finlandese, ha affermato che la Svezia non avrebbe posto dei limiti territoriali circa l’uso delle risorse fornite all’Ucraina, consentendo a Kyiv di utilizzarle anche contro obiettivi in territorio russo20. Infine, la Svezia, in occasione del già citato vertice di Harpsund del 27 novembre scorso, ha ribadito la necessità di proseguire e incrementare il supporto fornito all’Ucraina.
Nel corso del 2024, i jet russi hanno più volte effettuato violazioni dello spazio aereo svedese nell’area del Baltico; la Svezia, da parte sua, si è dichiarata pronta a rafforzare ulteriormente la propria presenza nell’isola di Gotland di fronte all’assertività russa. Di fronte agli sviluppi in Europa orientale, Stoccolma ha incrementato in misura rilevante le proprie spese per la difesa, più che raddoppiandole dal 2020; si è impegnata a portarle al 2,2% del PIL nel 2024 e a mantenerle al 2,6% a partire dal 2028. Inoltre, le autorità hanno intrapreso delle azioni volte a preparare adeguatamente i cittadini di fronte all’eventualità di un conflitto. A novembre 2024, infatti, è stata presentata la versione aggiornata di un opuscolo di emergenza contenente indicazioni su come reagire in caso di attacco condotto con armi nucleari, chimiche e biologiche. Questa iniziativa risponde all’appello lanciato ad inizio 2024 da Carl-Oskar Bohlin, ministro per la Difesa Civile, e Micael Byden, comandante supremo delle forze armate svedesi tra il 2015 e il 2024, di preparare il Paese ad un possibile scenario di conflitto.
Risposte condivise a sfide comuni e durature
Nel biennio 2023-2024, il processo di allargamento della NATO verso nord è stato completato con l’adesione di Stoccolma ed Helsinki. Nel contesto del conflitto tra Russia e Ucraina, i due Paesi hanno fornito in misura costante e significativa vari pacchetti di aiuto militare a Kyiv affermando anche la necessità di proseguire e incrementare il supporto all’Ucraina. Helsinki e Stoccolma sostengono anche le aspirazioni euro-atlantiche di Kyiv e considerano la Russia come la principale minaccia per la propria sicurezza, inquadrandola nel più ampio tentativo da parte di Mosca di sfidare l’ordine internazionale liberale. La Finlandia, in particolare, ha dovuto fronteggiare una serie di azioni ibride condotte dalla Russia nel quadrante nordico-baltico.
Finlandia e Svezia si sono impegnate a incrementare le spese militari, affermando la necessità da parte dell’Europa di dotarsi di risorse adeguate di fronte agli sviluppi internazionali in corso, ma partendo, in ogni caso, dal presupposto dell’imprescindibilità del legame transatlantico e del ruolo svolto dagli Stati Uniti nella garanzia della propria sicurezza. Considerando l’ampia convergenza su questi punti tanto all’interno degli schieramenti politici quanto tra le opinioni pubbliche di entrambi i Paesi, si può verosimilmente ritenere che la traiettoria della politica estera di Finlandia e Svezia rimarrà invariata nel prossimo futuro, sia in relazione al supporto all’Ucraina sia con riguardo alla necessità di fronteggiare adeguatamente l’assertività russa.
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