Oltre il Faro che svetta bianchissimo attorniato da cedri secolari, c’è un bosco che sale su fino al costone del Carso. Il Bosco Bovedo è un’oasi naturalistica eccezionale, parte della Rete Ecologica Europea Natura 2000, zona di protezione speciale e sito di interesse comunitario. E’ l’unico bosco di rovere sul mare di tutta Italia e l’unico luogo in Europa dove il rovere cresce insieme a piante mediterranee, è un bosco dove nidificano rare specie di uccelli e di farfalle. La normativa europea, la tutela di Natura 2000, presuppongono che quel territorio non possa essere violato in nessun modo eppure il Comune di Trieste vuole piantarci piloni da venti metri di ferro e cemento per reggere i grossi cavi di una funivia con 55 cabine che salgono e scendono ogni dieci secondi. Vuol dire disboscare almeno 6 ettari di bosco e tagliare i cedri intorno al Faro e poi lassù, sul Carso, ancora alberi abbattuti per un mega parcheggio.
IL COMUNE RACCONTAVA che il progetto per l’ovovia sarebbe stato una manna per la mobilità urbana e garantiva grandi risparmi sulle emissioni di CO2. Un bel pacchetto infiocchettato tanto che l’ovovia era stata ammessa tra i progetti finanziati dal Pnrr. Ma qualcuno ha guardato le carte, ha fatto qualche calcolo e si è accorto che dentro quel pacchetto c’erano tanti errori e incredibili leggerezze. Oltre a distruggere un bosco protetto l’ovovia non era utile perché assolutamente non competitivo con il trasporto pubblico già esistente, non avrebbe determinato alcun abbattimento degli inquinanti, avrebbe generato costi di gestione inaffrontabili per essere comunque un mezzo insicuro, vittima del clima che, si dovrebbe sapere, a Trieste vuol dire Bora.
E’ NATO COSÌ, TRE ANNI FA, il Comitato No Ovovia: dossier inviati a Roma e a Bruxelles, manifestazioni pubbliche, banchetti per raccogliere firme e fondi, e poi le Associazioni ambientaliste e mano a mano i partiti – almeno quelli di opposizione alla destra di governo – ma soprattutto intorno al Comitato si è stretta la gente, i cittadini di Trieste che scoprivano le bugie del Comune e la vuota propaganda del Sindaco. Poi sono arrivati gli avvocati e sono partiti i primi ricorsi da cittadini, Wwf, Legambiente, Lipu.
COSÌ, IN QUESTE SETTIMANE, sull’ovovia triestina è arrivato lo stop del Tar e non è la prima volta che si accende un semaforo rosso nell’annosa vicenda tanto che qualcuno, per un attimo, aveva creduto che il 2024 potesse essere l’anno della svolta dopo una sentenza del Tar che aveva annullato alcuni atti della Regione («Il procedimento seguito non è conforme al modello legale») e quando poi l’ovovia aveva perso il finanziamento dal Pnrr perché c’è un limite nel prendersi gioco delle normative ambientali. Sembrava il suo de profundis eppure, anche quella volta, il sindaco aveva ostentato la sua sorridente noncuranza («se i fondi non arrivano dal Pnrr salteranno fuori da qualche altra parte») per poi irridere alle migliaia di persone che si erano radunate davanti al Municipio gridando Ora Basta!. Poi ancora un colpo di scena con l’affermazione estemporanea di Matteo Salvini: i soldi li trovo io, aveva dichiarato il ministro. Eppure quattro giorni prima l’Avvocatura dello Stato, per conto dello stesso Ministero delle Infrastrutture, aveva dichiarato al Tar la propria estraneità al progetto chiedendo quindi di essere escluso dal processo non avendo più interesse a difendersi nei ricorsi presentati. Comunque sia, a oggi, i soldi per l’ovovia non sono iscritti in nessun bilancio secondo le dichiarazioni fatte a una tv locale dal senatore 5Stelle Stefano Patuanelli.
ED ECCOCI ALLE RECENTISSIME NUOVE pronunce del Tar regionale. Il 27 dicembre i giudici amministrativi hanno disposto «approfondimenti istruttori» chiedendo al Ministero delle Infrastrutture una relazione, aggiornata e documentata, che chiarisca la situazione dopo la comunicazione che il progetto non è finanziabile con fondi Pnrr e alla Regione FVG di spiegare alcune contraddizioni rilevate nei documenti sulle specie prioritarie nei siti di Natura 2000 nonché chiarimenti su alcune previsioni messe a giustificazione delle deroghe normative applicate. Ministero e Regione hanno 30 giorni di tempo per rispondere.
IL 2 GENNAIO, ANCORA, IL TAR ha pubblicato due sentenze con le quali accoglie i ricorsi e annulla gli atti concessori emessi dalla Regione: «L’imprescindibile momento di verifica della conformità urbanistica dell’impianto oggetto di concessione non poteva certo essere dato per acquisito dal mero impegno o sulla base di un’incerta e indicativa previsione, peraltro non del tutto precisa, del rappresentante comunale circa l’esito del complesso e articolato procedimento di approvazione della variante urbanistica in corso». In parole povere, dice il Tar, la Regione FVG ha rilasciato autorizzazioni sulla base delle chiacchiere senza costrutto di un dirigente comunale invece che su obbligatori atti formali. Fondamentale poi il richiamo alla conformità urbanistica che è sempre e comunque la precondizione necessaria per l’esame e l’ammissibilità di qualsiasi progetto infrastrutturale e quindi, rilevano i giudici amministrativi, nel procedimento adottato manca l’atto prodromico: l’ovovia non è compresa nel Piano Regolatore!
«NON VEDIAMO INTOPPI» è la reazione del Comune: la Variante al Piano Regolatore sarà approvata in aula nel giro di qualche giorno e tutto così sarà risolto. Non coglie, evidentemente, che la sentenza del Tar ha riportato il progetto ovovia alla casella di partenza ed è l’ennesima vittoria del Comitato No Ovovia che esorta: «Il Tar ha asfaltato il processo amministrativo dell’ovovia e ci sono ancora due ricorsi con sentenze attese in aprile. L’atteggiamento delle Amministrazioni responsabili è sconcertante. Rivolgiamo un appello al senso civico di tutti a interagire con chi ha potere decisionale per scrivere la parola fine a questa incredibile vicenda».
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