Terzo mandato, oggi il governo impugna la legge di De Luca: ecco gli scenari

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Il tempo è scaduto: il termine utile per impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale della Campania che permetterebbe di fatto il terzo mandato per il governatore dem Vincenzo De Luca scade il 10 gennaio. Il testo dell’impugnativa, messo a punto tra il ministero per le Riforme retto dall’azzurra Elisabetta Casellati e quello per gli Affari regionali retto dal leghista Roberto Calderoli, è pronto per essere approvato nelle prossime ore dal primo Consiglio dei ministri dell’anno. E ad essere già più che maturo è il malcontento della Lega e dei governatori del Nord, il veneto Luca Zaia e il friulano Massimiliano Fedriga in testa, tanto che a Via Bellerio prende corpo l’ipotesi del non voto («valuteremo a ridosso del Cdm», fanno sapere i collaboratori del vicepremier Matteo Salvini).

Il “trucco” di De Luca contro la legge nazionale

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Il “trucco” escogitato da De Luca per tentare la terza elezione nella primavera del 2025 – nonostante il no del suo partito di provenienza, ossia il Pd, e soprattutto nonostante il fatto che la legge nazionale del 2004 stabilisca in maniera inequivocabile il limite di due mandati consecutivi – è far valere il calcolo dal mandato in corso e non dalla prima elezione del 2015: «Il computo di due mandati consecutivi decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge», recita la legge regionale approvata il 5 novembre scorso. Legge alla quale in via diretta si può opporre solo il governo entro 60 giorni, appunto. Ma se è vero che quella elettorale è materia concorrente tra Stato e Regioni, la disposizione contenuta nella legge nazionale del 2004 è così precisa – è l’argomento del governo per l’impugnazione – da essere autoapplicativa, senza cioè bisogno di essere recepita.

L’ipotesi elezioni anticipate in Campania e il rischio sospensiva

Quale sarà la reazione del governatore sceriffo che la segretaria del Pd Elly Schlein ha giurato di mandare in pensione appena vinte le primarie nel febbraio del 2023? Dall’entourage di De Luca era trapelata nei giorni scorsi l’ipotesi di sue dimissioni immediate in modo da tentare la rielezione, sia pure sub iudice, prima della pronuncia della Corte. Ma sarebbe una scelta altamente rischiosa, ai limiti dell’azzardo, dal momento che i giudici costituzionali potrebbero optare per la sospensiva in base alla legge 87 del 1953 sul funzionamento della Corte: l’efficacia della disposizione impugnata può essere infatti sospesa «per evitare irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o ai diritti dei cittadini» (si pensi agli altri candidati presidenti in campo e al fatto che le elezioni potrebbero doversi ripetere a stretto giro).

Meloni vuole ridisegnare la mappa del potere al Nord in favore di Fdi

Se i termini giuridici della questione sono chiari, meno lo sono i termini politici, visto il forte pressing leghista per il via libera al terzo mandato del “doge” Zaia. Perché uno stop della Corte a De Luca sarebbe naturalmente uno stop per tutti i governatori che aspirano al terzo mandato, anche se il governatore veneto confida sul fatto che i giudici costituzionali potrebbero ribaltare la questione riportando la competenza su questo tema in capo alle regioni. Ad ogni modo, ci sarà qualche contropartita? La premier, in questi giorni assorbita dai casi internazionali, ha intanto interesse a mettere un punto a una questione che si trascina da troppo tempo e a liberare così la casella del Veneto e delle altre regioni del Nord (Friuli, ma anche Lombardia) per ridisegnare la mappa del potere settentrionale in favore di Fratelli d’Italia. Poi si vedrà.

Il piano B dei governatori: far slittare le regionali al 2026

Da parte sua Zaia ha sicuramente interesse a rinviare le elezioni al 2026, così come già deciso dal Viminale per i sindaci in scadenza tra il 2025 e il 2026, per poter presiedere alle olimpiadi invernali. E uno slittamento al 2026 potrebbe essere una compensazione anche per De Luca. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia, come diceva Giulio Andreotti. Ma al momento anche questa soluzione, su cui sembrava esserci accordo in Conferenza delle Regioni, sembra sbarrata: «Non capisco su quali basi giuridiche…», ha detto il ministro meloniano per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Che ha subito aggiunto, a scanso di equivoci: «Tocca a noi di Fratelli d’Italia scegliere il candidato in Veneto».



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