L’agroalimentare made in Italy che deve riaffermare la sua centralità nel mondo; il vino che non è solo un prodotto, ma “l’anima dell’Italia che vince”; il nuovo corso dell’agricoltura a livello Ue, con un’aria che sembra nettamente cambiata e con un atteggiamento decisamente meno ideologico su certi temi rispetto al recente passato; la consapevolezza che il 2025 sarà un anno cruciale per l’agricoltura e per il vino italiano, da giocare bene anche in Unione Europea, guardando alle risorse per il settore che devono essere almeno mantenute, ma non certo diminuite, ad un contesto internazionale complesso, dove si guarda con apprensione al tema dei possibili dazi in Usa, ma anche alla gestione del discusso accordo Ue-Mercosur; la convinzione che la promozione, dell’agroalimentare in generale, e del vino in particolare, attraverso i fondi Ocm da gestire sempre più andando incontro alle esigenze delle imprese, sia un aspetto fondamentale; la visione su alcune norme già in essere, come quella sui vini dealcolati, voluta fortemente dalle imprese del settore, ma che ha lasciato fuori vini Dop e Igp per salvaguardare le produzione di maggiore qualità; un parere chiaro su altre da discutere, come i possibili sostegni all’estirpazione di alcuni vigneti per riequilibrare domanda e offerta, dove il punto fermo, per il Ministero, è quello che, eventualmente, i terreni da cui si espianterà una vigna dovranno rimanere solo ed esclusivamente ad uso agricolo. Ecco i tanti punti toccati dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in un’intervista a WineNews, a cavallo tra il 2024, che si è chiuso da poco, ed il 2025, che inizia a prendere forma in questi giorni. E che parte proprio da un bilancio di sintesi dell’anno passato.
“Le esportazioni italiane di prodotti agroalimentari si avviano a sfiorare quest’anno (il 2024, ndr) la cifra record di 70 miliardi di euro. Il vino conferma la sua solidità. Parliamo di un vero pilastro della nostra economia – spiega il Ministro Lollobrigida – che non è solo un numero, ma una realtà fatta di persone: 107.175 operatori, 333.000 occupati, 135 Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero e 12 Organismi di controllo. Una filiera che porta il meglio delle nostre tradizioni sulle tavole di tutto il mondo. Il Rapporto Ismea-Qualivita ci dice chiaramente che qualità e distintività pagano, anche in un periodo complesso per i mercati globali. Un risultato che dimostra la forza, la tenuta e la capacità del nostro territorio e delle nostre eccellenze di resistere alle sfide. Continuiamo su questa strada, con orgoglio, perché il nostro vino non è solo un prodotto: è l’anima dell’Italia che vince”.
In Europa si è chiusa una stagione politica che, per il settore, ha visto gli agricoltori in piazza protestare per i bassi redditi e per i costi e le imposizioni previste dal Green Deal e non solo, che sono in parte state ritrattate. Si apre una stagione nuova, con una Commissione e un Parlamento Ue diversi. Che aria si respira in Ue, che vede della Pac la sua politica più importante, e che vale il 30% del bilancio europeo?
“Con la nuova Commissione Europea leggo un cambio di rotta su temi strategici, dopo anni di politiche ideologiche portate avanti da Timmermans (l’ex Commissario Ue per il clima ed il Green Deal, ndr). Oggi c’è un dialogo più sereno con l’Unione Europea, che ci vede anche rafforzati per la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo. Il Commissario all’Agricoltura Hansen e il Commissario per la Pesca Kadis sono persone con le quali abbiamo instaurato un dialogo e già ottenuto risultati importanti sulla pesca, dove per la prima volta l’Italia riesce ad essere immune da ulteriori tagli che hanno piegato le nostre marinerie con una riduzione negli ultimi 10 anni del 23%, e del 50% negli ultimi 30 anni. Le nuove proposte che arrivano dall’Ue sono un primo segnale in risposta a richieste che da anni gli agricoltori europei portano avanti per riacquistare la centralità che meritano come custodi del territorio, garanti della qualità del cibo e pilastri della nostra sovranità alimentare. Continueremo a lavorare, anche a Bruxelles, perché l’Unione Europea garantisca il principio di sovranità alimentare e difenda le nostre eccellenze e il reddito dei nostri agricoltori e pescatori. Ribadiremo con forza che le risorse dedicate non devono diminuire: nella peggiore delle ipotesi, devono essere confermate”.
Tra i diversi settori del comparto agroalimentare, il vino è la punta di diamante, e pur in un contesto difficile, le esportazioni, nel complesso, sembrano tenere, anche se crescono solo gli spumanti. Quanto è importante, oggi, sostenere questo settore, e come intendete farlo, anche per le ricadute che ha e per il traino che da sempre rappresenta per tutti i prodotti del made in Italy agroalimentare?
“Lo scorso 16 dicembre è stato approvato il Programma Promozione Ue 2025, con uno stanziamento di 132 milioni di euro per cofinanziare attività di promozione di prodotti agroalimentari sostenibili e di alta qualità dell’Unione Europea, sia nel mercato interno che a livello globale. Di questi fondi, 17,1 milioni di euro sono dedicati alle Indicazioni Geografiche (Ig) per campagne rivolte al mercato interno, con misure di informazione e promozione che saranno fondamentali, in particolare, per il settore vitivinicolo. La promozione all’estero è una leva strategica per il nostro sistema agroalimentare. I nostri imprenditori devono dimostrare di essere pronti a questa sfida, mantenendo saldo il principio che guida le scelte italiane: la qualità. L’Italia è riconosciuta nel mondo come la Nazione della qualità, non della quantità, ed è su questa reputazione che dobbiamo continuare a costruire. Un ruolo cruciale lo giocano le fiere internazionali, che dobbiamo valorizzare ancora di più. C’è una crescente attenzione verso l’Italia e i nostri prodotti, da parte di imprenditori che vogliono conoscerli e apprezzarli. Dobbiamo riprenderci il nostro ruolo di guida nel sistema agroalimentare globale, un settore in cui troppo spesso l’Italia non si è sentita protagonista. È tempo di riaffermare la nostra centralità e il valore delle nostre eccellenze”.
Che segnale è stato la presenza del nuovo Commissario all’Agricoltura, Christophe Hansen, all’ultima riunione del Gruppo di Alto Livello Vino, per un settore fondamentale come quello vinicolo, ma che in Europa e nel mondo è messo costantemente in discussione sotto molti aspetti?
“La presenza istituzionale del nuovo Commissario Hansen al Gruppo di Altro Livello Vino del 16 dicembre è stato un segnale forte e importante per il settore vitivinicolo. Abbiamo avviato un dibattito per tutta la filiera per un programma di promozione Ocm più competitivo e vicino al bisogno dei produttori”.
Tra le tante questioni sul piatto, c’è anche la gestione del potenziale produttivo del vino, con una domanda che sembra strutturalmente in calo. Da un lato, c’è chi guarda allo strumento degli espianti, permanenti o temporanei, e, dall’altro, c’è chi punta più sulla revisione delle rese per ettaro. Come si muoverà il Ministero in questo senso?
“La filiera italiana non concorda su misure di estirpazione indiscriminate che, inoltre, possano ridurre le risorse per gli altri strumenti dell’Ocm vino. La discussione in corso prevede anche la possibilità dell’impiego di aiuti nazionali, mentre la Commissione ha introdotto la possibilità di esaminare le opzioni che consentano di utilizzare i fondi non spesi degli interventi settoriali per finanziare le misure di gestione delle crisi. Il nostro punto fermo è che l’espianto sia condizionato al mantenimento del vincolo di destinazione agricola, ciò al fine di evitare che le aree espiantate possano essere destinate ad altri usi quali, ad esempio, l’installazione di pannelli solari”.
C’è il tema dei vini dealcolati: da sempre si è detto contrario a chiamarli così, poi alla fine è arrivato il decreto tanto voluto dalla filiera. È soddisfatto, comunque, del testo raggiunto?
“Il decreto sul vino dealcolato, che ho firmato nelle scorse settimane, rappresenta una risposta alle richieste della nostra filiera produttiva. Parliamo di un’esigenza che il settore ha espresso: normare questo prodotto per renderlo uno strumento di maggiore competitività, soprattutto sui mercati internazionali. Abbiamo voluto, però, tutelare le nostre eccellenze, escludendo dalla normativa i vini Dop e Igp, simboli della nostra tradizione e qualità”.
Parliamo di Ocm Vino: la burocrazia, al netto dei giusti controlli sulle azioni di promozione che vengono fatte, rischia in qualche modo di incanalare i finanziamenti pubblici su poche aziende strutturate che hanno le competenze e le strutture per gestire in maniera certosina la rendicontazione? E non si corre anche il rischio che troppa complessità allontani le aziende dall’utilizzo di questi fondi, che, invece, se ben utilizzati, sono fondamentali per il sostegno all’export e alla promozione? Cosa si può fare in questo senso?
“Sul nuovo bando Ocm Promozione Vino abbiamo semplificato la procedura e siamo intervenuti in base alle esigenze della filiera. Ancora c’è molto da lavorare, ma abbiamo ottenuto degli ottimi risultati. È necessario proseguire il processo di semplificazione in modo che gli imprenditori possano concentrarsi più sul lavoro che sulla burocrazia”.
Guardando ai mercati del mondo, preoccupano di più i dazi promessi da Trump in Usa, l’accordo Ue-Mercosur, o l’instabilità politica economica in Europa, per le sorti del made in Italy agroalimentare?
“L’economia italiana deve essere in grado di affrontare ogni emergenza. È chiaro che l’instabilità geopolitica può rallentare le esportazioni. Proprio per questo dobbiamo essere pronti e proattivi per aprirci a nuovi mercati”.
Ministro Lollobrigida, più in generale, cosa si augura per il vino e per l’agricoltura italiana nel 2025?
“Il 2025 sarà un anno cruciale per affrontare le nuove sfide che attendono il settore vinicolo italiano e per rilanciarlo con determinazione, puntando sempre più sui mercati esteri. Il vino italiano, simbolo di qualità e diversità, ha ancora enormi potenzialità di crescita, ma per cogliere queste opportunità è fondamentale innovare il modo in cui raccontiamo i nostri prodotti, la distribuzione e la promozione internazionale, senza mai perdere il legame profondo con il territorio, la cultura e le tradizioni che ci contraddistinguono. Per raggiungere questi obiettivi, sarà essenziale trovare un giusto equilibrio nella gestione dell’Ocm Promozione Vino, garantendo che le misure siano realmente calibrate sulle necessità dei nostri imprenditori. Allo stesso modo, dobbiamo affrontare con pragmatismo la questione delle etichette: ci sono indicazioni che oggi rappresentano criticità, ma che possono essere superate con il buonsenso e con un approccio condiviso. L’Italia deve continuare a farsi promotrice di un modello che valorizzi le sue eccellenze e risponda alle sfide globali con competenza e visione”.
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