La prossima settimana potrebbe essere decisiva per il rinnovo del contratto del comparto Sanità per il triennio 2022-2024. Aran ha convocato i sindacati per lunedì 13 e martedì 14 gennaio per riprendere le trattative per il rinnovo del Ccnl, che riguarda 581.148 tra infermieri, tecnici e personale non dirigente. Le parti ritengono che i due incontri negoziali saranno decisivi per raggiungere un accordo e siglare una preintesa, evitando uno stallo. Nella due giorni l’Aran intenderebbe infatti chiudere la partita: Dopo sette mesi di intense trattative è necessario arrivare alla firma se, anche dalla parte dei sindacati, c’è la volontà di dare continuità alla contrattazione. In caso contrario, ognuno si assumerà le proprie responsabilità
, fa sapere il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, che intenderebbe pertanto procedere alle ultime limature
. Non ci sarebbe quindi margine per ulteriori negoziazioni, anche considerando il fatto che il quadro delle risorse disponibili è stato definito in 1,784 miliardi di euro e non sono previsti ulteriori stanziamenti sino al 2028-2030, come stabilito dall’ultima legge di bilancio.
Rinnovo Ccnl Sanità, Aran: una due giorni di trattative per ultime limature
Sulla base di questo finanziamento, l’Aran ha calcolato che l’incremento medio mensile pro capite nelle retribuzioni sarà di 172,37 euro lordi, su cui pesa tuttavia oltre il 30% di imposte. Poiché le risorse contrattuali vere e proprie sono state definite in 1,501 miliardi, l’aumento si tradurrà in 145,1 euro al mese in più in busta paga.
Nel conto complessivo devono entrare anche altre voci, quali i 175 milioni dell’indennità di pronto soccorso da destinare esclusivamente a coloro che lavorano nel settore, i 57,16 milioni liberati dal nuovo scatto dello 0,22% sul limite ai salari accessori, i 35 milioni per l’aggiornamento dell’indennità di specificità infermieristica e i 15 milioni per l’indennità di tutela del malato.
In termini percentuali l’incremento medio si attesta al 6,8% ma, considerando che gli aumenti dovranno essere conguagliati con le anticipazioni maggiorate percepite da più di un anno, si stima che il risultato finale del rinnovo produrrà una cifra poco considerevole e pertanto insoddisfacente.
Sull’esito dell’incontro finale per le sorti del contratto influiscono diverse variabili, compresa la valutazione strategica della firma in prospettiva delle prossime elezioni delle Rsu che si terranno ad aprile 2025.
Si teme innanzitutto che, come già accaduto sul tavolo sindacale delle Funzioni centrali lo scorso 6 novembre, possa avvenire una spaccatura tra le sigle sindacali rappresentative sull’opportunità di aderire alla firma definitiva o di rigettare l’accordo con il rischio che neanche stavolta si riesca a sottoscrivere la preintesa.
Decisive saranno, con tutta probabilità, le posizioni che assumeranno i due sindacati confederali maggiormente dissenzienti, Cgil e Uil, che rivolgendosi insieme all’Usb ai propri iscritti attraverso una consultazione online hanno ottenuto il 98% di “no” alla versione proposta da Aran e accolta dalle altre sigle. Tuttavia, il ruolo chiave per realizzare le condizioni prescritte dalla legge potrebbe essere assunto dai due sindacati autonomi che rappresentano gli infermieri, Nursind e Nursing Up.
Poiché l’articolo 43, comma 3, del D.lg. 165/2001 sancisce che l’Aran sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente che le organizzazioni sindacali che aderiscono all’ipotesi di accordo rappresentino complessivamente almeno il 51%
, ovverosia che si raggiunga la maggioranza indispensabile all’accordo, basterebbe che anche una sola delle due sigle di categoria si schierasse contro la stipula per arrivare ad un nulla di fatto.
Sui contenuti della bozza del contratto i sindacati non esprimono sinora grande soddisfazione. Sebbene gli importi degli aumenti contrattuali rispettino i contenuti dell’accordo quadro, non soddisfa soprattutto l’aspetto economico, a maggior ragione se gli aumenti non vengono poi erogati puntualmente in quanto le trattative iniziano sempre con anni di ritardo rispetto alla scadenza.
Per quanto riguarda la parte normativa, c’è particolare interesse a discutere ancora sui principali istituti che incidono sull’organizzazione del lavoro, sui quali si incentrerà la trattativa finale. Si tratta sulla pronta disponibilità con la richiesta che sia ridotto il limite massimo da 10 a 7 turni mensili e sulle deroghe estive che i sindacati intendono eliminare per evitare abusi.
Si tratta ancora sui requisiti per gli incarichi professionali, con il nodo della riduzione da 15 a 10 anni. Sul fronte delle aggressioni i sindacati esigono, sebbene non sia una questione strettamente contrattuale, che le aziende sanitarie si assumano obblighi chiari quali la costituzione come parte civile, il supporto psicologico alle vittime e una copertura assicurativa specifica.
Resta ancora irrisolta la richiesta dello sblocco del vincolo di esclusività per i professionisti dell’area non medica, cioè l’introduzione di una norma che regolamenti, seppur temporaneamente, l’esclusività del rapporto di lavoro per i professionisti della sanità.
Resta ancora aperta anche la questione dell’orario di lavoro in merito alla proposta di sperimentare una settimana lavorativa di 4 giorni su base volontaria per favorire un miglior equilibrio tra il lavoro e la vita privata.
Secondo i sindacati tale proposta non sarebbe fattibile in sanità, rispetto agli altri settori della Pa, in ragione della continuità assistenziale e della numerosa presenza di personale turnista sulle 24 ore. Resta inoltre irrisolta la questione della mensa e dei buoni pasto per la mancanza di finanziamento. Per quanto riguarda le prestazioni aggiuntive, servirebbe una regolamentazione più chiara.
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