“Il debito insostenibile va cancellato. Fallimentare l’economia che esclude”

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Lo ha affermato ieri il sacerdote di Caritas italiana don Antonio De Rosa, al convegno della Pontificia Università Laternanense “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”


Un’operatrice imbocca un bambino africano – Foto Unicef

Si è tenuto ieri pomeriggio a Roma il convegno, organizzato dalla Pontificia Università Lateranense per approfondire il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace, dal titolo “Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace”, che si è aperto con l’intervento del sacerdote di Caritas italiana don Antonio De Rosa: «Il Giubileo della speranza – afferma il presbitero – è un invito urgente a ripartire. Ripartiamo dalle comunità. Il cambiamento globale inizia nei nostri territori, è nelle comunità che possiamo coltivare i semi di una economia più giusta, di una società inclusiva e di una comunità che cammini insieme. Le nostre comunità siano vissute come spazi di incontro e speranza, luoghi dove il cambiamento prende forma concreta».

Da qui l’esortazione: «Ripartiamo dal coraggio di affrontare il debito – invita don De Rosa -, scegliamo di ribadirlo insieme con decisione: il debito insostenibile deve essere cancellato affinché i Paesi più fragili possano investire in educazione, sanità e sviluppo. Al contempo, è necessario costruire un sistema multilaterale che gestisca le crisi di indebitamento in modo equo e trasparente. Ripartiamo da un’economia inclusiva, un’economia che esclude è destinata al fallimento. Le conseguenze sono già visibili nel nostro tempo. Dobbiamo trasformare i sistemi economici affinché mettano al centro la persona, rispettino la dignità umana e tutelino l’ambiente. Solo così possiamo garantire una pace duratura. Ripartiamo dai volti delle persone che aspettano giustizia. Costruiamo con fiducia e determinazione un futuro che sia davvero per tutti».

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In seguito c’è stata l’analisi dell’economista Riccardo Moro: «Venticinque anni fa – ricorda l’esperto – dicemmo che il debito era una condanna alla povertà e oggi lo possiamo ribadire». Infatti, in occasione del Giubileo del 2000 Moro è stato direttore della fondazione della Cei che si interessò all’operazione di remissione del debito di due Paesi africani (Guinea Conakry e Zambia) verso l’Italia: «Sappiamo – spiega l’economista – che nei Paesi con basso reddito pro capite i diritti fondamentali non sono spesso rispettati, così come la dignità delle persone non è onorata. In modo concreto dobbiamo vedere le ingiustizie e com’è possibile intervenire. Venticinque anni fa abbiamo posto la condizione del prestito responsabile, per sottolineare la responsabilità di chi usa le risorse e chi le presta definendo le condizioni adeguate. Quella nuova fase effettivamente cambiò la realtà in molti Paesi e permise la riapertura delle borse. Il problema è che oggi ci ritroviamo in una situazione lievemente inferiore rispetto al 2000, perché le regole non sempre sono state rispettate».

Il caso più clamoroso, a detta di Moro, è quello della Cina che all’epoca iniziava a muovere i primi passi nel mercato internazionale, avendo forti interessi nei Paesi del Sud del mondo: «Oggi – osserva l’economista – ci sono molti soggetti privati con cui è più difficile richiedere la cancellazione del debito. Siamo in una situazione del peso del debito rilevante che in alcuni Paesi supera il Pil. In un contesto in cui il populismo, la violenza e la guerra crescono, una relazione perversa come il debito alimenta tensioni all’interno e all’esterno degli Stati». Davanti a questo scenario, secondo l’esperto, sarebbe doveroso istituire un forumin seno alle Nazioni unite che si occupi di definire nuove regole di prestito responsabile, indicare i criteri di sostenibilità del debito e gestire le crisi.

E il problema del debito nel mondo ha anche conseguenze sul piano umano. Ne ha parlato Chiara Mariotti, in servizio presso l’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite: «Ciascun governo indebitato – denota la Mariotti – deve pagare sia la quota del debito sia gli interessi. Negli ultimi cinque anni, inoltre, sono schizzati i tassi di interesse e questo ha ripercussioni enormi sui Paesi. Molte monete si sono svalutate rispetto al dollaro e ciò ha ulteriormente aggravato la situazione. È importante ribadirlo, perché si colpevolizza troppo spesso i Paesi indebitati».

E non è puntando il dito su di un singolo Paese che si risolvono le criticità: «Ci sono 3 miliardi di persone al mondo – denuncia l’inviata dell’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu – che vivono in Paesi che spendono di più per ripagare il debito, che per l’istruzione e spesa pubblica per la sanità. Se non risolviamo la crisi del debito, non risolviamo le altre questioni fra cui quella climatica». E sono i Paesi in via di sviluppo ad essere i più esposti ai fenomeni estremi dovuti alla crisi climatica: «Nonostante – sottolinea Chiara Mariotti – siano quelli che hanno meno contribuito alla crisi e quando il Papa parla di “debito ecologico”, fa riferimento proprio a questo. Il problema è che i Paesi indebitati sono in difficoltà a pagare il debito se sono vittime di un disastro e hanno pure meno risorse per prevenire. Inoltre, una delle questioni irrisolte è che i fondi vengono forniti come prestiti e alimentano il circolo vizioso».



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