Camperisti e turismo itinerante, le spine di un’Italia “all’anno zero”: “Senza un cambio di mentalità e nuove infrastrutture rischiamo di perdere un potenziale enorme”

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TRENTO. “Siamo all’anno zero”. Le parole di Pier Luigi Ciolli, dell’Ancc (Associazione Nazionale Coordinamento Camperisti), non riguardano solo il settore del turismo itinerante e del rapporto tra Italia e camperisti: è una considerazione ben più generale e trasversale che rivela l’incapacità strutturale del Paese a valorizzare il suo enorme potenziale in termini di turismo, attrattività e ospitalità.

 

Si parte dal concetto espresso da Giacomo sui social e ripreso da Il Dolomiti (QUI L’ARTICOLO). L’Italia sta facendo abbastanza per chi viaggia in camper?

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“Assolutamente no – taglia corto Ciolli -. Quando parliamo di turismo itinerante, intendiamo un turismo che comprende non solo i camperisti, ma anche chi viaggia in moto, in auto, ma persino in bici o a cavallo. Ebbene, tutti questi turisti hanno bisogno di strutture adeguate. Parliamo di turismo in camper. In Italia si contano 7.904 Comuni e circa 3.000 campeggi, molti dei quali peraltro sono stagionali. Un numero davvero esiguo che rafforza una considerazione più ampia: nel nostro Paese manca un’infrastruttura ben organizzata”.

 

Mancanze che spesso si traducono in una gestione miope del flusso di persone che viaggiano e raggiungono i vari territori del Paese. “Il turista non va ‘drenato’, considerato come un portafoglio che cammina e ‘attaccato’ con balzelli, pedaggi e imposte fin dal momento in cui parcheggia; va prima di tutto accolto. Bisogna fornirgli spazi per dormire, bagni, aree per scaricare le acque reflue, informazioni chiare e complete. Ecco che a quel punto, quasi per magia, crei le condizioni per cui sia più incline a fermarsi in quella zona, a visitare il territorio, a spendere nei ristoranti, nelle attività commerciali, nella proposta culturale che trova nei dintorni”.

 

“La Francia è un ottimo esempio. Lì oltre a quelli privati, esistono campeggi municipali che offrono servizi essenziali a prezzi accessibili, che sono economici e ben organizzati. Per 10 euro hai tutto incluso: piazzola, scarico delle acque reflue e servizi essenziali. Personalmente, durante un viaggio in Francia, dovevo fermarmi per una notte e invece sono rimasto tre giorni, affascinato dall’ospitalità del luogo, ‘lasciando’ più di 700 euro tra ristoranti, visite a castelli, acquisti nei negozi”.

 

“Questo è il turismo che funziona: un sistema integrato che fa sentire il turista accolto e incentivato a fermarsi. Anche l’Austria è avanti anni luce, proprio perché sanno creare le condizioni per rendere più confortevole e a misura di turista il loro servizio complessivo. In certi alberghi si trovano stanze per sistemare le biciclette. Il Trentino è un esempio virtuoso: la mobilità pubblica gratuita per i turisti con la guest card è un’idea quasi geniale, se messa in paragone con il nulla assoluto di molte altre località”.

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C’è poi da sfatare, per l’ennesima volta, il “falso mito” che chi viaggia in camper non spenda sul territorio. “Mi viene da sorridere – riprende Ciolli – quando sento certi discorsi. Punto primo, qualunque persona in viaggio ha i suoi diritti, a prescindere dal proprio reddito o da quanto vuole spendere a pranzo o a cena. Punto secondo, il turismo in camper ha un grande potenziale economico: si tratta di una piccola minoranza che quel mezzo può permetterselo, persone che spendono nel territorio che visitano e diventano ‘promoter’ delle destinazioni che scelgono”.

 

E anche il fatto che possano essere la ragione del traffico rallentato sulle strade nei giorni di alto afflusso turistico viene preso con una buona dose di scetticismo. “In Italia sono immatricolate oltre 40 milioni di automobili. Gli autocaravan o camper sono circa 200 mila, una cifra che corrisponde allo 0,5% dal totale. In più sono mezzi che non vengono utilizzati tutti i giorni, a differenza delle auto: le stime dicono che i camper si muovono per viaggiare circa 40 giorni all’anno. Di cosa stiamo parlando? Bisogna cambiare mentalità e iniziare a vedere i camperisti come una risorsa, non come un problema. Ma come ho già avuto modo di dire, siamo all’anno zero sotto molti punti di vista”.

 

Cosa si può fare per dare valore al turismo itinerante in Italia? Ciolli non ha dubbi. “Prima che di turismo itinerante, ricominciamo a parlare di turismo. Un turismo che deve essere integrato per mettere in rete le grandi eccellenze di questo Paese. Servono infrastrutture adeguate, corsi di formazione per chi lavora nel settore turistico e un piano strategico nazionale per il turismo: non si tratta solo di investire soldi, ma di organizzarsi meglio. L’Italia ha un potenziale turistico immenso, ma rischiamo di perderlo per strada a causa di incompetenza, campanilismo e mancanza di visione. Serve più collaborazione all’interno dei territori, più attenzione ai dettagli e un’organizzazione che metta al centro le esigenze di chi viaggia”. 

 

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Ripartire insomma dalle basi. “Ogni Comune dovrebbe avere come minimo un sito chiaro e aggiornato da mettere a disposizione di chi visita il territorio, con una mappatura aggiornata delle strade, dei parcheggi, dei trasporti pubblici e dei servizi disponibili. Serve anche un maggiore investimento in infrastrutture di base: bagni pubblici puliti e accessibili, aree di sosta attrezzate e sicure. Mi riferisco anche alle ‘piccole’ cose: non si può continuare ad appoggiarsi ai bar per i servizi igienici. Inoltre, è necessario incentivare la collaborazione tra comuni, fornendo consulenza e risorse, non solo finanziarie ma anche tecniche. Serve costruire un futuro diverso, e non c’è più tempo da perdere“.





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