Coordinare e sviluppare il movimento di solidarietà con la resistenza e il popolo palestinese • Partito dei CARC

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Coordinare e organizzare il movimento di lotta delle masse popolari contro la guerra e in solidarietà con la resistenza palestinese e dei popoli del Medio Oriente, per cacciare il governo Meloni servo degli imperialisti Usa, della Nato e di sionisti.
Dalle giornate del 17 e 18 gennaio alle manifestazioni del 25 gennaio. Chiunque sia a promuovere un’iniziativa, una lotta, una mobilitazione che aiuta il movimento comunista e rivoluzionario o il movimento popolare a compiere un passo avanti va sostenuto, la sua iniziativa va portata come esempio, va fatta conoscere, va rilanciata e se possibile emulata e replicata.

Il 2024 è stato caratterizzato dalla crescente combattività delle masse popolari. Le mobilitazioni in solidarietà al popolo palestinese, ai popoli del Medio Oriente e contro i sionisti hanno avuto un ruolo importante e crescente nella lotta di classe del nostro paese. Nel corso delle settimane e dei mesi, pertanto, si è sviluppata una lotta sul ruolo che quella mobilitazione dovesse avere e sul contenuto del suo sviluppo.
Negli ultimi mesi del 2024 le esigenze di condurre quella lotta in modo più avanzato emergevano con forza dalle condizioni concrete (vedi la lotta contro la divisione fra buoni e cattivi dopo il corteo del 5 ottobre a Roma o la denuncia degli effetti nefasti che aveva avuto lo schieramento del servizio d’ordine contro una parte del corteo durante la manifestazione del 30 novembre a Roma).
Il fatto che quella lotta fosse condotta con forme e metodi arretrati e deleteri ha indebolito il fronte della mobilitazione anziché rafforzarlo e ha alimentato confusione rispetto agli obiettivi anziché una superiore chiarezza, ha alimentato ulteriori divisioni e screzi anziché costruire una superiore unità. Abbiamo trattato in modo approfondito la questione.

Gli aspetti che abbiamo individuato e sollevato alle forze politiche del movimento comunista e del movimento di solidarietà con il popolo palestinese, elusi per superficialità o irresponsabilità, presentano oggi il conto in un contesto in cui la situazione generale si è complessivamente aggravata.
Non solo le manovre criminali dei sionisti in Palestina sono continuate e si sono estese (dal Libano alla Cisgiordania), non solo le manovre degli imperialisti Usa e dei sionisti contro la Siria, non solo la guerra sempre più dispiegata in tutta la regione, con attacchi ripetuti agli houti; l’Anp (Autorità nazionale palestinese) ha definitivamente calato la maschera, mostrandosi per ciò che è – una stampella dei sionisti – e ha iniziato un’intensa campagna militare contro le forze della resistenza palestinese in Cisgiordania, in particolare a Jenin.
È andata in frantumi la farsa di chi per mesi aveva accreditato l’Anp come parte del movimento in solidarietà al popolo palestinese e aveva usato come ariete le “posizioni moderate” dei rappresentanti dell’Anp in Italia per criminalizzare le mobilitazioni, le manifestazioni e le iniziative a sostegno della resistenza (di tutta la resistenza) e del popolo palestinese.
La farsa è andata in frantumi, ma i cocci sono tutti a terra.

La situazione generale, le condizioni e le prospettive dello sviluppo della mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese in Italia richiedono un salto, lo richiedevano a ottobre 2024 e lo richiedono oggi con maggiore forza e maggiore senso di responsabilità verso le masse popolari del nostro paese e verso il popolo palestinese che resiste al genocidio e combatte.
È utile inquadrare e trattare tre ordini di questioni per riprendere e sviluppare in forme e contenuti adeguati la lotta ideologica e il dibattito e, soprattutto, farne base solida per i compiti che il movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario ha di fronte.

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La questione politica principale

La più alta ed efficace forma di solidarietà con il popolo palestinese e i popoli del Medio Oriente, la più efficace forma di lotta contro la Terza guerra mondiale che dilaga, è rovesciare il sistema politico delle Larghe Intese rappresentato dal governo Meloni e dal polo Pd – di cui i sionisti sono parte integrante, insieme agli imperialisti Usa, alla Nato e alla Ue – e sostituirlo con un altro sistema politico, quello delle masse popolari organizzate. In termini concreti e attuali ciò significa rovesciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
Quali che siano le manifestazioni di sfiducia o scetticismo rispetto a questo obiettivo, quali che siano le motivazioni che alimentano sfiducia e scetticismo, la realtà concreta è che solo la costituzione di un governo che è diretta emanazione del movimento delle masse popolari organizzate può realisticamente dare seguito alle principali rivendicazioni del movimento in solidarietà con il popolo palestinese, le rivendicazioni antisioniste, antimperialiste, contro la Nato, contro la Terza guerra mondiale già in atto.
Possiamo promuovere enormi manifestazioni, possiamo promuovere estese ed efficaci campagne di boicottaggio, possiamo alimentare migliaia di iniziative di lotta, culturali, di informazione e di solidarietà, possiamo persino immaginare forme di sabotaggio (al netto del fatto che possiamo farlo, ma è difficile farlo). Sono tutte iniziative giuste sacrosante, ma non bastano (e alla lunga perdono di significato ed efficacia) perché la questione politica è che se tutto questo non diventa parte di un piano organizzato per rendere ingovernabile il paese al governo Meloni fino a cacciarlo e sostituirlo con un governo che ATTUA quello che le masse popolari organizzate rivendicano, tutta quella mobilitazione si esaurirà e si disperderà.
Il primo e principale esempio – conosciuto perfettamente da tutti coloro che oggi hanno più di 30 anni – è stata l’enorme mobilitazione contro la guerra in Iraq nel 2003, quella che sfociò nella più grande manifestazione della storia italiana contro la guerra, ma che non fermò la guerra e, in mancanza di risultati, ha alimentato sfiducia e disfattismo tra i promotori e tra quanti si erano mobilitati.
Oggi le condizioni sono ben diverse dal 2003. La crisi economica, politica, ambientale e sociale si è allargata e approfondita in ogni paese e in tutto il mondo capitalista; il sistema di potere della borghesia è in crisi e crescono il distacco e la ribellione delle masse popolari e dei popoli oppressi dall’imperialismo.
Oggi quella mobilitazione non sarebbe solo dispersa, ma senza l’obiettivo politico di rovesciare il sistema delle Larghe Intese e sostituirlo con un governo di emergenza popolare, la dispersione di quella mobilitazione finirebbe con l’alimentare rassegnazione e sfiducia, in modo diretto o indiretto, quella dispersione porterebbe acqua al mulino degli imperialisti, dei sionisti e dei guerrafondai.
La prima questione politica, dunque, è questa. La lotta nel movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario è fra l’illusione di portare la borghesia imperialista a più miti consigli con le proteste o le rivendicazioni oppure rendere il paese ingovernabile fino a costringere la borghesia imperialista a ingoiare un governo di emergenza popolare. Lo ingoierà per paura di perdere tutto e con il proposito di tornare in sella, ma lo ingoierà, se le masse popolari organizzate glielo faranno ingoiare. Questo deve essere l’obiettivo politico dichiarato e perseguito del fronte politico, sindacale e sociale anti Larghe Intese che è stato protagonista delle mobilitazioni e degli scioperi degli ultimi mesi.

Due questioni di metodo

1. “Chiunque sia (qualunque organizzazione politica e sindacale sia) a promuovere un’iniziativa, una lotta, una mobilitazione che aiuta il movimento comunista e rivoluzionario o il movimento popolare a compiere un passo avanti va sostenuto, la sua iniziativa va portata come esempio, va fatta conoscere, va rilanciata e se possibile emulata e replicata.
Sostenere, rafforzare e alimentare le tendenze positive è il modo più efficace per affermare nel movimento comunista e nel movimento popolare la linea avanzata.
In termini generali, è del tutto normale che chi promuove un’iniziativa, una lotta e una mobilitazione che aiuta il movimento comunista e il movimento popolare ad avanzare su un determinato tema non sia automaticamente il promotore della linea avanzata rispetto ad altri temi e questioni della lotta di classe.
Ci saranno – ci sono già – organizzazioni politiche e sindacali che su un determinato tema o campo della lotta di classe hanno una concezione e una pratica più avanzate rispetto ad altre organizzazioni, ma che su un altro tema (o su un altro campo) sono invece portatrici di una concezione e una linea arretrata. Non dobbiamo cadere nell’errore di far coincidere “per partito preso” la linea e la concezione arretrata con l’azione complessiva di questa o quella organizzazione; dobbiamo sostenere sempre la linea avanzata, chiunque sia a promuoverla.
Non solo. Bisogna considerare, anche, che è del tutto normale che la concezione arretrata di una certa organizzazione politica o sindacale su una specifica questione della lotta di classe non corrisponda affatto alla pratica che quella organizzazione assume e promuove.
Nella contraddizione “tipica” fra teoria e pratica esiste il problema di organizzazioni che fanno discorsi rivoluzionari, ma nella pratica hanno un ruolo codista e conciliante con la classe dominante ed esiste anche la questione che la pratica di una certa organizzazione sia più avanzata della sua teoria, cioè che quella organizzazione faccia cose più utili e preziose di quello che riesce a pensare e concepire. Non dobbiamo mai attestarci alle dichiarazioni di questa o quella organizzazione politica, ma soffermarci sul contenuto di una certa pratica, sulle sue conseguenze e implicazioni rispetto allo sviluppo della lotta di classe.
Non solo. Tutte le contraddizioni che riguardano lo sviluppo della lotta di classe sono contraddizioni in seno al popolo. Chi pretende di trattarle con gli strumenti tipici della classe dominante (censura, denigrazione delle altre organizzazioni, concorrenza con le altre organizzazioni, “schiaffi”) sta solo manifestando la propria incapacità di affrontare le contraddizioni in seno al popolo e le esigenze della lotta di classe.
Limitarsi ad attaccare chi incarna la linea arretrata, inoltre (e tanto peggio se l’attacco avviene con gli strumenti e i metodi della classe dominante), esaurisce energie che vanno invece utilizzate per sostenere le iniziative positive e avanzate e per condurre il dibattito franco e aperto.
Individuare la tendenza avanzata, sostenerla, rafforzarla ed estenderla – si chiama linea di massa – è il metodo per non cadere da una parte nell’errore di concepire il ruolo dei comunisti come quello di chi cerca di convincere le masse popolari della “bontà della lotta di classe e del comunismo” (non dobbiamo convincere nessuno!) e dall’altra nell’errore di scambiare le divergenze di linea politica in guerra per bande fra organizzazioni e aree politiche.
Dobbiamo valorizzare tutto quello che di positivo è già in corso d’opera. Farlo o meno è una questione di concezione del mondo, ma anche di volontà, quella di trasformarsi per abbandonare il senso comune e conoscere, assimilare e usare la concezione comunista del mondo” – da “Questioni di metodo” su Resistenza n. 1/2025.

2. Chiunque appartiene al campo delle masse popolari e viene colpito dalla repressione giudiziaria o economica, dalla censura, dalla criminalizzazione, dalla gogna mediatica deve essere sostenuto e deve ricevere la solidarietà di tutto il movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario. Sono secondarie, in questi casi, le eventuali differenze ideologiche e politiche e non conta niente neppure il fatto di essere d’accordo o meno su aspetti di analisi e linea: la questione principale che dobbiamo promuovere la più ampia solidarietà di classe contro gli attacchi del nemico (colpiscono uno colpiscono tutti).
Abbiamo espresso solidarietà e sostegno a tutti coloro che sono stati e sono nel mirino della classe dominante da Cecilia Parodi, a Flavio Pagano, da Karem Rohana a Luciano Vasapollo, da Mohammad Hannoun a Tiziano dopo la grande giornata di mobilitazione del 5 ottobre a Roma, al CS Vittoria di Milano. Abbiamo espresso solidarietà a Gabriele Rubini (Rubio) quando i sionisti italiani hanno tentato di ammazzarlo e gli esprimiamo solidarietà ancora oggi per la condanna a 30 mila euro – una fra le tante – con cui le Larghe Intese cercano di imbavagliarlo.
Dare solidarietà a chi è colpito dalla repressione – e chiedere solidarietà quando si è colpiti – non è una formalità, è il modo concreto con cui si alza il muro della solidarietà contro gli attacchi del nemico, è il collante del movimento popolare e il cemento armato su cui poggia il suo sviluppo.
È necessario superare definitivamente la concezione opportunistica per cui chi viene colpito dalla repressione “in qualche modo se la è cercata” è la concezione che asseconda il progressivo restringimento degli spazi di agibilità e le libertà democratiche e apre lo spazio a ulteriori operazioni repressive.
È lo stesso opportunismo di chi giustifica il genocidio contro il popolo palestinese “perché Hamas (e altre forze della resistenza palestinese) si è permesso di attaccare i sionisti con l’operazione 7 ottobre”; è la stessa posizione di quelli che durante la Resistenza antifascista (e anche dopo) hanno sostenuto che non bisognava attaccare o fare attentati contro i nazifascisti perché poi ci sarebbero state le ritorsioni (“è l’attentato di via Rasella che ha prodotto l’eccidio delle Fosse Ardeatine”).
La storia e la pratica hanno dimostrato quanto sono nefaste e disarmanti per il movimento operaio e popolare queste posizioni, perché disarmano la resistenza delle masse popolari e lasciano campo libero ad ogni genere di crimine della borghesia.

Questioni pratiche

La situazione generale, le condizioni e le prospettive dello sviluppo della mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese in Italia richiedono un salto, lo richiedevano a ottobre 2024 e lo richiedono oggi con maggiore forza.
Il primo passo concreto per compiere questo salto è superare concretamente tutti gli ostacoli che sono stati frapposti all’allargamento del fronte unitario della mobilitazione.
Facciamo esplicito riferimento al fatto che le conseguenze delle manovre condotte da una specifica area politica, quella che fa capo alla Rete dei Comunisti, dopo la manifestazione del 5 ottobre e attorno alla manifestazione del 30 novembre a Roma, hanno prodotto profonde spaccature nel movimento italiano in solidarietà al popolo palestinese e, di fatto, oggi ci sono almeno due centri promotori della mobilitazione: quello che lavora alla costruzione di una rete antisionista italiana (dal percorso dell’assemblea del 9 novembre, corteo del 30 novembre e assemblea del 1° dicembre, appannaggio della Rete dei Comunisti) e quello che è andato consolidandosi attorno a Udap e Gpi (con una parte consistente di movimento antagonista). I due centri operano separatamente e in reciproca concorrenza.
Abbiamo già analizzato la questione e proprio in ragione di ciò riteniamo sbagliato limitarsi a prendere atto di questa spaccatura senza contrastarla e riteniamo deleterio alimentarla.
Le posizioni arretrate – e a maggior ragione le manovre losche per affermarle – si contrastano efficacemente solo marciando nella direzione di alimentare il carattere unitario della mobilitazione, il carattere politico e di classe della lotta in corso. In caso contrario si permette che le posizioni arretrate abbiano agibilità e le manovre losche abbiano spazio. Le posizioni avanzate non si affermano “per grazia ricevuta”, ma solo a seguito di una lotta per l’unità e per la costruzione del fronte popolare delle forze politiche, sindacali e sociali.

Il centro promotore della rete antisionista italiana ha organizzato un secondo appuntamento di mobilitazione nazionale per il 17 e il 18 gennaio per denunciare la complicità del governo e dell’industria bellica con il genocidio in corso in Palestina (a fine dicembre aveva promosso due giorni di mobilitazione per il boicottaggio delle merci israeliane).
Udap e Gpi stanno promuovendo una mobilitazione nazionale, su base territoriale, per il 25 gennaio, una mobilitazione che prevedibilmente – ma non ci sono informazioni pubbliche al riguardo, in questo momento – sarà osteggiata dalle Larghe Intese con il pretesto di cadere a ridosso della giornata della memoria (lo scorso anno furono vietati i cortei).

Mettere in contrapposizione le due iniziative è deleterio: vanno rafforzate entrambe, bisogna metterle in sinergia e in concatenazione, bisogno mobilitarsi in modo da respingere o violare eventuali divieti.
Il 17 gennaio, inoltre, è stata convocata – la lista degli aderenti è lunga – una manifestazione a Vicenza per contestare la presenza di Israele alla Fiera dell’oro. Moltissime iniziative sono in via di definizione in tutta Italia.

Il 2025 di apre sulla spinta della combattività con cui si è concluso il 2024, con la spinta della mobilitazione popolare. E anche con l’esigenza che il movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario si assuma le responsabilità che gli competono per dare alla mobilitazione delle masse popolari uno sbocco politico unitario e positivo.
Il P.Carc lavora, a livello nazionale e locale, come ha fatto per il 5 ottobre e il 30 novembre, per costruire la più ampia convergenza e per superare ostacoli e steccati che vi si frappongono.
Il P.Carc, dove presente, parteciperà a tutte le iniziative e a tutte le mobilitazioni con questo spirito e chiama TUTTE le componenti del movimento popolare, del movimento comunista, antimperialista e rivoluzionario a partecipare.
Bisogna far confluire tutte le iniziative e le mobilitazioni nel piano per rendere ingovernabile il paese al governo Meloni e alle Larghe Intese fino a imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.





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