la diplomazia della premier. E si prepara per l’insediamento di Trump in Usa

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Meloni diplomacy. Se l’Airbus di Stato prevedesse un programma frequent flyer, è probabile che la premier avrebbe già accumulato un discreto quantitativo di miglia gratuite. E ancora di più si appresta a percorrerne nel 2025, Giorgia Meloni.

È quella che chi le è vicino definisce la sua “fase due” a Palazzo Chigi. Inaugurata dal blitz a Mar-a-Lago da Trump, che ha dato la spinta per sbloccare la detenzione di Cecilia Sala. E che proseguirà nelle prossime tre settimane con un tour di trasferte a ritmi serrati: Abu Dhabi, Doha, Belgrado. Con l’incognita Washington, dove la leader di Palazzo Chigi sembra avere tutta l’intenzione di tornare per l’inauguration day di Donald. Anche se ancora ieri pomeriggio, assicura chi l’ha sentita, non aveva ancora sciolto la riserva. Blitz a Capitol Hill o no – del resto, dicono ancora i suoi tirando una stoccata agli alleati, «a Giorgia la photo opportunity non serve: quali siano i suo rapporto col presidente eletto lo ha già dimostrato…»), il segnale è quello di un nuovo attivismo sul fronte internazionale e diplomatico. Non inedito, ma mai così pronunciato. Sulle partite chiave per l’Italia (dall’energia ai flussi migratori, con il Piano Mattei da «europeizzare» ed estendere) fino alle sfide internazionali. A cominciare da Ucraina e Medio Oriente.

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LA TELA

Scenari su cui Meloni, che ha passato i primi due anni del suo mandato ad accreditarsi nelle cancellerie europee e internazionali dove spesso era guardata con diffidenza, ora punta a ricoprire un ruolo da protagonista. Forte dell’endorsement ricevuto da due presidenti americani di diverso colore politico. Joe Biden, che l’ha salutata nella telefonata di venerdì sera rivendicando il risultato raggiunto proprio durante il G7 a guida Italia, sul prestito da 50 miliardi di dollari a Kiev. E Donald Trump, con cui Meloni rivendica di aver instaurato un rapporto privilegiato. Una vicinanza che – è la scommessa di Palazzo Chigi – accrediterà la leader italiana come l’interlocutrice numero uno del tycoon in Europa, nei suoi prossimi quattro anni alla Casa Bianca.

Il contesto aiuta, certo: la Germania, un tempo locomotiva d’Europa, si appresta ad andare al voto, in Francia il ciclo di Emmanuel Macron è alle battute finali. Quello di Keir Starmer in Gran Bretagna già appannato. Tutti motivi per i quali Meloni è decisa a sfruttare a suo vantaggio quell’etichetta di «persona più potente in Ue» che le ha appiccicato la testata Politico alla fine dell’anno scorso. E pure quell’altra, meno lusinghiera, tributatale dal Guardian: «Mutaforma», nel senso di «politico pragmatico e capace» che per il quotidiano britannico in due anni «ha sorpreso molte persone».

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Una ricerca di centralità confermata dalle prossime missioni, a cominciare da quella ad Abu Dhabi di mercoledì. Focus su Medio oriente ed energia, con in agenda il bilaterale con l’emiro Mohammed bin Zayed. Con cui i rapporti erano stati riallacciati l’anno scorso, dopo «anni di assenza dell’Italia», con tanto di pranzo fuori programma in un ristorante di sushi con famiglie al seguito.

LE MISSIONI

A fine mese altri due viaggi, non confermate ma quasi certi. Prima Riad (dove si parlerà di nuovo del nuovo corso in Siria e di Gaza), poi Belgrado. Dove il focus virerà inevitabilmente sul capitolo Ucraina, tra i temi al centro della cena con il filorusso Aleksandar Vucic. Un canale da cui potrebbero arrivare informazioni – è la scommessa – sulle reali intenzioni di tregua di Putin ora che alla Casa Bianca c’è un nuovo inquilino. Ma si parlerà anche della situazione in Kosovo e delle prospettive di ingresso della Serbia in Ue.

Capitolo a parte resta il possibile viaggio a Washington il 20 gennaio. Agenda a parte (il blitz andrebbe comunque “incastrato” in un calendario già fitto), a Palazzo Chigi si soppesano diverse questioni. Tra cui l’opportunità di partecipare a un’inaugurazione in cui Meloni potrebbe essere l’unica (o uno dei pochi) leader europe. Il timore, insomma, è che un nuovo viaggio negli Usa possa trasformarsi in un boomerang. Ma «se fosse per lei – assicura ancora chi si è confrontato con la premier nelle ultime ore – andrebbe senza dubbio». Di certo ci sarà una delegazione dei Conservatori europei: il neo presidente (sarà indicato martedì) Mateusz Morawiecki e il segretario generale Antonio Giordano, già presente alla convention dei Repubblicani che incoronò Trump. E la premier? Si vedrà. Ma la sua tela, Meloni, continuerà a tesserla a prescindere.





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