I suoi studenti lo apprezzano per lo stile diretto. Il professor Lorenzo Castellani, docente di Scienze politiche alla Luiss, però, stavolta la lezione l’ha data su X. «Partecipo al dibattito nazionale e internazionale, in quella nicchia che è il dibattito politico, da diversi anni e non ho mai visto la sinistra così in difficoltà come nell’ultimo anno. Una difficoltà sì politica, ma in primo luogo d’interpretazione dei fenomeni e della realtà, e quindi dialettica».
Che cosa voleva dire, e a chi?
«A tutti, perché lo spaesamento è generale. Anche se a sinistra ci sono due categorie, quelli più svegli e quelli più chiusi, più conservatori. I primi riconoscono che il mondo è cambiato e che quello che si diceva anche solo due anni fa, non vale più. I secondi hanno un piglio più militante. Pretendono che il mondo ruoti ancora intorno a vecchie logiche, a vecchie dinamiche».
Lo spaesamento della sinistra, inutile girarci intorno, è dato anche dal talento di Giorgia Meloni.
«Lei ha una centralità politica totale, aumentata con la vittoria di Trump e arrivata all’apice con il caso Sala. E rafforzata dallo schema Meloni che in Europa inizia a essere un nuovo mainstream: che le destre europee possano andare al governo senza generare dei traumi sta diventando moneta corrente. E lo si deve a Meloni che ha aperto a questo modello, sul quale sono andati in scia l’Olanda con Wilders in una grande coalizione, e forse domani l’Austria. Ha perfino consentito alla Cdu di spostarsi a destra, andando a presidiare uno spazio conservatore non dissimile da quello di FdI».
Lo spauracchio non funziona più, ed è un peccato per la sinistra, che puntava a incentrare la sua narrazione sui fantasmi del fascismo.
«Lo spauracchio è sparito, Meloni è un normale attore politico, considerata brava e autorevole dai capi di Stato e di governo di ogni parte politica. Questo ha messo ulteriormente in crisi una certa sinistra».
Lo stato comatoso della sinistra, come lei lo dipinge, è irreversibile. O può esserci un ritorno in vita?
«La mia impressione è che questa sinistra in Italia abbia perso tutte le frecce al proprio arco, una dopo l’altra. Non capiscono più gli elettori, vivono chiusi in circoli sempre più ristretti, in cui è predominante una forma di blue-thinking: ci si dà ragione reciprocamente, convincendosi che chi sta al di fuori non capisce bene, è quasi inferiore dal punto di vista morale. Questa forma di solipsismo psicologico ha fatto erodere il loro consenso non solo nel merito, perché non interpretano più i bisogni degli elettori cui si rivolgono, ma anche nel metodo».
Cosa intende dire?
«Piano piano hanno perso capacità di ragionamento, di argomentazione e quindi di persuasione dell’interlocutore. Hanno cercato di agganciare temi diversi pensando che facessero presa sulla gente, che però non li considera prioritari. Parlo dei diritti civili, poi dell’immigrazione, poi cercando di mostrificare le forze sovraniste che si approssimavano alla vittoria. L’ultima grande sbornia è stata quella dell’ambientalismo radicale».
Tema sentito, però, anche dai giovani. E su quello si concentra Elly Schlein.
«Un boomerang politico devastante. Che non funziona: le scelte sul Green Deal fatte nel 2019-2020 in Europa si sono rivelate fallimentari, perdenti dal punto di vista sociale ed economico. Tanto che in Europa, von der Leyen non ne parla fondamentalmente più. Tutti questi fattori, la ricerca spasmodica di una nuova crociata, fanno capire come la sinistra non abbia un’idea di società, un progetto riformista vero. Si muovono tra totem e tabù, indicando ora un simulacro e ora un nuovo mostro. L’ultimo è Musk, poco prima era Netanyahu».
La sinistra, dice Pigi Battista, è diventata perfino tecnofobica.
«Fino a tre anni fa Musk, che aveva finanziato la campagna di Hillary Clinton, andava benissimo. Si leggevano paginate sulla Silicon Valley, sullo sviluppo post-umano. Ora i satelliti sono il nemico, i social network un pericolo. Nel giro di pochissimo hanno deciso che è tutto da buttare. Ecco perché dico che questa sinistra di oggi mi appare poco argomentativa, poco strutturata. Procede per invaghimenti versus paranoie, in una dicotomia bianco-nero, buono-cattivo del tutto incapace di tracciare una sua rotta coerente, di indicare una prospettiva di governo delle trasformazioni del mondo».
Cosa manca, dunque?
«L’esercizio di realismo. Continuano a ragionare con la stessa ottica di trenta, quaranta anni fa. Ragionano come se tutto ciò che chiamiamo Politica possa essere sussunto ora nella morale, ora nella tecnica. Ragionano come se l’essere umano non debba avere radici e istituzioni nazionali di riferimento, e che solo questo modello possa essere legittimato, moralmente. Questa mentalità, che è quasi impossibile da lasciare, combinata con l’esclusione degli avversari, tacciati di incapacità e incompetenza, li confina in un territorio sempre più stretto. La straordinaria vittoria di Trump, che nessuno a sinistra aveva minimamente previsto, la dice lunga. Il mondo reale, delle imprese, dell’economia e in definitiva degli elettori – che votano guardando alla realtà, giorno per giorno – va da un’altra parte».
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