Salvini sotto assedio per il caos ferroviario

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I fedeli del leader lo difendono: «Se c’è un guasto tecnico alle 7 del mattino che cosa può fare il ministro?». Schlein: «Il peggior ministro dei Trasporti della storia che si preoccupa solo di come passare da una poltrona all’altra mentre l’Italia non riesce a muoversi». E anche in via Bellerio monta il malumore verso il leader del Carroccio

Mentre un guasto alla linea elettrica mandava in tilt il traffico ferroviario italiano. Mentre una coda di persone lunga 50 metri chiedeva assistenza all’ufficio clienti di Trenitalia nella stazione centrale di Milano, Matteo Salvini elogiava sui social i Carabinieri. Una card per comunicare ai cittadini che a Bari «con prontezza e determinazione» degli agenti hanno sventato il tentato sequestro di una bimba di cinque anni.

Lo scorso ottobre, di fronte all’ennesimo infarto al sistema ferroviario, Salvini aveva accusato un operaio di aver piantato il chiodo sbagliato. Questa volta il ministro competente ai trasporti ha scelto di ignorare per buona parte della giornata il blocco che ha coinvolto tutto il nord, con pesanti ripercussioni al centro e al sud.

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La difesa

Per lui ha parlato subito l’enfant prodige del Carroccio, Andrea Crippa, entrato nella Lega a 16 anni, custode di reazioni e pensieri del Capitano: «Se accade un guasto tecnico alle 7 del mattino che cosa può fare il ministro?». Sono intervenuti a ruota i senatori della Lega in Commissione Trasporti al Senato: «Dopo decenni di investimenti bloccati e di NO, Salvini sta rimettendo in modo l’Italia. C’è chi fa, e quindi deve risolvere problemi gravi ed ereditati, e chi critica dopo aver fallito o essere stato immobile».

Una nota che sembra ripresa dallo stesso Mit che scrive: «Il ministro Salvini è pienamente consapevole delle difficoltà, perché i cantieri non si possono concludere in un pugno di giorni, e prende atto di consigli e critiche. Anche di coloro che non solo non hanno mai risolto i problemi».

Segnale, neanche troppo velato, di un leader che dal dicastero di via Nomentana da mesi annaspa, si sente soffocare, boccheggia. E dire che l’idea originaria sembrava vincente: bloccata l’agognata casella del Viminale a causa del processo sul caso Open Arms, il leghista dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture avrebbe dato il via alla grande stagione di opere pubbliche. Mai avrebbe pensato che sarebbe diventata una stagione di malumori costellata da numeri impietosi.

Sul traffico ferroviario ci sono quelli presentati dai dirigenti di Europa Radicale Igor Boni e Silvja Manzi, che analizzando i ritardi accumulati nell’ultimo trimestre (ottobre-dicembre 2024) dell’Alta Velocità hanno registrato ritardi pari al settantadue per cento. In pratica, arriva in orario solo un treno su quattro. Poi ci sono quelli che inquadrano i risultati del codice della strada, fiore all’occhiello del leghista.

Mentre ministro sosteneva nelle prime due settimane dall’entrata in vigore del codice le persone morte in incidenti stradali sarebbero diminuite del 25 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’associazione Asaps (Associazione sostenitori e amici della polizia stradale) li smentiva: i dati non includono quelli rilevati dalla polizia municipale, che ha competenza sulle strade urbane dopo l’entrata in vigore delle modifiche al codice sono morte almeno 111 persone, più del doppio rispetto al numero dichiarato da Salvini.

Opposizioni all’attacco

E nell’ennesimo weekend di ritardi le opposizioni attaccano: «L’unico spostamento che interessa al ministro Salvini è il suo, al ministero degli Interni», affonda la segretaria Pd Elly Schlein: «Il peggior ministro dei Trasporti della storia che si preoccupa solo di come passare da una poltrona all’altra mentre l’Italia non riesce a muoversi per viaggiare, andare a lavorare o a studiare. Un disastro».

Sembra farle eco anche il presidente M5s Giuseppe Conte: «Mentre circa 15 miliardi vengono congelati fra annunci e propaganda sul progetto del Ponte sullo Stretto, vecchio e pieno di criticità, i trasporti per gli italiani sono un inferno quotidiano». «Quousque tandem abutere, Salvini, patientia nostra?», scrive Carlo Calenda, su X: «Tradotto, “levateci dalle scatole Salvini il prima possibile”. Neanche le piaghe d’Egitto». Mentre la senatrice del Pd Simona Malpezzi sui social critica la gestione della comunicazione del vicepremier: «“Fonti” del Mit che difendono lo stesso ministro non si era mai visto nella storia».

Lapidario anche Matteo Renzi: «Ho chiesto in Senato a Salvini se lui fosse incapace o portasse sfiga. Stamattina è arrivata la risposta: tutte e due». Per Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa verde e deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, ha affermato che «Il trasporto in questo paese è letteralmente al collasso. Tutto questo mentre il Fondo nazionale per il trasporto rapido di massa è stato azzerato. La premier Meloni dovrebbe seriamente pensare di dimissionare Salvini, il peggior ministro dei trasporti di sempre».

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E in effetti nel cerchio magico di Fratelli d’Italia ci si riflette. Non certo dimissionare un alleato, ma pensare a un altro incarico ministeriale. Che metta meno in imbarazzo il governo.

Le ipotesi fluttuano mentre dentro via Bellerio a montare è il malcontento: nonostante la smentita, l’idea di togliere il nome di Salvini dal simbolo del partito in occasione del congresso che si svolgerà a marzo resta sul tavolo, come sussurrano i leghisti a Domani. Una discussione aperta mentre i leghisti del nord considerano problematico considerano problematico aver stroncato la via campana al terzo mandato ideata da Vincenzo De Luca, scelte che consegna nei fatti alle prossime regionali il Veneto nelle mani di FdI. «Una resa totale», ripetono. Tutti delusi da un “capitano” che sembra aver perso anche il controllo della propria nave.

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